Orig.: Corea (2002) - Sogg. e scenegg.: Kim Yong Oak, Im Kwon Taek - Fotogr.(Panoramica/a colori): Jung Il Sung - Mus.: Kim Young Dong - Montagg.: Parl Seon Deok - Dur.: 117' - Produz.: Lee Tae Won
Interpreti e ruoli
Choi Min-sik (Ohwon), You Ho-jeong (Maehyang), Ahn Sung-Ki (Kim Byung-moon), Kim Yeo-jin (Jin-hong), Son Ye-jin (So-woon), Han Myoung-gu . (Lee Eung-heon)
Soggetto
Dal 1882 in flash-back si torna agli anni dell'adolescenza e dell'apprendistato di Jang Seung-up detto Ohwon nella Corea della metà dell'Ottocento. Fin da giovane Ohwon dimostra una forte inclinazione artistica ma le modeste origini familiari rendono difficile la sua affermazione. Tuttavia il saggio maestro Kim Byung-Moon lo incoraggia e riesce a farlo conoscere come merita. Così Ohwon viene ammesso tra i pittori di corte, e se il suo talento ottiene giusti riconoscimenti, il suo carattere non da segnali di voler cambiare. Ohwon infatti è iroso e irascibile, bevitore accanito dipinge in stato di ebrezza e spesso strappa i fogli su cui ha appena dipinto. I rapporti con i nobili risultano difficili, aggravati anche dalla costante e disordinata ricerca di presenze femminili. Di volta in volta sceglie alcune donne, e a queste alterna la frequentazione di prostitute. Qualcuna, allontanatasi, torna, qualcun'altra lo rimprovera aspramente. Intanto la dinastia Chosun corre verso il declino. Un giorno, mandato a chiamare dal palazzo, Ohwon scappa, viene ripreso e arrestato. Liberato, trova ospitalità a casa di una vecchia amica. Nel 1897, a 55 anni, Ohwon diventa eremita e scompare tra i monti.
Valutazione Pastorale
Figura realmente esistita quella di Jang Seung-up (1843-1897), artista e pittore coreano dal talento indiscutibile ma dal carattere sregolato e spesso intrattabile. Nel ricostruirne alcuni momenti significativi dell'esistenza, l'esperto regista Im Kwon-Taek ha adottato una fomula di sensibilità e di misura: non quindi il racconto esteriore degli avvenimenti e la caduta nei facili sterotipi del "pittore maledetto" ma l'occasione per recuperare una figura importante e, attraverso quella, rimettere in piedi una pagina ampia della storia di un Paese attraverso un testimone particolare. La Corea della seconda metà dell'Ottocento appare un territorio scavato dal solco di una profonda contraddizione: i tempi dell'arte, lenti, prolungati, affidati alla meditazione; quelli della lotta per il potere tra dinastie rivali, incombere del Giappone, i regolamenti di conti di tipi 'religioso' (8000 cattolici decapitati nel 1876). Ohwon segue una vocazione, percorre un cammino personale, un ideale di vita civile e sociale riversato nei dipinti. Al pari di questi, anche la regia si affida ad immagini come acquarelli, tra movenze e cromatismi ricercati. Questa parte figurativa costituisce la 'cronaca' anche interiore della ebrezza del protagonista. Punteggia la crescita del senso morale della sua arte, e i momenti del rapporto arte/potere, arte/politica, arte/amore. Una cronaca che si fa messaggio per il futuro, e lezione di storia: quando Ohwon scompare, la storia diventa leggenda. Film lento, riflesso di luoghi, avvenimenti, situazioni per noi lontani e non facili da ricostruire, ma certo interessante per i temi comunque 'seri' che affronta e che non escludono qualche momento decisamente sopra le righe. Dal punto di vista pastorale, il film dunque é da valutare come accettabile ma con riserve per talune scabrosità presenti forse non sempre necessarie. UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, con l'accortezza di riservarlo ad un pubblico adulto. Da recuperare in circostanze mirate, per i molti spunti che offre sopra elencati. Attenzione per i minori in caso di passaggi televisivi.
