CIVILISEES

Valutazione
Discutibile, Problematico, dibattiti
Tematica
Conflitti etnici, Guerra, Politica-Società, Storia
Genere
Drammatico
Regia
Randa Chahal Sabbag
Durata
95'
Anno di uscita
2000
Nazionalità
Francia
Titolo Originale
Civilisees
Distribuzione
Mikado Film
Musiche
Ziad Rahbany
Montaggio
Juliette Weifling

Orig.: Francia (1998) - Sogg. e scenegg.: Randa Chahal Sabbag - Fotogr.(Panoramica/a colori): Ricardo Jacques Gale, Roby Breid - Mus.: Ziad Rahbany - Montagg.: Juliette Weifling - Dur.: 95' - Produz.: Daniel Toscan du Plantier, Frédéric Sichler.

Interpreti e ruoli

Jalila Baccar (Viviane), Tamim Chahal (Samir), Myrna Maakaron (Souad), Carmen Lebbos (Najat), Sotigui Kouyatè (Ousmane), Bruno Todeschini (Antoine), Reneé Dick (Thérèse), Hassan Farhat (Michel), Nada Ghosn . (Bernadette)

Soggetto

Beirut, anni Ottanta, nel pieno della guerra civile. Una parte dei libanesi (quelli ricchi e benestanti) è fuggita in Europa, lasciando vuoti appartamenti e dimore di gran lusso. In queste case sono rimasti i domestici (cingalesi, filippini, egiziani) arrivati numerosi negli anni d'oro del Libano. Un cecchino tiene di mira il palazzo e tutta la zona. Tante vicende diverse si intrecciano tra loro. Alcune prostitute hanno messo ad un piano la loro sede. Vicino hanno trovato rifugio due lesbiche. Viviane, una ricca borghese di età matura, é invece tornata per ritrovare l'amante. Dall'alto il cecchino spara più volte, infine riesce ad uccidere e, subito dopo, chiede perdono a Dio. C'è infine Bernadette, una giovane cristiana che si innamora di un miliziano musulmano. Bernadette porta un crocefisso al collo, corre rischi gravissimi, ma é decisa a non rinunciare al proprio modo di agire. Mentre passa la linea di confine tra una zona e l'altra della città, Bernadette viene colpita. Segue un'altra sparatoria. Per strada, uno dice: "Siamo nati per essere poveri". E l'altro: "Ne riparleremo nel prossimo secolo".

Valutazione Pastorale

Dice la regista, la libanese Rhanda Chahal Sabbag : " Mi ci sono voluti 17 anni prima di potere scrivere una sceneggiatura sulla guerra civile in Libano. Avevo 20 anni all'inizio della guerra, 40 alla fine (...)Abbiamo fatto questa guerra, abbiamo ucciso, torturato, rapito...abbiamo anche riso molto, a volte pianto. L'abbiamo fatta noi questa guerra, eravamo tutti responsabili(...) Volevo fare un film allegro, semplice, sfasato sulla guerra. Non volevo né bilanci, né giudizi, né pietà. Volevo rivedere la gente in guerra così come l'ho conosciuta: crudele, violenta, buffa, umana". Certo siamo di fronte ad un film atipico, che mette insieme immagini di taglio documentaristico con piccole storie di fiction. Il risultato é a corrente alternata: a momenti riusciti, che danno l'idea della violenza e dell'inutilità della guerra, di una crudeltà che coinvolge bambini e anziani si contrappone una insistita confusione narrativa. Non vengono chiariti i fatti che si raccontano e, sotto il profilo psicologico, molte descrizioni risultano approssimative. Qualche elemento in più sarebbe stato utile a far capire meglio i contrasti e gli odi sul piano strettamente religioso. La regista invece, come diceva sopra, ha cercato un tono medio, drammatico certo ma senza lamentele né rimproveri: quasi una condanna della guerra senza condannare chi l'ha combattuta. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come discutibile, segnalandone comunque il taglio fortemente problematico, adatto per dibattiti. UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film si segnala come occasione di conoscenza dal di dentro di un episodio della storia recente: un punto di partenza per riflettere anche su ciò che é successo dopo nel Medio Oriente.

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