LA STANZA DI CLOE *

Valutazione
Ambiguità, Discutibile, Dibattiti
Tematica
Bambini, Famiglia - genitori figli, Psicologia
Genere
Drammatico
Regia
Rolf De Heer
Durata
92'
Anno di uscita
1996
Nazionalità
Australia
Titolo Originale
THE QUIET ROOM
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Rolf De Heer
Musiche
Graham Tardif
Montaggio
Tania Neheme

Sogg..e Scenegg.: Rolf De Heer - Fotogr.: (panoramica/a colori) Tony Clark - Mus.: Graham Tardif -Montagg.: Tania Neheme - Dur.: 92'- Produz.: Rolf De Heer

Interpreti e ruoli

Chloe Ferguson (Cloe a sette anni), Phoebe Ferguson (Cloe a tre anni), Celine O'Leary (La mamma di Cloe), Paul Blackwell (Il papà di Cloe)

Soggetto

Cloe, una bimba di sette anni, vive in un appartamento della peri-feria di Sidney, con due genitori che l'amano e non le fanno mancare nulla -lavorano entrambi ma sono lacerati da una insanabile crisi coniugale. Scos-sa dal comportamento dei genitori che, fin dalla sua primissima infanzia, alternano momenti sereni e di almeno apparente affiatamento, a risse vio-lente, la piccola si è chiusa da qualche tempo in un mutismo ostinato e scon-troso che preoccupa i genitori. Cloe ha una graziosa camera tutta per sé; dei pesci rossi in un grande vaso ed ogni genere di giocattoli. Va regolarmente a scuola e fa diligentemente i compiti a casa, con una particolare inclinazione al disegno, mediante il quale vorrebbe comunicare con i suoi. Le pesa e la soffoca il chiuso dell'appartamento: vorrebbe essere sempre accompagnata al parco-giochi dal padre, che talvolta s'impazientisce per le sue insistenze, e scatta in maniera brusca, facendo aumentare l'ostinazione di Cloe nel suo rifiuto di parlare. Cloe desidera anche di avere un cane col quale scorrazzare lungo la spiaggia o fra il verde della campagna, dove viene portata dai geni-tori per i week-end. Ad ognuna delle ricorrenti risse alle quali assiste, il disa-gio di Cloe si approfondisce e il suo rifiuto di comunicare verbalmente si fa sempre più preoccupante. I due genitori le procurano a più riprese, ma senza risultato, una giovane psicologa in aiuto, puntualmente delusi nella loro spe-ranza di riuscire a far uscire la bambina da quello stato. Nella sua testa, tuttavia, Cloe ragiona con una lucidità e una logica superiori all'età. Le si acuisce il bisogno di essere coccolata, di sentire anche fisicamente il calore di papà e mamma, con frequenti incursioni notturne nel letto grande dei genito-ri, quando si sveglia in preda ad incomprensibili paure. Mette, inoltre, in atto tutte le risorse della sua fantasia di bambina per tentare di riavvicinare i geni-tori: quando capisce che i genitori stanno per separarsi, il suo mutismo e la sua nevrosi si aggravano. Cloe ottiene finalmente la casa in campagna ed il cane anche se i genitori sono ancora alla ricerca della dimensione giusta del loro difficile rapporto.

Valutazione Pastorale

Sorprendente, innanzitutto, la recitazione di Chloe Ferguson nel ruolo della protagonista: il film è quasi interamente sostenuto dal suo monologo interiore, ostinatamente muto, con l'espediente della sua voce fuori campo fra ingenua ed ironica, a commento di quanto i grandi vivono, fanno, dicono ed escogitano intorno al suo silenzio. Nel film si potrebbe confondere il forte disagio infantile della protagonista con una patologia autistica certamente più grave e non facilmente curabile. Ancor più pericoloso illudere persone (che si trovino coinvolte nella assistenza o nella cura di un soggetto autistico) che possa esser sufficiente il superamento di una normale crisi coniugale per consentire ad una persona di guarire dalla sua malattia. La tematica del film, tuttavia, va oltre: fa riflettere sulle conse-guenze della rottura dell'unità familiare sui figli e sulla loro crescita armo-niosa e serena. Nessuno è in grado di prevedere l'entità del trauma che si ripercuote sulla psiche fragile di un bambino, esposto ogni giorno a scene di violenza fisica e verbale, a causa delle incomprensioni e delle liti cui è costretto suo malgrado ad assistere. Da un punto di vista pastorale, la più notevole carenza del film riguarda il piano educativo. Non è sufficiente, infatti, sommergere il figlio con un eccesso di premure, senza educarlo ai valori fondamentali del vivere, sul piano personale e relazionale, per garan-tirgli un'infanzia felice e un futuro a misura d'uomo. Il film può essere occa-sione di un dibattito serio e fruttuoso fra genitori ed educatori, che superi le ambiguità del pur apprezzabile film di Rolf De Heer.

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