Interpreti e ruoli
Zorica Nusheva (Petrunya), Labina Mitevska (La giornalista), Simeon Moni Damevski (L'ispettore capo), Suad Begovski (Il Pope), Stefan Vujisic (L'ufficiale Darko), Violeta Sapkovska (La madre), Petar Mircevski (Stoyan)
Soggetto
Petrunya ha 32 anni, vive nella cittadina macedone di Štip, è laureata in storia ed è disoccupata. Rientrando a casa dopo un colloquio di lavoro andato male, s’imbatte in una cerimonia ortodossa il cui rituale prevede che il prete getti una piccola croce nel fiume e che gli uomini si precipitino a recuperarla….
Valutazione Pastorale
“Dio è donna e si chiama Petrunya” è il quinto lungometraggio della macedone Teona Strugar Mitevska, vincitrice del premio Lux del Parlamento europeo ed è ispirato a una storia vera. La protagonista è una giovane donna, laureata e disoccupata, in sovrappeso e non bella, o meglio, diversa dagli stereotipi di bellezza femminile oggi vigenti, che si trova per caso – sta tornando da un colloquio di lavoro inutile e umiliante – coinvolta in una cerimonia religiosa ortodossa riservata agli uomini che devono recuperare una croce gettata nel fiume dal Pope: chi lo fa potrà godere di felicità e prosperità per l’intero anno. Seguendo l’istinto Petrunya si tuffa e recupera la croce; la reazione è immediata: i maschi l’accusano di aver rubato e cercano di portargliela via a ogni costo. Qualcuno gira un video che finisce su YouTube attirando l’attenzione di una reporter che prende sempre più a cuore la storia della giovane che viene portata alla stazione di polizia e qui trattenuta, anche se non arrestata. Comincia una serie di colloqui con poliziotti, magistrati e con lo stesso Pope che tentano in tutti i modi di convincerla a restituire la croce in nome di una tradizione che ormai è poco più che superstizione. La giovane non si lascia intimidire e, usando l’ironia e una calma al limite dell’indisponenza, riesce a ribattere tutte le scarsissime argomentazioni dei suoi accusatori; argomentazioni che poi si riducono a una: tu sei una donna e una donna non può. Il film è un potente atto di accusa nei confronti di una società ancora pesantemente maschilista. Il tema religioso è solo sfiorato, è il punto di partenza, ma non è il cuore del racconto. La regista tratteggia una donna con la sensibilità e lo sguardo di una donna – particolarmente interessanti e riuscite sono le inquadrature, decisamente originali, con le quali segue la protagonista nei vari spazi in cui si muove: la sua stanza, la fabbrica, il posto di polizia…. Notevole l’interpretazione di Teona Mitevska, che usa con maestria lo sguardo più che le parole, e tutta la sua prorompente fisicità. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria e in successive occasioni di dibattito per riflettere sulla disparità uomo-donna nella società e sulle problematiche riguardanti il lavoro.