WHITE OLEANDER (Oleandro bianco)

Valutazione
Accettabile, Problematico, dibattiti
Tematica
Adolescenza, Donna, Famiglia - genitori figli, Letteratura
Genere
Drammatico
Regia
Peter Kosminsky
Durata
110'
Anno di uscita
2003
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
White oleander
Distribuzione
Mediafilm
Soggetto e Sceneggiatura
Mary Agnes Donoghue tratto dal romanzo omonimo di Janet Fitch
Musiche
Thomas Newman
Montaggio
Chris Ridsdale

Orig.: Stati Uniti (2002) - Sogg.: tratto dal romanzo omonimo di Janet Fitch - Scenegg.: Mary Agnes Donoghue - Fotogr.(Normale/a colori): Elliott Davies - Mus.: Thomas Newman - Montagg.: Chris Ridsdale - Dur.: 110' - Produz.: John Wells, Hunt Lowry.

Interpreti e ruoli

Michelle Pfeiffer (Ingrid), Alison Lohman (Astrid), Robin Wright Penn (Starr), Renee Zellweger (Claire), Billy Connolly (Ray), Patrick Fugit (Paul), Svetlana Efremova . (Rena)

Soggetto

Ingrid, donna colta, non sopportando il tradimento del convivente Barry, lo uccide. Processata, viene condannata a 35 anni di carcere. Rimasta sola, la figlia adolescente Astrid é assegnata ai servizi sociali che le cercano una nuova sistemazione. Da quel momento la giovane cambia varie famiglie, e in ogni circostanza deve misurarsi con situazioni diverse e sempre difficili. A casa di una coppia senza figli, Astrid sembra legare molto con Claire che fa l'attrice. Ma quest'ultima poco dopo si suicida. Nel frattempo Astrid ha cominciato ad andare a visitare la madre in prigione, ma ogni volta i colloqui finiscono in liti furibonde da entrambe le parti. Dopo aver scelto di vivere con una donna russa, Astrid torna dalla madre con un avvocato: le viene chiesto di testimoniare a favore di Ingrid. Per convincerla, la donna rivela alla figlia per la prima volta la verità sul suo passato: chi é il vero padre, quando lei l'ha abbandonata, quanto l'ha sempre amata. Astrid non lascia la madre senza aiuto. Poi però si incontra con Paul, un ragazzo conosciuto tempo prima, e con lui va a vivere a New York.

Valutazione Pastorale

Tratto dal best-seller di Janet Fitch, il copione gioca in prevalenza sulla descrizione del carattere della madre, vera dominatrice che anche dalla prigione proietta la sua presenza sulla figlia e sulla vita che si sta costruendo. Se il romanzo appartiene a quel genere romantico-popolare fatto di sentimenti forti (dolori, lacrime, pianti, perdite improvvise) risolti più sul versante del melodramma che del dramma vero e proprio, anche il film percorre la stessa strada e volutamente non evita di caricare le tinte, toccando momenti di retorica e di artificio. Alcuni sottili risvolri psicologici però, specie nella parte finale, riconducono l'azione principale (il rapporto madre-figlia) ad accenti plausibili che mettono in campo riflessioni sul matriarcato, sui difetti di tanti nuclei familiari americani, sulla capacità di donarsi agli altri. Denuncia dell'egoismmo individuale a favore di una scelta di libertà, il film ha un andamento positivo e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile, problematico e adatto a dibattiti. UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre come avvio alla riflesione sopratutto sul tema del rapporto madre/figlia in condizioni di particolare difficoltà.

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