MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO

Valutazione
Complesso, problematico
Tematica
Giovani, Libertà
Genere
Commedia
Regia
Abdellatif Kechiche
Durata
180'
Anno di uscita
2018
Nazionalità
Francia, Italia, Tunisia
Titolo Originale
Mektoub, My Love: canto uno
Distribuzione
Vision Distribution
Soggetto e Sceneggiatura
Ghalya Lacroix, Abdellatif Kechiche tratto dal romanzo "La blesure, la vraie" di Francois Bégaudeau
Musiche
brani di repertorio
Montaggio
Nathanaelle Gerbeaux, Maria Giménez Cavallo

Orig.: Tunisia/Francia/Italia (2017) - Sogg.: tratto dal romanzo "La blesure, la vraie" di Francois Bégaudeau - Scenegg.: Ghalya Lacroix, Abdellatif Kechiche - Fotogr.(Scope/a col.): Marco Graziaplena - Mus.: brani di repertorio - Montagg.: Nathanaelle Gerbeaux, Maria Giménez Cavallo - Dur.: 180' - Produz.: Quat'sous Films - 74' MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA 2017 PREMIO MOUSE D'ORO.

Interpreti e ruoli

Shain Boumédine (Amin), Ophélie Bau (Ophélie), Salim Kechiouche (Tony), Lou Luttiau (Céline), Alexia Chardard (Charlotte), Hafsia Herzi (Camélia), Delinda Kechiche (Dede), Kamel Saadi (Kamel), Meleinda Elasfour (Meleinda), Estefania Argelish . (Esmeralda)

Soggetto

Da Parigi, dove vive provando a fare l'aspirante sceneggiatore, il giovane Amin torna per l'estate nella sua cittadina natale, un piccolo borgo nel sud della Francia. Qui ritrova famiglia, amici d'infanzia, la voglia di ridere e scherzare senza limiti né freni...

Valutazione Pastorale

Il film d'esordio di Kechiche è "Tutta colpa di Voltaire" (2000). Seguono 'La schivata', 2003; 'Cous Cous', 2007; 'Venere nera', 2010; "La vita di Adele", 2013 Palma d'oro al festival di Cannes di quell'anno. Ed ora questo 'Mektoub, My love: Canto uno', in concorso alla Mostra di Venezia 2017. Il riassunto della filmografia serve a far vedere quanto è cresciuta negli anni la forza d'impatto delle sue immagini, la sua capacità di entrare in una situazione, e di impossessarsene fino a farla propria, a schiacciarne i contorni e i contenuti. Siamo qui di fronte ad un'estate, anzi all' "estate", come stagione dello stordimento e della perdita di equilibrio. L'estate che significa divertimento e follia. In "Mektoub" il regista tunisino esalta la libertà senza freni che si impadronisce delle menti, va alla scoperta di uomini e donne perse in un unico, delirante assalto alla sfrenatezza. C'è qualcosa di enormemente eccessivo nella insistenza con la quale si mostrano amici e luoghi, si parla e si commentano fatti e parole. L'autoreferenzialità del cambiamento cade con rumore su un tono di irresponsabile fragore. Un taglio da metacinema, livido e impaurito, entra nello smarrimento di feste, e deliri privi di logica e senso compiuto. Forse Amin e Ophelie, i protagonisti, lasciano le rispettive posizioni per una solitudine che porterà tristezza e malinconia. Perché alla fine, il canto Uno si sintetizza nel misterioso incontro tra uomo e natura. E le tre ore di durata diventano il duro adagiarsi verso un nuovo modo di concepire il cambiamento. Il regista guarda con troppa fissità, fino quasi a farsi del male. E noi con lui. L'occhio si ammala di troppa 'visione', spiazzato e deluso. Non resta che riprovarci. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, e problematico.

Utilizzazione

Per il tono prevalente delle immagini, delle situazioni, della gestualità, il film è da utilizzare con molta attenzione in programmazione ordinaria, meglio se in occasioni mirate, cineforiali. Resta che il film d'autore si può aprire ad opportune riflessioni e dibattiti, accostando una ricerca fatta di linguaggio inventato e totalmente incandescente.

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