Media, una miccia per l’incomprensione

lunedì 9 Aprile 2018
Un articolo di: Redazione

“L’insulto” di Ziad Doueiri nel ciclo di film proposto dall’Ufficio e dalla Cnvf per la 52ª Giornata delle comunicazioni

 

“Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità.”. Papa Francesco, nel suo Messaggio per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, mette in evidenza un passaggio importante della comunicazione nella società contemporanea: i media e il giornalismo, se orientati con logiche scorrette, possono rivelarsi occasione per alimentare odio e risentimento. In linea con questa riflessione troviamo il film “L’insulto” di Ziad Doueiri, storia di un diverbio che con il racconto amplificato dei media diventa scontro tra culture e religioni. Il film è stato scelto come undicesimo titolo proposto dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per il ciclo dedicato alla 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

 

“L’insulto”, fotografia di un società fragile

Ha partecipato in Concorso alla 74a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia “L’insulto” (“The Insult”) di Ziad Doueiri, dove ha ottenuto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, di Kamel El Basha. In seguito, il film è entrato nel circuito dei grandi premi internazionali ottenendo la nomination ai Premi Oscar 2018 nella categoria miglior film straniero. Si tratta di una potente suggestione sulla fragilità di dialogo tra culture e religioni, soprattutto sul fronte mediorientale; un facilità di fraintendimenti e smarrimenti dove anche i media hanno un ruolo significativo.

La storia si snoda nel Libano di oggi, a Beirut, dove durante i lavori per il restauro di un edificio si accende una lite tra il cristiano-libanese Toni (Adel Karam) e il rifugiato palestinese Yasser (Kamel El Basha). In particolare, Yasser si rivolge alle autorità, sporgendo denuncia, e questo innesca un’amplificazione degli eventi, tanto da sfuggire di mano a tutti. I media, in tale circostanza, cavalcano il caso e lo trasformano in uno scontro interreligioso di portata nazionale.

Il film “L’insulto” tocca una serie di temi centrali nella società attuale. Anzitutto, la necessità di una buona informazione, lontana dalle logiche del profitto e dello scarto; un’informazione che sia capace di raccontare la realtà senza deformazioni o falsificazioni. Questo è il cuore del messaggio di papa Francesco per la 52a Giornata delle comunicazioni. Ancora, il film ci pone dinanzi al tema del favorire un dialogo interculturale e interreligioso, in un mondo sempre più percorso da conflittualità e rivalità, dove soprattutto la religione è spesso utilizzata come terreno di odio e intolleranza anziché di incontro e pacificazione.

Ecco dunque che il film “L’insulto” intreccia con efficacia tali fili narrativi, mettendo in campo un racconto semplice ma al tempo stesso efficace e stratificato. L’opera ci conduce a prendere atto come un semplice accadimento, se gestito senza buonsenso e tolleranza, attraverso una falsificazioni degli avvenimenti, rischia un’escalation pericolosa e ingovernabile.

Il regista Ziad Doueiri compone il film con precisione e abilità, dando al racconto i toni serrati di un legal thriller. Non siamo però in un’aula di tribunale di stampo hollywoodiano, bensì in una regione tra le più contese e dilaniate del Medio Oriente, dove ogni parola assume un peso, diventa pietra. Doueiri si muove con padronanza del mezzo e della materia, ben supportato dagli interpreti. Meritata la Coppa Volpi a Kamel El Basha; forse il premio poteva essere condiviso anche con l’altro interprete.

Un film, pertanto, che per i temi affrontati e il modo in cui gestisce il racconto è senza dubbio adatto per dibattiti e per approfondire il Messaggio del Papa: “La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace”.

 

Valutazione pastorale della Commissione film Cei

A buon diritto, il soggetto può essere inserito tra i cosiddetti ‘film’ che segnano un allarme, accendono una miccia, indagano una ipotesi ad alto tasso di rischio. Insomma non soltanto una storia ma la cronaca, acuta e dettagliata, di come un fatto, piccolo e all’apparenza innocuo, possa montare e sfuggire al controllo di chi lo ha provocato. Al punto che tra le persone protagoniste e la folla di contorno si perde il senso di chi “ha cominciato”, colpe e discolpe si confondono, verità e menzogne finiscono in una dialettica sempre più sterile e i ruoli in tribunale (l’accusa, la difesa, il giudice) si accavallano finendo per sopportare l’aggravio di altre azioni non previste. La Storia si confonde con la storia, le ripicche si sprecano, gli smacchi sconfinano nella filosofia giuridica. Insomma non solo un film ma un film/summa, la sintesi di quello che non vorremmo fare e invece lasciamo che accada, impotenti e inefficaci. Campanello d’allarme incisivo e sostanziale, con una meritata Coppa Volpi per il miglior attore alla Mostra di Venezia 2017. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.

 


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