Cinema neorealista: “catechesi” di umanità

mercoledì 3 Maggio 2017
Un articolo di: Redazione

Riprendendo la riflessione di papa Francesco a Milano, a partire dal film “I bambini ci guardano” di Vittorio De Sica, una proposta cinematografica per riscoprire il cinema di ieri capace di dare un contributo significativo anche oggi

 Massimo Giraldi, Sergio Perugini

 

“I nostri figli ci guardano continuamente […] ‘I bambini ci guardano’: questo è il titolo di un film di Vittorio De Sica del ‘43. Cercatelo. Cercatelo. […] E, fra parentesi, a me piacerebbe dire che quei film italiani del dopoguerra e un po’ dopo, sono stati – generalmente – una vera ‘catechesi’ di umanità” (Francesco, 25 marzo 2017). Con queste parole papa Francesco si è rivolto ai ragazzi cresimati nello stadio di San Siro, in occasione della visita pastorale a Milano, un invito alla (ri)scoperta di classici della storia del cinema italiano, relativi al periodo del neorealismo tra la fine della seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. Film capaci di rivelarsi, come ha sottolineato il Papa, “catechesi” di umanità, per le storie di povertà e umanità, esistenze alla deriva ma pronte a tenersi aggrappate alla vita. Il cinema neorealista italiano è stato al centro di molti dibattiti, dalle sedi accademiche agli articoli sulla stampa quotidiana o riviste di settore, dibattiti intenti a tracciarne la portata socio-culturale (Cfr. G.P. Brunetta, Il cinema neorealista italiano, Laterza 2009; L. Venzi, Incontro al neorealismo, EdS 2008). Non sono mancati poi approfondimenti sull’accoglienza del cinema neorealista in ambiente cattolico o nella dimensione della politica. Un esempio è quanto detto da Giulio Andreotti in occasione dell’uscita di “Umberto D.” (1952) di Vittorio De Sica: “I panni sporchi si lavano in famiglia”, mettendo in guardia sulle conseguenze negative che potevano emergere da uno sguardo autentico e impietoso della realtà italiana. Papa Francesco oggi richiama i film neorealisti per la loro capacità di mostrare la realtà nella sua complessità; un’umanità colta in affanno, ma raccontata con uno sguardo pieno di tenerezza e misericordia. Ecco dunque una proposta di titoli da (ri)vedere, per riannodare i fili con la memoria del passato e allargare il nostro campo di visione.

 

“I bambini ci guardano” (1943) di Vittorio De Sica

Tratto dal romanzo “Pricò” di Cesare Giulio Viola, “I bambini ci guardano” è sceneggiato dal regista Vittorio De Sica insieme a Cesare Zavattini (ed altri autori) ed è considerato con “Ossessione” (1942) di Luchino Visconti il momento fondante dello sguardo neorealista. Il film presenta la storia del piccolo Pricò che vive in una famiglia lacerata, dai legami sfaldati: una madre distaccata, centrata su se stessa, e un padre fragile, incapace di proteggerlo. Con un tema “inedito” per gli anni ‘40 e spinoso ancora oggi, l’opera è narrata dalla parte dell’infanzia, chiamata a subire silenziosamente gli atteggiamenti degli adulti. Un invito a tutelare i più piccoli quando intorno la famiglia deraglia.

 

“Roma, città aperta” (1945) di Roberto Rossellini

Tra i film manifesto del cinema neorealista troviamo certamente “Roma, città aperta” (1945) di Roberto Rossellini, che affronta le dinamiche della resistenza nella Capitale, attraverso le figure di Pina (Anna Magnani), coraggiosa madre di famiglia e di don Pietro Pellegrini (Aldo Fabrizi) – personaggio ispirato a vere figure di sacerdoti -, pronto a prodigarsi per i bisognosi. Pagine dolorose raccontate da Rossellini con occhio sincero ed asciutto, ma non privo di emozioni. Il regista si tiene lontano da inutili abbellimenti o falsi pietismi.

 

“Paisà” (1946) di Roberto Rossellini

La guerra e la liberazione dell’Italia, da Sud a Nord, attraverso sei episodi diretti da Roberto Rossellini e scritti dal regista insieme a Federico Fellini, Sergio Amidei e Vasco Pratolini. “Paisà” rientra nella cosiddetta “trilogia della guerra” insieme a “Roma città aperta” e “Germania anno zero” (1948) e risulta quasi un “instant movie” degli avvenimenti ancora in corso, la fine delle ostilità e il ruolo decisivo della resistenza. Storie corali, attori non professionisti, emozioni controllate e sguardo asciutto.

 

“Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica

È ispirato al romanzo di Luigi Bartolini “Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica, sceneggiato con Cesare Zavattini; il film rappresenta uno dei pilastri del cinema neorealista e indubbiamente uno dei vertici espressivi della collaborazione tra De Sica e Zavattini. “Ladri di biciclette” inquadra un Paese che prova faticosamente a rimettersi in cammino, tra le difficoltà del quotidiano. Troviamo un padre che fa di tutto per sfamare la propria famiglia, ma la flebile speranza di riscatto si infrange quando gli viene sottratta la bicicletta. Con uno sguardo attento alla realtà, utilizzando attori presi dalla strada, De Sica suscita emozioni forti, compassione e partecipazione dinanzi alla disperazione di un padre e di un figlio.

 

“La terra trema” (1948) di Luchino Visconti

Prendendo le mosse dal romanzo di Giovanni Verga, “I Malavoglia”, il film “La terra trema” di Luchino Visconti rientra nel periodo di massima espressione ma anche di epilogo del neorealismo. Racconto del reale, con uno sguardo in sottrazione, il film presenta una messa in scena povera, sobria, senza ricorrere ad attori professionisti. Ci troviamo in Sicilia, dove i pescatori che si barcamenano per sopravvivere al mercato, allo sfruttamento. Scritto insieme ad Antonio Pietrangeli, “La terra trema” si affianca alle rappresentazioni degli ultimi in un Paese ancora fortemente in ginocchio. Umanità dolente ma pronta a cambiare, a rimettersi in marcia.

 

Articolo originale pubblicato su AgenSIR: http://agensir.it/italia/2017/04/28/cinema-neorealista-catechesi-di-umanita/


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