LE MIE NOTTI SONO PIÙ BELLE DEI VOSTRI GIORNI

Valutazione
Inaccettabile, Farneticante
Tematica
Genere
Surreale
Regia
Andrzej Zulawski
Durata
109'
Anno di uscita
1992
Nazionalità
Francia
Titolo Originale
MES NUITS SONT PLUS BELLES QUE VOS JOURS
Distribuzione
D.A.R.C.
Soggetto e Sceneggiatura
Andrzej Zulawski
Musiche
Andrzej Korzynsky
Montaggio
Marie

Sogg. e Scenegg.: Andrzej Zulawski - Fotogr.: (panoramica/a colori) Patrick Blossier - Mus.: Andrzej Korzynsky - Montagg.: Marie-Sophie Dubus - Dur.: 109' - Produz.: Saris Film, Paris - Vietato ai minori degli anni quattordici

Interpreti e ruoli

Sophie Marceau (Blanche), Jacques Dutronc (Lucas), Valerie Lagrange (Madre), Myriam Meziere (Hedwige), Laure Killing François Chaumette, Sady Rebot

Soggetto

uno scienziato dai capelli appena grigi si sente rivelare dal medico che ha un male incurabile. È Lucas, che ha inventato un metodo per comunicare attraverso immagini lessicali. Innamoratosi di Blanche, una ragazza incontrata in un caffè parigino, Lucas la segue a Biarritz, ove quella si produce sfruttando le sue qualità di veggente. Per una coincidenza, nella vita di infanzia di tutti e due vi sono episodi che essi mai hanno dimenticato: lei le liti e botte furibonde fra padre e madre (questa l'accompagna ora in tournée), mentre Lucas ebbe ad assistere alla tragica fine della genitrice, fatta annegare per gelosia dal marito in uno stagno dove si bagnava con un amico. L'amore della coppia si è ormai tradotto in passione, però Blanche soffre e rievoca assai spesso le sue paure di bambina e Lucas immerg e in un marcato squilibrio mentale i suoi farfugliamenti verbali, nell'attesa della morte che gli è stata annunciata. All'alba, tenendosi per mano, i due amanti corrono liberi sulla sabbia verso il mare, nella felicità della loro innocenza ritrovata, per sparire le onde.

Valutazione Pastorale

il meno che si possa dire di questo film di Andrzej Zulawski, è che esso è irritante. Nemmeno provocatorio come si definiscono spesso certe metafore degli intellettuali di presunta avanguardia né demenziale, quando si mette in scena un semplice squilibrato e lo si fa sproloquiare a ruota libera. Conseguenza: una trama di per sé semplice e un po' mélo (lui con i capelli grigi, lei fresca di giovinezza e tutta amore; l'uomo implicato nelle sue immagini verbali, la ragazza mentre intrattiene pubblico e amici stravaganti facendo la Cassandra abbigliata da bajadera). Non si perde di vista la trama, però si annaspa sempre fra la metafora, il kitch, il sesso ed insistite bizzarrie. Un pastiche, insomma, che lascia più insofferenti che indifferenti, senza che si riesca ad afferrare un solo e autentico valore in positivo. Il grigio è il colore che gli si addice, come grigio è il colore assunto dal cielo e dai cavalloni del finale, senza lasciarsi troppo impressionare dal fatto della ricerca del bambino che è in noi e della cancellazione liberatoria di botte e annegamenti, cui per disgrazia si sia assistito durante l'infanzia. Come a dire che la innocenza dell'infanzia si recupera solo nell'accettazione quieta della Morte, qui anticipata su richiesta dei due amanti. A rendere i due personaggi sono stati chiamati Sophie Marceau (graziosa, ma nulla più) e Jacques Ducront, adeguatamente fatuo, logorroico e scollato.

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