Una comunità forte e coesa come risposta al male

GMCS n. 11: “22 luglio” di Paul Greengrass, undicesimo film del ciclo proposto da Cnvf e Ufficio comunicazioni sociali CEI per la 53a Giornata mondiale delle comunicazioni

venerdì 12 Aprile 2019
Un articolo di: Massimo Giraldi, Sergio Perugini

“Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti.”. Papa Francesco rinnova la sua esortazione a riannodare i fili della comunità, a non vivere come isole ma a trovare senso come individui proprio nella comunità, una rete di persone solidali e pronte all’inclusione.
Una riflessione, quella del Papa per la 53a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che intercetta bene anche il guadagno del film di Paul Greengrass “22 luglio” (“22 July”), la ricostruzione degli attentati di Oslo nel 2011 che si fa grido composto e vibrante a favore di una rinnovata coesione sociale e riaffermazione dei diritti fondamentali in Europa, valori come tolleranza, pace e accoglienza contro le derive negazioniste o i venti estremisti.
“22 luglio” di Paul Greengrass è stato scelto come proposta del ciclo di 18 film individuati dalla Commissione nazione valutazione film e dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI per approfondire il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2019, «“Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana ».

“22 luglio”, una pagina di cinema per non dimenticare
Il 22 luglio del 2011 la Norvegia ha vissuto il suo momento più buio dalla fine della Seconda guerra mondiale. In un solo giorno, in due luoghi diversi della capitale Oslo, si sono tenuti due attentati per mano del terrorista norvegese Anders Breivik, che ha portato alla morte 77 persone, con oltre 200 feriti. La vicenda è stata raccontata nel libro “Uno di noi. La storia di Anders Breivik” scritto dalla giornalista Åsne Seierstad, cui il regista si è ispirato.
Il film si apre seguendo Breivik che predispone l’attentato allestendo il furgone carico di esplosivo, poi parcheggiato presso i palazzi governativi di Oslo. Nel frattempo, sull’isola di Utøya, poco distante dalla capitale, si radunano numerosi studenti per parlare di futuro e cambiamento in un evento promosso dal Partito Laburista Norvegese. Dopo le 15.00 del 22 luglio una potente bomba esplode nel cuore della città, attirando sul posto gran parte della polizia e delle squadre speciali; questo lascia il tempo a Breivik, vestito come un poliziotto, di raggiungere invece Utøya e assaltare gli studenti già allarmati dall’eco dell’attentato in città.
Il film non è però solo una lucida e serrata ricostruzione dei terribili accadimenti. Greengrass decide di indagare il dopo, cosa succede ai sopravvissuti, alle famiglie delle vittime, alla società norvegese tutta. Ecco così la macchina da presa seguire più storie: i feriti, attraverso il calvario del giovane Viljar (il bravissimo esordiente Jonas Strand Gravli), il difficile compito del primo ministro Jens Stoltenberg, chiamato a dare risposte alla comunità, l’avvocato Lippestad, che accetta con scrupolo la difesa dell’attentatore nel processo, e lo stesso Breivik (efficace il lavoro del talentuoso Anders Danielsen), che con inquietante fermezza dà conto delle sue motivazioni.

Non solo denuncia ma appello all’unità
Greengrass è un affermato regista e sceneggiatore inglese, che negli anni si è fatto conoscere per un cinema di impegno civile e dallo sguardo indagatore; tra le sue opere si ricordano “Bloody Sunday” (2002), “United 93” (2006) e “Captain Phillips” (2013). Lavorando su una materia incandescente come i fatti di Olso, l’autore individua una soluzione narrativa incisiva e misurata, declinando in maniera asciutta le dinamiche dell’attentato, senza smorzarne drammaticità o ferocia. È un’istantanea diretta, secca. Dopodiché il regista affonda lo sguardo nella psicologia dei testimoni, scandagliandone le pieghe della mente e dell’animo, per tratteggiare così un quadro sociale smarrito e bisognoso di risposte.
Colpisce in particolare il racconto del giovane Viljar, ragazzo mutilato e costretto a vivere con delle schegge di proiettile in testa, presagio costante di morte. La sua e quella della sua famiglia è una discesa negli inferi, nella notte buia del Paese, ma anche un lento percorso di risalita verso la vita, il domani. Viljar capisce che per convivere con l’orrore deve guardarlo in faccia. Si mette così in gioco per raccontarlo, per elaborarlo personalmente e socialmente. Accetta infatti di testimoniare al processo, per affermare il bisogno di non cedere alla paura, alle idee tossiche, razziste, divulgate da Breivik.
Il film di Greengrass offre una potente riflessione sul pericolo di derive estremiste e autoritarie nel nostro tempo, nell’Europa di oggi, segnata dalla paura dell’altro. Raccontando il caso di Breivik, è come se Greengrass ci volesse mettere in guarda dallo scivolare verso idee (o ancor di più azioni) estreme, rilanciando al contrario la centralità del dialogo e dell’integrazione. Affrontando a viso aperto i fatti, Greengrass compone un racconto asciutto, aspro e serrato, capace però di non fermarsi alla semplice cronaca, ma di allargare il campo ad aspetti centrali della società contemporanea. Il regista realizza un film compatto e solido, portatore di un messaggio di denuncia e speranza per le giovani generazioni.
Dal punto di vista pastorale, “22 luglio” è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti (il film presenta un divieto per i minori di 14 anni).

Scelta che coniuga contenuti di valore e nuove modalità di fruizione
È stato presentato alla 75a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia il film “22 luglio” firmato dal regista britannico Paul Greengrass, con produzione Netflix come il Leone d’oro “Roma” di Alfonso Cuarón. Il film è stato programmato dal 10 ottobre direttamente sulla piattaforma online per abbonati Netflix, scavalcando il passaggio in sala e home video. La Commissione nazionale valutazione film CEI ha deciso di scegliere l’opera per il ciclo di film legati alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2019 non tanto per gli aspetti legati alla fruizione spettatoriale, all’ampliamento delle modalità di consumo di cinema e audiovisivo disponibili oggi, bensì per il valore culturale dell’opera e le importanti implicazioni sociali. Il film infatti ha ottenuto la menzione speciale del premio cattolico Signis a Venezia, con la seguente motivazione: “Raccontando il massacro di tanti giovani in Norvegia nel 2011, [il film rappresenta] un monito per le giovani generazioni e per la comunità tutta a non lasciarsi influenzare dalla paura dell’altro, da idee estreme e violente, ma a saper trovare la via del dialogo e dell’inclusione”.


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