Venezia76: secondo giorno alla Mostra. I film in concorso “The Perfect Candidate” e “Marriage Story”

venerdì 30 Agosto 2019
Un articolo di: Sir-Cnvf

Secondo giorno, 29 agosto, alla 76ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Il direttore artistico Alberto Barbera schiera subito l’“artiglieria pesante” con tre film di forte impatto: “The Perfect Candidate” di Haifaa Al Mansour e “Marriage Story” di Noah Baumbach. Il punto sulle proiezioni direttamente dal Lido di Venezia con il Sir e la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei.

“The Perfect Candidate”
È una pioniera del cinema arabo la regista Haifaa Al Mansour (classe 1974), la prima autrice a girare a Riyad con il suo film d’esordio “La bicicletta verde” (2012). La Mansour ha presentato oggi a Venezia 76 il suo nuovo film “The Perfect Candidate”, con cui si confronta nuovamente con la condizione della donna nella società araba. È la storia di una giovane dottoressa che lavora in un ospedale di provincia, tra resistenze e molti pregiudizi. Per una serie di circostanze, decide di candidarsi al consiglio comunale battendosi perché venga asfaltata la strada di accesso alla struttura ospedaliera – da tempo inagibile – e principalmente perché la voce delle donne sia ascoltata anche in politica.
“Haifaa Al Mansour” – sottolinea Massimo Giraldi, presidente della Cnvf e membro della giuria cattolica Signis al Festival – “mette ancora una volta al centro della vicenda un personaggio femminile moderno, che si ribella contro le rigidità del sistema sociale e familiare. Una ribellione, però, che non assume le forme della dura rivendicazione, ma sceglie la via della morbidezza, la semplicità della fiaba. Girato con padronanza e leggerezza, il film è uno sguardo locale dal potente respiro internazionale in un momento di forte attenzione alla condizione femminile”.
“I temi alla Ken Loach ci sono tutti, ma la declinazione è prudente e composta smarrire incisività” – rilancia Sergio Perugini, segretario della Cnvf e membro della giuria Signis – “La regista non si scontra a viso aperto con la tradizione socio-culturale del proprio Paese, ma avanza un’idea di progresso e libertà. L’opera indaga con efficacia lo scenario sociale, lavorativo, ma anche il tessuto domestico e familiare. Il film propone significativi guadagni sul rapporto di solidarietà tra sorelle nonché di comprensione e accoglienza tra padre e figlia”. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto senza dubbio per dibattiti.

“Marriage Story”
Noah Baumbach è un regista e sceneggiatore newyorkese classe 1969. Al suo attivo ha una decina di film tra cui “Il calamaro e la balena” (2005) e “Frances Ha” (2012). Qui alla Mostra presenta “Marriage Story”, produzione Netflix, un mélo sulla crisi di coppia, che si configura quasi come un omaggio hollywoodiano al classico di Ingmar Bergman “Scene da un matrimonio” (1973). La storia: Charlie (Adam Driver) e Nicole (Scarlett Johansson) sono sposati da anni, con un bambino preadolescente. Lui è un regista teatrale in forte ascesa nel panorama di New York, lei è la sua musa nonché fulcro della dimensione familiare. Un quadro perfetto che si incrina quando emergono insoddisfazioni e silenzi.
“Non calca solo tasti drammatici il regista Baumbach” – dichiara Giraldi – “Il film infatti è sì un confronto serrato tra due persone che si amano e ora non si trovano più, ma offre inoltre delle istantanee ironiche e godibili sulle dinamiche familiari così come sulla società statunitense, in costante ricerca della ribalta nel mondo dello spettacolo. Il regista fa muovere i protagonisti tra New York e Los Angeles, richiamando il diverso standard socio-culturale tra le due città”.
“È vero, c’è traccia di Bergman nel film di Baumbach, ma anche di Woody Allen”. Così rimarca Perugini, che aggiunge: “È la storia di un matrimonio che implode, analizzato in ogni sua sfaccettatura, compresa l’estenuante e tragicomica trafila giudiziaria. Il film oltre a essere ben scritto e diretto acquista forza grazie all’eccellente prova degli attori Driver e Johansson. Soprattutto Adam Driver si rivela versatile e sorprendente, ipotecando una nuova Coppa Volpi qui al Festival dopo quella vinta nel 2014”.Dal punto di vista pastorale, il film è complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Articolo originale pubblicato su Agenzia SIR


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