TOTÒ CHE VISSE DUE VOLTE

Valutazione
Inaccettabile, squallido
Tematica
Gesù, Male, Metafore del nostro tempo, Povertà-Emarginazione
Genere
Metafora
Regia
Daniele Ciprì, Franco Maresco
Durata
95'
Anno di uscita
1998
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
TOTÒ CHE VISSE DUE VOLTE
Distribuzione
Lucky Red Distribuzione
Soggetto e Sceneggiatura
Daniele Ciprì, Franco Maresco, Lillo Iacolino Daniele Ciprì, Franco Maresco
Musiche
Autori Vari
Montaggio
Daniele Ciprì, Franco Maresco

Sogg.: Daniele Ciprì, Franco Maresco - Scenegg.: Daniele Ciprì, Franco Maresco, Lillo Iacolino - Fotogr.(Panoramica/b.n.): Luca Bigazzi - Mus.: Autori Vari - Montagg.: Daniele Ciprì, Franco Maresco - Dur.: 95' - Produz.: Tea Nova - VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

Interpreti e ruoli

Marcello Miranda (Paletta), Carlo Giordano (Fefè), Salvatore Gattuso (Totò/don Totò), Pietro Arcidiacono (Pitrinu), Camillo Conti (Tremmotori), Baldassarre Catanzaro (Bastiano), Fortunato Cirrincione (Lazzaro), Francesco Anitra, Gioacchino Lo Piccolo, Antonio Carullo, Antonio Cirrincione, Giuseppe Pepe, Antonio Aliotta, Vincenzo Cacciarelli.

Soggetto

PRIMO EPISODIO. Perennemente deriso e umiliato da tutti, il povero Paletta approfitta di ogni occasione per dare libero sfogo ai propri desideri sessuali. Vi si lascia andare senza ritegno, e molti lo seguono, dando vita a scene di autoerotismo collettivo. Quando arriva in città la famosa prostituta Tremmotori, gruppi di uomini vanno da lei, e Paletta, pur di partecipare, si spinge a rubare nell'edicola votiva dell’Ecce Homo, protetta dal boss mafioso del quartiere. Ma prima che riesca ad avvicinarsi alla donna, viene a sua volta derubato. Tuttavia è riconosciuto colpevole del furto, e condannato dal boss ad essere messo in croce. SECONDO EPISODIO. Intorno al letto di morte di un omosessuale di mezza età sono riuniti la madre ed altre persone. Fefè, l'anziano amante dell’uomo, tarda ad arrivare perché impaurito dalla possibile reazione di Bastiano, violento fratello del morto. I presenti rievocano nella mente la storia dei due amanti, dei loro approcci, dei loro rapporti. Infine Fefè arriva, è disperato e affamato. Aspetta allora il momento propizio durante la notte e toglie all'amante morto un prezioso anello. I topi che infestano dentro la stanza e fuori la città, lo assediano e gli impediscono di godere del suo gesto disonesto. TERZO EPISODIO. Un Messia vecchio e rugoso, detto Totò, cammina attraverso i luoghi controllati dalla mafia, accompagnato da Giuda, un gobbo iroso che insiste nel pretendere da lui una immediata guarigione dalla sua deformità. Nel frattempo il mafioso Lazzaro, sconfitto nella guerra tra clan, viene sciolto nell'acido per ordine del boss don Totò. I familiari chiedono al Messia di provare a farlo resuscitare. La cosa riesce, e Lazzaro fugge per vendicarsi. Nelle miserie della periferia, un angelo viene aggredito e derubato delle ali, un falso angelo ne prende il posto, crede di poter trarre vantaggio dalla sua condizione ma tre bruti sono attratti dalle sue sembianze e lo violentano. Da una pianura alcune persone osservano il Messia su una collina, lui brutalmente ordina loro di andare via perché non ha niente da dire. Un handicappato, che ha continue pulsioni sessuali, vede una statua della Madonna e vi si sfoga contro. Intanto Giuda denuncia il Messia Totò al boss don Totò. Prelevato durante l'ultima cena, il Messia è condannato a morire nella vasca piena di acido. E lì rimane, mentre sul colle sono issate tre croci dove vengono crocefissi come ladroni i protagonisti degli altri due episodi e, in sostituzione del Messia, un povero scemo sorridente.

Valutazione Pastorale

E' opportuno dire subito chiaramente che il film non ha niente a che fare con le discussioni, le problematiche, le riflessioni riguardanti la rilettura della vicenda umana e storica del Cristo e dell' attualizzazione della Parola in contesti contemporanei. Sulle grandi potenzialità che ha il cinema nel reinterpretare e dare nuova voce al messaggio evangelico molto è stato detto anche da parte ecclesiale con precisi e motivati interventi, e su molti titoli, animati da seria volontà propositiva, si sono sviluppati utili dibattiti. Niente di tutto questo è possibile ravvisare nel film di Ciprì e Maresco, improntato solo ad una pseudocultura della dissacrazione e del vilipendio della religione fine a se stesso. L'accumulo di immagini disgustose è talmente ripetuto e compiaciuto, da indurre ben presto a rinunciare alla ricerca di qualche motivazione e a pensare che si tratti invece di ossessioni deformate e distorte dei due registi, solo rivolti a cercare di provocare choc nello spettatore senza mai offrire una logica o un motivo di confronto. Il film d'altronde non può nemmeno essere definito blasfemo, perché è evidente nel racconto la mancanza dei presupposti di conoscenza per affrontare l'argomento religioso. Tutto si risolve allora in una parodia fasulla e prevedibile, dove va dimostrata a priori la tesi che il Messia non ha niente da dire, è sordo ai bisogni della gente, non vede chi lo circonda e muore ammazzato come un mafioso qualunque: cattiverie pretestuose, troppo facili, prive di spessore. Il film, girato in bianco e nero e interpretato da attori tutti uomini anche nei ruoli femminili, è poi pieno di citazioni e riferimenti ad altri film di ben maggiore sostanza (in primo piano Pasolini), diventa anche presuntuoso quando vuole rappresentare gli emarginati delle periferie urbane siciliane e dare lezioni di sociologia che scade a livello di zoologia, quando insiste nel mostrare accoppiamenti uomo/animale. E' evidente che si parla di Gesù in maniera solo preconfezionata e approssimativa, con tante manchevolezze e con il preciso proposito di irridere. In conclusione, sembra di poter dire che, dal punto di vista pastorale, il messaggio del film è nullo, l'operazione va considerata furbesca e per questo da prendere in pochissima o nessuna considerazione, evitando di scendere al suo livello, per lasciare su altri toni la pienezza, il respiro, il valore misericordioso e liberatorio dell'autentico messaggio evangelico. UTILIZZAZIONE: per il modo bassamente provocatorio con cui vuole approfittarsi della sensibilità di tante fasce di spettatori, il film è da escludere dalla programmazione ordinaria. Dire che il recupero del film possa avvenire in contesti più ristretti e motivati non significa consigliarne la visione ma far si che si capisca esattamente qual'é il confine tra espressione di idee e demagogia, tra il rispetto di sé e degli altri, tra libertà e valori da un lato e il loro annullamento dall'altro.

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