NEMMENO IL DESTINO

Valutazione
Discutibile, Problematico, dibattiti
Tematica
Alcolismo, Amicizia, Famiglia - genitori figli, Giovani
Genere
Drammatico
Regia
Daniele Gaglianone
Durata
110'
Anno di uscita
2004
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
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Distribuzione
Fandango
Soggetto e Sceneggiatura
Giaime Alonge, Daniele Gaglianone, Alessandro Scippa liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Gianfranco Bettin

Orig.:Italia (2004) - Sogg.: liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Gianfranco Bettin - Scenegg.: Giaime Alonge, Daniele Gaglianone, Alessandro Scippa - Fotogr.(Panoramica/a colori): Gherardo Gossi - Mus.:Giuseppe Napoli - Montagg.:Luca Gasparini - Dur.: 110' - Produz.: Domenico Procacci, Gianluca Arcopinto, Pierpaolo Trezzini per Fandango, Armadillo Cinematografica.

Interpreti e ruoli

Mauro Cordella (Alessandro Stellin), Fabrizio Nicastro (Ferdi Castronovo), Giuseppe Sanna (Toni), Lalli (Adele Stellin), Palma Di Nummo (Adele ragazza), Gino Lana (Sebastiano Castronovo), Stefano Cassetti (Lorenzo)

Soggetto

Nella periferia di una città post-industriale vivono Ale e Ferdi, tra i 15 e i 17 anni, compagni di scuola insieme all'amico Toni. Ale é figlio di una ragazza madre che, nonostante tutti gli sforzi per condurre una vita normale, é sempre più prigioniera del proprio doloroso passato. Ferdi vive con il padre, ex operaio ammalatosi in fabbrica e ora inerte in casa in preda all'alcool. Toni, dopo averlo più volte annunciato, un giorno parte senza lasciare notizie di sé. Ale e Ferdi cercano di reagire alla loro situazione di depressione: anche attraverso gesti inconsulti che vanno nella direzioni opposte del negare la vita o del cercare di riconquistarla.

Valutazione Pastorale

"Questo film -dice Daniele Gaglianone alla sua seconda prova dopo 'I nostri anni' (2001)- é per tutti quelli che si sono perduti per sempre...per tutti i genitori e i figli che si sono capito troppo tardi...é una rabbiosa elegia, un pianto gridato, un urlo silenziosi e muto contro i fantasmi del passato e i mostri del presente". Liberamente tratto dal romanzo omonimo di Gianfranco Bettin (il quale, autentica novità, dopo aver letto la sceneggiatura ha pubblicato una nuova versione del libro), il racconto è il ritratto amaro di una gioventù non bruciata ma sbandata, perché priva di qualunque punto di riferimento, risultato poco confortante di un azzeramento di valori 'antichi' non sostituiti da 'nuovi'. A dare forza ad una tematica che non è certo del tutto nuova arriva la vigoria espressiva di Gaglianone, una regia fatta di immagini tremanti e di colori bruciati, di ambienti dimessi e di personaggi colpiti da dolori autentici. Così il pessimismo di fondo della vicenda si apre allo spiraglio di una possibile, nuova socializzazione che nasca dalle ceneri di una rabbia tanto aspra quanto non sempre comprensibile. Dal punto di vista pastorale quindi il film é da valutare come discutibile, problematico e senz'altro adatto a dibattiti. UTILIZZAZIONE: più che per la programmazione ordinaria, il film si indirizza ad occasioni mirate come avvio alla riflessione sull'argomento dei disagi degli adolescenti oggi in Italia.

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