VENERE PAURA

Valutazione
Inaccettabile, Farneticante
Tematica
Genere
Drammatico
Regia
Hirtia Solaro
Durata
88'
Anno di uscita
1993
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
VENERE PAURA
Distribuzione
Indipendenti Regionali
Soggetto e Sceneggiatura
Hirtia Solaro ispirato al racconto "Le notti bianche" di Fedor Dostoevskji
Musiche
Luigi Montagna
Montaggio
Franco Letti

Sogg.: ispirato al racconto "Le notti bianche" di Fedor Dostoevskji - Scenegg.: Hirtia Solaro - Fotogr.: (normale/a colori) Marcello Gatti - Mus.: Luigi Montagna - Montagg.: Franco Letti - Dur.: 88' - Produz.: Ragno Film

Interpreti e ruoli

Luciano Bartoli (Prete), Alessandra Acciai (Glacida), Francesco Gabriele (Barbone), Mattia Violanti (Sordomuto), Pascal Persiano (Bel Cugino), Numa Solaro (Pretino), Mauro Bronchi (Travestito), Sandro Dori, Giorgio Conti

Soggetto

un padre camilliano, dalle idee morali, teologiche e liturgiche approssimative e dal comportamento a dir poco psicopatico, divide il suo tempo fra dubbi consigli "pastorali" distribuiti occasionalmente ai "diversi" del suo non identificabile "gregge", le cure dedicate a un piccolo sordomuto, e gli incontri, mascherati da intenzioni redentive, con Glacida, un'estrosa seduttrice, che lo ossessiona tallonandolo senza tregua. Il tutto alternato da stucchevoli monologhi con la pappagallina Placida, celebrazioni-farsa in una chiesa semivuota, e prediche farneticanti, in cui mescola vangelo, nevrosi e comportamenti deliranti. In questo quadro si ritagliano i ripetuti notturni –cercaticon l'onnipresente e camaleontica "Glacida", insistente, appiccicosa, esasperante, da cui lo sprovveduto religioso si illude di prendere le distanze con ridicoli "le dirò cosa penso di lei" ripetuti instancabilmente, fra un continuo insopportabile giochetto di vado-torno, torno-ma-vado, fino al momento con Glacida che gli si avvinghia addosso stringendogli le mani nelle sue... che inaspettatamente si trasformano nelle mani del piccolo sordomuto reclamante a modo suo la propria parte di attenzione e di affetto.

Valutazione Pastorale

scomodare Dostoevskji per conferire patina poetico-culturale a questo lavoro cinematografico di Hirtia Solaro è operazione decisamente pretenziosa oltre che presuntuosa: ben altri strumenti necessiterebbero per affrontare la tematica tutt'altro che improbabile del celibato sacerdotale alle prese con le tentazioni della carne. Il primo assoluto dovrebbe essere un minimo di cultura religiosa, un minimo di conoscenza dei problemi, della fede, della morale, della stessa liturgia della chiesa cattolica. Non si possono presentare argomenti di chiesa unicamente facendo indossare a un attore paramenti liturgici, facendogli compiere alcuni gesti e pronunciare qualche frase, oltretutto frammezzo a connessioni e divagazioni confusionarie inconcepibili. In secondo luogo sarebbe indispensabile quel minimo di rigore e di serenità provenienti dall'aver personalmente risolto i propri problemi. Qui ad esser combattuto non è tanto il prete-macchietta proposto dalla regista ma la regista stessa, proveniente da una cultura di "Anarchici", "Omosex", "Repellenti", "Angeli della vergogna", "Peccato di cenere"… (soggetti cinematografici e sceneggiature di cui è autrice).

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