THE TRIBE

Valutazione
Complesso, scabroso, dibattiti
Tematica
Aborto, Male, Metafore del nostro tempo, Politica-Società
Genere
Drammatico
Regia
Myroslav Slaboshpytskiy
Durata
130'
Anno di uscita
2015
Nazionalità
Ucraina
Titolo Originale
Plemya
Distribuzione
Officine UBU
Musiche
rumori d'ambiente
Montaggio
Valentyn Vasyanovych

Orig.: Ucraina (2014) - Sogg. e scenegg.: Myroslav Slaboshpytskiy - Fotogr.(Panoramica/a colori): Valentyn Vasyanovych - Mus.: rumori d'ambiente - Montagg.: Valentyn Vasyanovych - Dur.: 130' - Produz.: Garmata Film Production - VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI.

Interpreti e ruoli

Grigoriy Fesenko (Sergey), Yana Novikova (Anna), Rosa Babiy (Svetica), Alexander Dsiadevich.

Soggetto

L'adolescente Sergey, sordo e muto, viene inviato in un istituto speciale dove capisce subito che dovrà sottoporsi ai riti crudeli predisposti dalla 'tribu' che detta legge in quel luogo. Dopo i primi momenti di smarrimento, il giovane viene accettato, e cerca di aderire alle terribili situazioni che osserva. Due ragazze, Anna e Svetica, intenzionate a raccogliere i soldi necessari per lasciare l'Ucraina, vengono accompagnate al parcheggio dei camionisti e indotte alla prostituzione. Sergey si innamora di Anna ma questo non è previsto dalle regole vigenti. Quando la ragazza capisce di essere rimasta incinta, non esita a ricorrere all'aborto. E subito dopo entrambe si affidano ad una figura di comodo per ottenere i passaporti per uscire dal paese. Il possesso di questi documenti innesca un violento parapiglia. Ogni remora è ormai superata, e Sergey può procedere ad uccidere uno ad uno tutti i suoi compagni di istituto.

Valutazione Pastorale

"Questo film è nella lingua dei segni senza traduzione, senza sottotitoli, senza voice over". Così si avverte in una didascalia all'inizio. Alla gestualità e ai rumori affaticati e strozzati di uomini e donne sordomuti è affidato lo sviluppo del copione e la sua comprensione da parte dello spettatore. Nato a Kiev (Ucraina) nel 1974, il regista ha lavorato per gli studi di Kiev e per i Lenfilm Studios di San Pietroburgo ed ha poi diretto due corti presentati al Festival di Berlino. Nel 2010 ha avuto una borsa di studio per lo sviluppo di The Tribe, che è diventato il suo LM d'esordio. "Mentre giravo il mio corto 'Deafness-Sordità', sono entrato in contatto con la comunitò dei sordi in Ucraina e ho conosciuto i capi di una comunità ombra non ufficiale. Questi mi hanno mostrato dall'interno le pratiche e i rituali di un gruppo sociale impenetrabile...E' un film incentrato su ragazzi molto giovani e in giovane età si è capaci di sentimenti duri e puri: amore, odio, furia, rabbia, disperazione". Se questa è la situazione di partenza, fino a che punto è lecito spingersi per descriverla in modo pertinente? L'autore ritiene legittimo spingere il pedale sull'acceleratore di una violenza isterica e nervosa ai limiti dell'isterico. Sembra che sopperire all'assenza di parole e suoni voglia dire incrudelire l'uno verso l'altro, mostrarsi cinici oltre ogni dire, avere rapporti sessuali aspri e ferini, rinunciare all'espressione di una sia pur minima dignità umana. Come se il cinema muto, per rendersi credibile dovesse ricorrere ad un finzione 'estrema' ed estremizzata, totalitaria e totalizzante. Quell'istituto diventa allora il simbolo di una ghettizzazione sociale e materiale, luogo da cui non si esce se non al prezzo di una totale ribellione. Il film allora diventa metafora politica, territorio in cui l'orizzonte del cinema si sposta più avanti, compie passi spregiudicati e rischia di condannare le istituzioni ma insieme di mangiare se stesso e forse di giocarsi margini di credibilità verso lo spettatore. La sequenza dell'aborto pianifica a livello linguistico un rifiuto repentino, uno 'stare male' che procede di pari passo con la condanna di uomini e donne che a quella triste messa in scena partecipano. Si mette alla berlina un'istituzione ma il prezzo che si chiede in cambio appare in certi passaggi oggettivamente forte. Esordio disturbante e squilibrante e film che sconfina nel finale delirio parossistico per una sorta di 'il resto è silenzio' che lascia molta amarezza. Film di nicchia e di non facile lettura, invasivo e debordante, coraggioso e nichilista che, dal punto di vista pastorale è da valutare come complesso, scabroso e da affidare a dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare con molta attenzione in occasioni mirate e per un pubblico pronto a confrontarsi con un cinema aspro e di dura forza espressiva.

Le altre valutazioni

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