Cannes 2016 – MONEY MONSTER con Clooney, Roberts – Regia di Jodie Foster – Convenzionale e prevedibile

giovedì 19 Maggio 2016
Un articolo di: Redazione

Soggetto: famoso conduttore televisivo, Lee Gates si prepara ad una nuova puntata di “Money Monster”, programma sul mondo della finanza di tale successo che llui è stato soprannominato il “Mago di Wall Street”. Poco dopo l’inizio della trasmissione, un giovane, entrato non si sa come in studio, prende in ostaggio Gates, lo minaccia con la pistola e lo accusa di aver causato la rovina del suo risparmio con consigli d’investimento sbagliati. In regia, la producer Patty Fenn prova in tutti i modi a salvarlo…

Valutazione Pastorale: Prima che la storia entri nel vivo, passa il tempo necessario a far capire con dovizia di particolari in cosa consiste il lavoro di imbonitore di Lee. Quando è chiaro che si tratta di un uomo che con i racconti sulla finanza fa spettacolo e anche divertimento, allora può entrare in scena il ragazzo, ossia Kyle. Qui dovrebbe cominciare un altro film, e invece è proprio il contrario. Perché è certamente interessante vedere quali strategie mettono in atto Lee e Patty Fenn per venirne fuori, ma a dire il vero più il tempo passa più l’azione diventa convenzionale e la soluzione inclina verso un finale di basso profilo. In regia Jodie Foster fa grandi sforzi per mostrarsi originale, ma il copione somiglia terribilmente a “Inside man”, un thriller del 2006 firmato Spike Lee, dove la Foster lavora accanto a Denzel Washington e Cliwe Owen con molti richiami al copione di oggi. La sceneggiatura prova a depistare i fatti, a costruire una sorta di thriller psicologico, a mettere in scena una resa dei conti tra beffatori e beffati del grande circo dell’economia. Qualche passaggio funziona ma in generale molta azione si chiude un po’ su se stessa. Forse con tanti attori importanti, a rimetterci è il film stesso che offre loro lo spazio giusto a scapito di un ritmo che poteva essere più asciutto, freddo, incisivo. Il problema della economia fasulla, che aggredisce da troppo tempo l’economia americana, è spiegato fino a quando non entrano in ballo hacker e esperti di tecnologia, algoritmi e simili, che girano il mondo e provano a sfatare miti e misteri. Qualche confusione dunque dentro un gioco che si fa terribilmente serio ma non è all’altezza filmica di altri titoli recenti quali “The company men” (2011). La regia della Foster sembra meno sicura che non, ad esempio, in “Il mio piccolo genio”, suo film d’esordio nel 1992. Dal punto di vista pastorale, l’assoluta professionalità rende il film spettacolare e da valutare come consigliabile, problematico ma anche privo di suspense e grinta.

Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come prodotto di buon livello formale, anche se non impeccabile quanto a ritmo e tensione.


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