IL TEMPO DEI CAVALLI UBRIACHI

Valutazione
Problematico, Raccomandabile, Adatto per dibattiti
Tematica
Conflitti etnici, Disabilità, Famiglia - fratelli sorelle, Povertà-Emarginazione, Tematiche religiose
Genere
Drammatico
Regia
Bahman Ghobadi
Durata
82'
Anno di uscita
2001
Nazionalità
Iran
Titolo Originale
Un temp pour l'ivresse de cheveaux
Distribuzione
Lucky Red
Musiche
Hossein Alizadeh
Montaggio
Samad Tavazoi

Orig.: Iran (2000) - Sogg. e scenegg.: Bahman Ghobadi - Fotogr.(Panoramica/a colori): Saed Nikzat - Mus.: Hossein Alizadeh - Montagg.: Samad Tavazoi - Dur.: 82' - Produz.: Bahman Ghobadi.

Soggetto

Nel Kurdistan iraniano, vicino al confine con l'Iraq, una famiglia composta da cinque tra fratelli e sorelle vive in condizioni di estrema precarietà. Il fratello più giovane, Madi, soffre di una grave malattia, che lo ha fatto restare alle dimensioni del 'nano'. Il medico dice che l'unica possibilità è legata ad un intervento chirurgico da effettuare il prima possibile e che però servirà solo a prolungargli la vita di qualche mese. Ma ci vogliono oltre 5000 denari. Ayoub, l'altro fratello, trova lavoro nel trasporto merci in Iraq. Lavora due mesi ma non mette da parte quasi niente. Lo zio combina allora il matrimonio della sorella più grande con un iracheno che si dice disponibile a pagare l'operazione. Si incontrano alla frontiera ma a questo punto la mamma del futuro consorte si rifiuta di prendersi in carico il malato. Offre in cambio un mulo, che lo zio accetta. Allora Ayoub pensa di tornare in Iran per vendere il mulo. Lungo il cammino c'é un'imboscata. Ayoub resta solo col mulo che non cammina più. Chiede aiuto, viene soccorso, e insieme ad altri riesce a passare il confine.

Valutazione Pastorale

I numerosi contrabbandieri che si muovono tra Iran e Iraq devono superare montagne innevate e tanti altri pericoli. Ma anche gli animali soffrono molto: per fare in modo che resistano al freddo e ai carichi pesanti, i padroni aggiungono alcool nel cibo e nell'acqua. Così ì cavalli cadono in uno stato di ubriachezza, diventando il simbolo di una condizione sociale chiusa e senza uscita. E' merito del film mantenere un vivido e convincente tono realistico. Spiega il regista che alla base c'é una storia vera. "Due anni fa incontrai alcune persone che contrabbandavano merci fra il Kurdistan iraniano e quello iracheno, studiai da vicino le famiglie degli adolescenti. Io stesso sono cresciuto nel Kurdistan iraniano e a 11 anni, con i miei genitori separati, dovetti andare a lavorare per pagarmi gli studi e mantenere la mia famiglia". Ritratto dall'interno, dunque, vigoroso e attendibile. Nell'inquieto spostarsi da una parte all'altra del confine, il racconto diventa denuncia dei popoli che non hanno terra e voce dei loro bisogni e delle loro speranze: un mulo, necessario per vivere; un quaderno, indispensabile per sentirsi crescere; un pezzo di terra, luogo dove riconoscersi. I bambini lottano, esprimono atti di coraggio, danno forza all'idea della solidarietà familiare. Prendendo questo caso come proiezione di una coralità più ampia, il film diventa il cammino della speranza di un nucleo di afflitti: da una miseria assoluta e devastante, dalla cronaca di uno sfruttamento nasce, attraverso la sacralità dell'amore, la possibilità di un riscatto, di un progresso, di una speranza. Senza concedersi un finale banalmente buonista, il film resta concentrato sul dolore che fotografa e tuttavia non vi si rassegna. Opera convincente quindi, di bel taglio visivo e compositivo, e, dal punto di vista pastorale, da valutare come raccomandabile, problematica, e molto adatta a dibattiti.

Utilizzazione

Il film può essere usato in programmazione ordinaria. Da proporre in occasioni particolare, per la possibilità che offre di vedere "dal di dentro" una delle situazioni difficili che ancora ruotano intorno a noi all'aprirsi del Terzo Millennio.

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