#RomaFF13. Il punto sui film del settimo giorno: “Stanlio & Ollio”, “Millennium. Quello che non uccide” e “The Green Book”

mercoledì 24 Ottobre 2018
Un articolo di: Sir-Cnvf

Settimo giorno alla Festa del Cinema di Roma. Presentati all’Auditorium Parco della Musica nella Selezione ufficiale il nuovo capitolo della saga “Millennium”, “Quello che non uccide”, firmato da Fede Álvarez, il dramma on the road “Green Book” di Peter Farrelly e il biopic “Stanlio & Ollio” di Jon S. Baird, sull’ultima tournée di Stan Laurel e Oliver Hardy. Ecco il punto del Sir e della Commissione nazionale valutazione film della Cei (Cnvf).

“Stanlio & Ollio”
Stan Laurel e Oliver Hardy erano due attori comici di fama internazionale, a cavallo tra il cinema muto e sonoro, conosciuti nel mondo anglo-americano come il duo Laurel & Hardy, mentre in Italia Stanlio e Ollio (indimenticabile la voce di Alberto Sordi per Ollio). Ora un film inglese targato Bbc li ricorda negli ultimi anni di carriera, con un tour proprio in Inghilterra dopo un periodo di inattività hollywoodiana. La regia del film “Stan & Ollie” è di Jon S. Baird e a dare volto ai due divi sono Steve Coogan (Laurel) e John C. Reilly (Hardy).
“Il racconto del momento conclusivo della carriera dei due grandi comici – afferma Massimo Giraldi, presidente della Cnvf – è visto attraverso una grande gamma di emozioni, divertenti e poetiche, che mettono in luce quanto la vera comicità sia sempre il termometro dei caratteri delle persone. Stanlio e Ollio hanno dimostrato di essere, prima che comici, uomini con paure e sentimenti fortemente realistici, dando sempre grande spazio alla loro amicizia e sodalizio artistico. Con loro il teatro coincide con la vita in tutte le sue forme e manifestazioni”.
“Coogan e Reilly offrono una performance di strepitosa aderenza e bravura”, sottolinea Sergio Perugini, segretario Cnvf: “I due attori entrano nei personaggi con una incredibile somiglianza fisica e gestuale, ma soprattutto li abitano nell’estro e nella genialità della commedia. Lungo la narrazione lasciano comprendere al pubblico il mistero creativo dell’artista e i suoi segreti, non tralasciando complessità e bellezza della componente umana. Una struttura narrativa lineare e quasi prevedibile, ma che tocca le corde alte della poesia e dell’incanto proprio grazie ai due interpreti. Commovente”.
Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, brillante e adatto per approfondimenti e dibattiti.

“Millennium. Quello che non uccide”
In principio c’è la trilogia di romanzi gialli scritti dal compianto Stieg Larsson, “Millennium”, incentrata sul personaggio dell’hacker enigmatica e geniale Lisbeth Salander, ovvero una critica alla società contemporanea e alle sue derive. Dal romanzo al cinema prima in Svezia nel 2009 con protagonista Noomi Rapace. Hollywood poi si è interessata al fenomeno, proponendo nel 2011 il remake del primo film con alla regia l’efficace David Fincher e protagonista Rooney Mara. A distanza di qualche anno e con nuovi romanzi usciti sulla scia di “Millennium”, firmati dallo svedese David Lagercrantz, ecco una nuova avventura cinematografica per il personaggio di Lisbeth. Parliamo di “Millennium. Quello che non uccide” diretto da Fede Álvarez e con Claire Foy (è stata la regina Elisabetta nella serie “The Crown”).
“È innegabile il fascino di un personaggio come quello di Lisbeth – commenta Perugini – e la britannica Claire Foy, dai lineamenti gentili e delicati, fa davvero un accurato lavoro di adesione al difficile personaggio, una giustiziera dark, androgina e dalla psicologia spigolosa. Molto belle le atmosfere glaciali della Svezia, che ammantano il film di suspense. A dire il vero, il contesto da thriller-action tecnologico sembra più vicino al modello ‘007’ o ‘Mission: Impossibile’. La narrazione, infatti, seppur serrata e godibile, dall’evidente alto budget, rischia di essere ben altro rispetto al mondo sfaccettato e vertiginoso ideato da Larson”.
Dal punto di vista pastorale, il film è complesso e problematico, con una necessaria attenzione per i minori per le scene più cruente.

“Green Book”
Dopo aver fatto ridere l’America con commedie sopra le righe, firmate insieme al fratello Bobby, Peter Farrelly dà una svolta alla sua carriera da regista portando sullo schermo la storia vera di Tony Lip, ovvero Frank Anthony Vallelonga, italo-americano che negli Sessanta lavorò nell’ambiente dei nightclub di New York, tra artisti e malavitosi. Dal libro di memorie “Green Book” è stato dunque tratto un film con lo stesso titolo che vede come interprete Viggo Mortensen nei panni di Tony e il premio Oscar Mahershala Ali in quelli del musicista afroamericano Don Shirley.
“Sullo sfondo dell’America di inizio anni ‘60 – rileva Giraldi – Farrelly costruisce un road movie con due figure all’inizio molto distanti tra loro, che però lungo il cammino trovano spazio di incontro e dialogo, persino le sfumature dell’amicizia. Tema centrale è la discriminazione nei confronti degli afroamericani presente in quegli anni in molti Stati americani. Un film dallo stile fluido e incalzante, corredato da un’ambientazione d’epoca e musiche ben riuscite. Attraverso i dialoghi tra i due protagonisti emerge in particolare tutta la complessità della questione razziale. Non mancano di certo segnali di speranza; l’idea che qualcosa di lì a breve possa cambiare”.
Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Articolo originale pubblicato su Agenzia Sir


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