ROMAFF15: Quinto giorno con il giapponese “True Mothers” e il francese “Le discours”. L’Italia c’è con il dramma “Fortuna”

lunedì 19 Ottobre 2020
Un articolo di: Sergio Perugini

Alla 15a Festa del Cinema di Roma, lunedì 19 ottobre, si parla di famiglia, tra affanni, irrisolti e dispersioni brucianti. Anzitutto direttamente dalla selezione ufficiale del Festival di Cannes c’è “True Mothers” della giapponese Naomi Kawase, il racconto in campo-controcampo tra due madri, una biologica e l’altra adottiva; una storia che vira dal dramma alla riconciliazione. Dalla Francia arriva poi la commedia brillante “Le discours” di Laurent Tirard, riflessione sul dialogo familiare e la ricerca di se stessi. Infine, è targato Italia “Fortuna” dell’esordiente Nicolangelo Gelormini, con Valeria Golino, Pina Turco e Libero De Rienzo, un claustrofobico dramma sulle violenze sui minori che prende le mosse dalla cronaca più stretta. Il punto insieme alla Commissione nazionale valutazione film CEI e l’Agenzia SIR.

“True Mothers”
Classe 1969, la regista-sceneggiatrice Naomi Kawase è una delle protagoniste del cinema giapponese contemporaneo, con alle spalle una carriera trentennale. Il suo cinema – suo è “Le ricette della signora Toku” (2015) – si muove tra racconto della società del sol levante e turbamenti dell’animo umano. Il suo sguardo, indagatore ma sempre gentile, richiama molto quello del conterraneo Hirokazu Kore-eda.
Alla Festa del Cinema di Roma presenta “True Mothers” (“Asa ga Kuru”), che prende le mosse dal romanzo di Mizuki Tsujimura. Tokyo oggi, la trentenne Satoko e il marito Kiyokazu sono una coppia benestante, genitori di un bambino di appena cinque anni, Asato. Ben presto si comprende che il piccolo non è il figlio naturale della coppia, ricorsa anni prima all’adozione. La loro quotidianità viene scossa quando la madre biologica, Hikari, si fa viva; la donna, ora ventenne, all’epoca fu costretta a dare via il proprio bambino perché sola e incapace di provvedere al suo futuro. Inizia così un viaggio nelle secche del dolore, nell’esplorazione di sentimenti e paure più acute che si annidano nel cuore di ogni genitore.
La regista Naomi Kawase si confronta con un tema senza tempo, più volte esplorato dalla cinematografia occidentale e orientale. Il suo modo di raccontare l’essere genitori, in particolare l’essere madri, è struggente e delicato insieme: ci mostra un campo-controcampo sulla maternità, non facendo distinguo tra generatrice e adottiva. Da un lato indaga il desiderio che muove Satoko, quello di dare compimento alla propria famiglia con un figlio, superando il problema di infertilità del marito; Sakoto sacrifica tutto per il piccolo Asato, a cominciare dal lavoro e dalla sua indipendenza. L’essere madre arriva prima di ogni cosa. Così quando quella ragazza si presenta alla sua porta, il mondo si capovolge in un pietrificante scherzo del destino; si pone sulla difensiva, assalita dalla paura di essere di nuovo privata della sua maternità.
Dall’altro lato Hikari, la madre generatrice, ci appare sulle prime come “ostile”, colei che vuole sovvertire la stabilità di una famiglia ormai consolidata. La regista, però, è attenta e accurata nel non tratteggiare i personaggi in maniera piatta e prevedibile. Tutt’altro. Ci mostra infatti la vita sofferta Hikari, il suo essere mamma a quattordici anni, totalmente abbandonata dalla propria famiglia e costretta da sola a stare al mondo. Una giovane chiamata a essere adulta prima del tempo, con non poche sofferenze.
Seppure denso di tormenti e affanni, il film “True Mothers” percorre un binario che va dallo smarrimento alla riconciliazione, dalla solitudine alla prossimità. L’umanità che la regista ci presenta soffre sì, ma ha anche il coraggio di rialzarsi e di perdonarsi, nonché aiutarsi vicendevolmente. Un racconto dolente, poetico, emozionante che Naomi Kawase governa con controllo e finezza. Dal punto di vista pastorale “True Mothers” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

“Fortuna”
“Dinanzi a uno dei più sconvolgenti eventi di cronaca italiana, la narrazione è a un bivio: la ricostruzione giornalistica, con gli imputati al banco e le vittime da compiangere, o la completa reinterpretazione dei fatti”. Chiarisce subito i suoi intenti il regista Nicolangelo Gelormini, al suo esordio nel lungometraggio con “Fortuna”. Dinanzi all’orrore della cronaca, a uno dei più agghiaccianti fatti degli ultimi anni, la violenza su bambini indifesi nelle periferie del napoletano, il regista decide di rielaborare il racconto sottraendo i colori foschi, soffocanti, per squarciare orizzonti altri con cui rapportarsi alla storia. Il film: è la storia della piccola Nancy, cresciuta in quartiere difficile, in un palazzo-prigione. La bambina viene soprannominata Fortuna dai compagni di gioco, ma il suo percorso è tutt’altro che nel segno della buona sorte: tra silenzi e sofferenze, finisce nelle mire di un orco.
Come ci racconta Eliana Ariola, membro della Commissione nazionale valutazione film: “A stento si trattengono le lacrime giungendo alla fine del film. Non perché si assista a immagini disturbanti, anzi, il regista con delicatezza accenna ma non mostra, dirotta altrove la macchina da presa. È quel non detto, quel dolore misto all’orrore che si annida nelle zone buie del racconto, che rende tutto difficile, soffocante, intollerabile. Il film ‘Fortuna’, però, si rivela un prodotto valido, misurato, nel raccontare il Male, senza rimanerne invischiato. Una prova che trova la sua forza anche attraverso le convincenti interpreti, Valeria Golino, Pina Turco e la piccola Cristina Magnotti”. Dal punto di vista pastorale il film “Fortuna” è complesso, problematico e adatto per dibattiti per affrontare drammi sociali che divampano nelle famiglie.

“Le discours”
Una commedia frizzante e originale, di matrice tipicamente francese. Parliamo del film “Le discours” del regista Laurent Tirard, classe 1976. La storia: il giovane Adrien è un uomo di quasi quarant’anni con una relazione a corrente alternata e una famiglia piuttosto insistente. A questo si aggiungono attacchi d’ansia, nevrosi e paure verso il domani. L’occasione di tener un discorso al matrimonio della sorella Sophie lo porta a riflettere su se stesso, provando a dare un twist alla propria esistenza. Tre sono i film di riferimento che compongono l’ossatura di “Le discours”, come dice lo stesso regista Tirard: “‘Io e Annie’ per la sua formidabile libertà narrativa, ‘Se mi lasci ti cancello’ per la sua inventiva visiva e la sua poesia, e ‘Aria di famiglia’, un ‘classico’ sui rapporti familiari”.
Dichiara così Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film CEI: “L’opera si muove fin delle prime battute della narrazione nel solco della migliore tradizione della commedia francese brillante. Puntando su un copione pieno di notazioni acute e intelligenti, il film procede fluido e scorrevole, assicurando divertimento e ironia. Una commedia a briglia sciolta, con tocchi di cattiveria stemperati in un sorriso dolce-amaro”. Dal punto di vista pastorale il film “Le discours” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Articolo disponibile anche su Agenzia SIR

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