DENTRO LA TV: La forza delle donne

In onda su Sky la seconda stagione di “Big Little Lies” con i premi Oscar Nicole Kidman, Reese Witherspoon e Meryl Streep. Racconto di donne forti e resilienti, oltre la violenza

domenica 7 Luglio 2019
Un articolo di: Sergio Perugini

Tra cinema e Tv. Nel 2017 la prima stagione di “Big Little Lies” diretta dal regista Jean-Marc Vallée e targata HBO è stata a dir poco folgorante, facendo incetta di premi tra cui 5 Emmy e 4 Golden Globe. Riconoscimenti soprattutto come miglior miniserie e per le interpreti: Nicole Kidman e Reese Witherspoon – anche produttrici –, insieme a Laura Dern, Shailene Woodley e Zoë Kravitz. La serie è l’adattamento del fortunato romanzo “Piccole grandi bugie” di Liane Moriarty, un prodotto Tv che accorcia incredibilmente le distanze con il cinema (ma oggi serve ancora fare queste distinzioni?), con un livello si scrittura, regia e interpretazione eccellenti. Da metà giugno è iniziata finalmente la seconda stagione, in Italia trasmessa da Sky, questa volta affidata alla regista Andrea Arnold e con special guest Meryl Streep, al suo debutto sul piccolo schermo.

“Monterey Five”. Le chiamano le “Monterey Five” le cinque protagoniste della serie “Big Little Lies”: Madeline (Witherspoon), Celeste (Kidman), Jane (Woodley), Bonnie (Kravitz) e Renata (Dern). Cinque donne, cinque amiche, unite dalla comunità in cui abitano a Monterey, in California, con figli che vanno nella stessa scuola e con le medesime frequentazioni; sono unite soprattutto però dalla tragedia. Insieme, infatti, sono state coinvolte, involontariamente, nella morte del marito di Celeste, Perry (Alexander Skarsgård), un uomo apparentemente distinto e gentile, ma feroce tra le pareti di casa e capace di commettere violenza anche su altre donne. Nella seconda stagione fa ingresso Mary Louise (M. Streep), la madre di Perry, ignara del comportamento del figlio e determinata a scovare il colpevole della sua inspiegabile scomparsa.

Pros&Cons. “Big Little Lies” ha più livelli di racconto. Il primo è senza dubbio il tema della violenza sulle donne, fisica e psicologica; una violenza che deflagra nella dimensione sociale (l’aggressione subita dalla ventenne Jane) ma anche in famiglia (quella verso Celeste). La narrazione riesce con efficacia a trasmettere smarrimento, rabbia, sopraffazione ma anche resilienza, giungendo a una progressiva presa di coscienza del male e alla possibilità di una via del riscatto. Un racconto importante nell’America, nel mondo, di oggi. In più, dalla miniserie emergono riuscite istantanee di famiglie, unite ma anche fragili, spesso in affanno perché più preoccupate di apparire anziché di essere. E poi c’è il carico di aspettative verso i figli, seguiti in maniera ansiogena, con continue frizioni con la scuola, con cui sembra non esserci alcuna alleanza educativa. È un racconto spinto spesso verso snodi estremi, ma che di certo non si può non trovare attuale, efficace e potente.

Articolo originale pubblicato su Agenzia SIR


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