IL DECALOGO 5 – NON UCCIDERE ***

Valutazione
Problematico, Raccomandabile, Dibattiti
Tematica
Giustizia, Metafore del nostro tempo, Psicologia, Tematiche religiose
Genere
Drammatico
Regia
Krzystsof Kieslowski
Durata
60'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Polonia
Titolo Originale
DEKALOG PIEC
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski e Scenegg.: Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski
Musiche
Zbigniew Preisner
Montaggio
Ewa Smal

Sogg.: e Scenegg.: Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski - Fotogr.: (normale/a colori) Slawomir Idziak- Mus.: Zbigniew Preisner - Montagg.: Ewa Smal - Dur.: 60' - Co-Produz.: Telewizja Polska, Warzawa, Sender Freies Berlin, Berlin

Interpreti e ruoli

Miroslaw Baka (Jacek), Krzyzstof Globisz (Piotr), Jan Tesarz

Soggetto

per le vie di Varsavia, un ventenne inquieto e disoccupato, Jacek, commette atti di vandalismo e poi uccide un tassista. Arrestato, Jacek viene difeso d'ufficio da Piotr, un giovane avvocato che, al proprio debutto davanti al tribunale ed in linea con le idee da sempre professate, cerca di evitargli la pena di morte prevista dall'ordinamento giudiziario dello Stato. Ma questo delitto e le circostanze di esso, oltre che la sua efferatezza, non consentono ad Jacek alcuna clemenza. Alla brutalità di quel crimine assurdo e feroce s'accompagna l'eccesso di una morte per impiccagione dapprima comminata e poi diligentemente preparata dai suoi esecutori. Scoprendo troppo tardi che Jacek era un giovane traumatizzato a causa della tragica morte della piccola sorella perchè investita da un trattorista ubriaco (questo avvenimento aveva causato innegabili disturbi nella personalità del proprio assistito) al giovane avvocato non resta che manifestare la sua furiosa protesta contro questo modo violento e crudele d'intendere e di applicare una giustizia punitiva da parte degli uomini.

Valutazione Pastorale

il film è densissimo; lo stile è asciutto, nè lascia spazio a cedimenti o spiragli. Tre vite corrono su binari differenti, si incontrano e intersecano, senza da prima nesso alcuno su altro piano che non sia quello della pura causalità; un giovane smarrito e disturbato; un avvocato preparato e sensibile; un tassista immerso nei fatterelli del quotidiano e, in ogni caso, vittima innocente di un crimine efferato. Sullo sfondo dei casermoni di una Varsavia a luci livide ed in un clima plumbeo, non vi è posto per chiacchiere, nè concessioni a calligrafismi formali: tutto è tensione e poi angoscia, da prima nella preparazione del delitto, indi nella scoperta del passato e del trauma dell'assassino come nella asettica puntigliosa serie dei preparativi della esecuzione capitale. Il film è ricco di passione civile ma, ad un tempo, propone con meditato distacco i suoi temi, con una drammaticità di eventi e di scrittura che restano comunicati con assoluta immediatezza. Per le inquadrature, per il taglio del montaggio e la stessa forza di una regia di polso saldissimo, non è azzardato parlare per Kieslowski di grande cinema: egli sa perfettamente cifrare anche con i più piccoli dettagli le motivazioni più remote e segrete, conferendo alle immagini l'impatto più efficace e redditizio, perchè il messaggio qui il Comandamento biblico arrivi diritto al cuore. Questo episodio fa sicuro assegnamento anche sulle spinte emotive, pur restando sempre lucidissimo nell'assunto, duro nel respingere ogni frangia superflua, quasi astratto nella sua cruda oggettività. Il film è alto e lacerante, così come lo sono il grido e la protesta del giovane avvocato contro la pena di morte, un problema che si impone ad ogni ordinamento statale e giudiziario con la inesorabilità dei corsi e ricorsi storici.

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