Il segreto della Miniera

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Famiglia - genitori figli, Lavoro, Politica-Società, Storia
Genere
Drammatico
Regia
Hanna Slak
Durata
103'
Anno di uscita
2019
Nazionalità
Bosni- Herzegovina, Slovenia
Titolo Originale
Rudar
Distribuzione
Cineclub Internazionale
Soggetto e Sceneggiatura
Hanna Antonina Wojcik-Slak
Fotografia
Matthias Pitz
Musiche
Damir Imamovic
Montaggio
Vladimir Gojun
Produzione
Sinisa Juricici, Miha Knific

Interpreti e ruoli

Leon Lucev (Alija Basic), Marina Redzepovic (Fauda Basic), Zala Djuric Ribic (Elma Basic), Boris Cavazza (Lojze), Maj Klemenc (Faruk), Tin Marm (Samir Basic)

Soggetto

Aljia Basic, minatore in Slovenia, viene incaricato dalla direzione dell’azienda di riaprire e ispezionare un vecchio tunnel per consentire all’impresa privata, proprietaria della miniera, di chiuderlo definitivamente. Aljia si mette al lavoro tra molti dubbi, ma farà alcune, inattese, scoperte…

Valutazione Pastorale

Alla base c’è la vicenda vera del minatore Mehmedalija Alic. Questi, dopo aver subito la perdita di tutti i parenti nella strage di Sebrenica del 1995, alla quale sopravvisse perché era già emigrato in Slovenia, procede nel compito assegnatogli e finisce per scoprire che nelle viscere della miniera che esplora sono nascosti i cadaveri di migliaia di profughi di guerra uccisi alla fine della seconda guerra mondiale. Una scoperta che potrebbe sconvolgere la società slovena. Viene invece accolta con sufficienza e leggerezza: nel 2016 tutte le vittime sono rimaste senza sepoltura. Concentrandosi solo su Alja, e sul suo crescente tormento interiore, la vicende cresce in pathos e drammaticità. Il merito della regista Hanna Slak (nata nel 1975 a Varsavia, oggi artista multimediale e scrittrice) è quello di restare concentrata sugli avvenimenti, seguendo da vicino gli imprevedibili sviluppi, ma sempre con lo sguardo aperto sulla Slovenia di oggi, su modi di gestire con eccessive severità la cosa pubblica, sulle malcelate differenze tra Slovenia e Bosnia. Insomma su una Storia che ha tutt’altro che dimenticato gli aspri conflitti del passato. Ma, forse, più bello e coinvolgente è il ritratto della famiglia di Alija: padre, madre, figlia grande, figlio piccolo. Un nucleo che, più cerca di vivere nella pace e nella concordia, più è in preda alla paura. Commuove il figlio Faruk quando confessa di vedere i “mostri”, e trasmette autentico smarrimento la solitudine in cui la famiglia si sente precipitata quando Alija viene licenziato. Una storia quanto mai utile per non perdere il senso della memoria, della civile convivenza, del reciproco rispetto. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in tutte le occasioni nelle quali sia possibile avviare una riflessione sul rispetto per uomo e donna, sul lavoro come occasione di crescita, sulla civile convivenza tra esseri umani.

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