Il coraggio della verità e della memoria

venerdì 20 Aprile 2018
Un articolo di: Redazione

“Sicilian Ghost Story” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza nel ciclo di film proposto da Ucs e Cnvf per la 52a Giornata delle comunicazioni

 

“Non si smette mai di ricercare la verità, perché qualcosa di falso può sempre insinuarsi, anche nel dire cose vere”. È quanto afferma papa Francesco nel Messaggio 2018 per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Ci vuole professionalità, impegno e coraggio per dare voce alla verità, per fare memoria degli accadimenti. Coraggio che hanno dimostrato i due registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza nel loro film, “Sicilian Ghost Story”, che riporta alla luce la tragica vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito dalla mafia e sciolto nell’acido dopo un periodo di prigionia. Per non dimenticare. Il film è stato scelto come dodicesimo titolo dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per il ciclo dedicato alla 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

 

“Sicilian Ghost Story”, l’importanza di fare memoria

Dopo aver conquistato critica e pubblico con “Salvo”, i due registi-sceneggiatori Fabio Grassadonia e Antonio Piazza tornano a parlare di giovani e mafia con “Sicilian Ghost Story”. Il film è stato scelto nel 2017 per inaugurare la 56a Semaine de la critique – Festival di Cannes, ottenendo molti consensi tra cui due Nastri d’argento e il David di Donatello come migliore sceneggiatura non originale. La storia viene direttamente dalla cronaca nera, dall’uccisione dell’adolescente Giuseppe Di Matteo nel gennaio del 1996, figlio del ex-mafioso Santino Di Matteo divenuto collaboratore di giustizia. Giuseppe è stato rapito e tenuto prigioniero per oltre due anni, prima di essere ucciso e sciolto nell’acido per occultarne il corpo. Un orrore di mafia che è entrato nelle cronache giornalistiche e nell’immaginario sociale del Paese, negli anni segnati da una forte tensione che ha trovato i suoi picchi tra 1992 e 1993, con gli assassinii di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e don Pino Puglisi.

Piazza e Grassadonia raccontano l’amara vicenda partendo da una storia di una tenera amicizia: Luna e Giuseppe – Julia Jedlikowska e Gaetano Fernandez – sono due compagni di scuola, che si innamorano. A un certo punto però il ragazzo scompare, non si fa più vedere in classe. Luna allora si mette alla sua disperata ricerca, ma l’ambiente intorno a lei sembra ignorare la gravità dell’assenza.

Muovendo dai contorni del reale, il rapimento del giovane Giuseppe, il film di Piazza e Grassadonia alterna la narrazione con incursioni nel sogno, nel fantastico, sempre segnate da pennellate di nero. Obiettivo dei due autori è quello di accendere l’attenzione su una storia di mafia, ma anche aprire il racconto ai toni dell’educational e della memoria civile. È indovinata la scelta di affidare la ricerca della verità a una ragazza coetanea, Luna, che non si arrende davanti ai silenzi e alle omissioni della gente intorno, chiusa in un’inquietante omertà. Il film, nonostante alcuni momenti di debolezza, trova un suo percorso narrativo di senso, grazie anche allo stile suggestivo e incisivo dei due autori, che si dimostrano più maturi rispetto al successo internazionale di “Salvo”.

“Sicilian Ghost Story”, tra film denuncia e fiaba nera, si pone opportunamente nella riflessione della 52° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali per il modo lucido e incalzante di raccontare la ricerca della verità, andando al di là di paure e intimidazioni. Una verità scomoda, quella del film, che trova la forza per lanciare un messaggio di coraggio, una lezione di storia civile e sociale. Un film che lavora inoltre sulla possibilità che non vada perduta la fiducia nelle giovani generazioni, cui è affidato il rinnovamento del Paese.

 

Valutazione pastorale della Commissione film Cei

Il punto di riferimento è Giuseppe, figlio di un pentito di mafia che viene sequestrato per obbligare il padre a ritrattare. In assenza dei segnali richiesti, il ragazzo viene eliminato in maniera terribile e mostruosa. Si parte quindi da un dato di cronaca autentico sul quale però, e fin dall’inizio, il copione lavora per trasfigurarne i contorni, allargarne impressioni e suggestioni, far aderire l’evento a quella zona grigia e nebulosa nelle quale il vero si confonde con la favola, la rabbia fa i pugni con l’impotenza, il sentimento si carica di suggestioni epiche e quasi mitiche. Nel momento in cui Giuseppe esce di scena, tocca a Luna sostenere il peso di una finzione alla quale è sempre per lei più difficile credere e che, per renderla verosimile, deve scontrarsi con la diffidenza e la ambigua opposizione dei genitori. Fanno bene i due registi a tenere fuori campo il momento del terribile omicidio, e a mantenere viva l’idea del sogno, come un illusione o una patetica utopia. Il tutto circondato da un paesaggio quasi irrazionale, abitato da animali, boschi, creature impreviste e paurose che rimandano agli orchi delle favole e certificano la sensazione di una Sicilia simile a un luogo abitato da fantasmi, mostri e altri creature produttrici di male. Una metafora, anche, seppure in certi passaggi fin troppo immediata e scoperta. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.


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