Abbi fede

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Fede, Malattia, Male, Tematiche religiose
Genere
Commedia
Regia
Giorgio Pasotti
Durata
Anno di uscita
2020
Nazionalità
Italia/Austria
Soggetto e Sceneggiatura
Giorgio Pasotti, Federico Baccomo

Interpreti e ruoli

Claudio Amendola (Adamo), Giorgio Pasotti (Padre Ivan), Robert Palfrader (Gustav), Gerti Drassl (Sara), Aram Kian (Khalid), Roberto Nobile (Dott. Catalano), Giancarlo Martini (Er Crocca), Lorenzo Renzi (Gaetano), Peter Mitterrutzner (Bruno)

Soggetto

Adamo, uomo violento e intollerante, arriva in uno sperduto paesino dell’Alto Adige; qui viene accolto da un prete, don Ivan, che lo conduce nella sua parrocchia, dove sarà ospitato per un periodo di “reinserimento”…

Valutazione Pastorale

Abbi fede” è ispirato al film danese di Anders Thomas Jensen “Le mele di Adamo” (2005). Interpretato e diretto da Giorgio Pasotti (la sua prima regia è “Io, Arlecchino”, 2014), è la storia dell’incontro tra Adamo, inquietante neofascista legato alla malavita (un Claudio Amendola appesantito, pelato e con una croce celtica tatuata sulla nuca) e don Ivan (Giorgio Pasotti), un sacerdote decisamente sopra le righe, sempre sorridente e persino “assurdo” nel suo tenace ottimismo; le loro vite s’intrecciano a quelle degli altri ospiti della piccola comunità: l’ex terrorista Khalid, l’ex campione di sci austriaco Gustav e la single, incinta, Sara. Tutte persone fragili, in lotta con le proprie debolezze e dipendenze. La vita di questa bizzarra comunità ruota attorno a un albero di mele, che cresce nel giardino della parrocchia. Evidentissimi sono i riferimenti al racconto biblico della creazione a cominciare dal nome di uno dei protagonisti, Adamo, il quale non fa mistero né del suo assoluto rifiuto della situazione che si trova costretto a vivere né del disprezzo che nutre per tutti gli altri, sacerdote compreso, ai quali non risparmia violenze, fisiche e verbali. In un crescendo di situazioni grottesche, rappresentate con ironia e humor nero, Adamo scopre che don Ivan è vedovo e ha un figlio paraplegico e, per di più, è gravemente malato. Questa scoperta e la “casuale” lettura del libro di Giobbe lo spingono ad affrontare il sacerdote rovesciandogli addosso una serie di considerazioni e domande in un colloquio, o meglio monologo, che mira a scardinarne la fede. La scelta della chiave ironico-surreale, dell’umorismo nero, costituisce per certi versi l'originalità del film, ma anche il suo punto debole: il cambio repentino tra situazione comica e drammatica spesso non riesce a trovare il giusto equilibrio, sbandando in prevedibili stereotipi: Amendola rischia di cadere nella ripetitività proponendo il personaggio del “coatto romano” e Pasotti calca un po’ troppo la mano nel tratteggiare un sacerdote al limite del ridicolo. La stessa contrapposizione fra bene e male risulta talvolta un po’ troppo semplificata. Il finale, in linea con il registro stilistico del film, risulta spiazzante ai limiti del credibile. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria come riproposta rivolta a un pubblico maturo per riflettere sui temi della fede, del perdono e della possibilità di riscatto sociale.

Le altre valutazioni

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