Disabilità oltre gli stereotipi: in sala “Campioni” e su Apple TV+ “Still”

venerdì 19 Maggio 2023
Un articolo di: Sergio Perugini

Racconti (stra)ordinari. Nuove pagine di cinema che aiutano ad abbattere luoghi comuni sulla disabilità. In sala dal 31 maggio con Universal Pictures “Campioni” (“Champions”), commedia di matrice sociale diretta da Bobby Farrelly con Woody Harrelson, remake dello spagnolo “Campeones”: storia a stelle e strisce di un coach chiamato ad allenare una squadra di basket composta da giovani con sindrome di Down. Commedia acuta e brillante, che fa bene al cuore. Su Apple TV+ dal 12 maggio il documentario “Still” diretto dal Premio Oscar Davis Guggenheim, un intenso e coinvolgente ritratto dell’attore Michael J. Fox, icona del cinema hollywoodiano anni ’80 che dall’età di 29 anni presidia una serrata battaglia contro il Parkinson. Il film “Still” ci conduce nelle pieghe della sua storia, esplorando il sogno americano ma anche i tornanti difficili della malattia. Una narrazione non impantanata nel dolore, bensì accesa di resilienza e fiducia. Il Punto Cnvf-Sir.

“Campioni” (Cinema, 31.05)
Alla base c’è la commedia spagnola “Campeones” (2018) di Javier Fesser – uscita in Italia con il titolo “Non ci resta che vincere” –, Premio Goya miglior film e per l’attore Jesús Vidal. Parliamo di “Campioni”, film hollywoodiano targato Focus Features – Universal e diretto da Bobby Farrelly, autore insieme al fratello Peter di commedie sopra le righe, da risate a briglia sciolta, come “Scemo & più scemo” (1994) e “Tutti pazzi per Mary” (1998). Da solista, Bobby Farrelly ha riadattato l’opera spagnola insieme allo sceneggiatore Mark Rizzo, coinvolgendo come protagonista il sempre bravo Woody Harrelson. Un racconto che mette a tema sport e disabilità, attraverso il filtro della commedia sociale di taglio brillante che punta a erodere pregiudizi e luoghi comuni sulle persone con sindrome di Down.
La storia. Iowa oggi, Marcus (Woody Harrelson) è un allenatore di basket di una lega minore, in cerca di una porta d’accesso al campionato Nba. Il suo temperamento e le sue esplosioni di rabbia però non lo aiutano. Perde il lavoro e ubriaco al volante si scontra con una pattuglia della polizia: viene condannato così a scontare 90 giorni di lavori socialmente utili allenando una squadra di giovani con disabilità intellettive, i Friends. Controvoglia Marcus si presenta nella nuova palestra, pensando a come uscire da quel vicolo cieco, ma l’incontro con i Friends lo farà ricredere avviando in lui un lento e irreversibile cammino di cambiamento, di riscatto…
Vero, è l’ennesimo remake a stelle e strisce, che potrebbe apparire sulle prime insipido, una minestra riscaldata. Invece, se si è disposti a lasciarsi contagiare dal ritmo frizzante del racconto, si scoprono sfumature e suggestioni acute e rilevanti. “Campioni”, infatti, si muove sul tracciato-connubio tra sport e persone con disabilità in una prospettiva educativa (simile è “Crazy for football” del 2021 di Volfango De Biasi), con l’obiettivo di uno storytelling originale sulla disabilità. La commedia, infatti, tra battute scoppiettanti e scene coinvolgenti, sottolinea come i ragazzi con sindrome di Down abbiano diritto ad avere un lavoro, un’indipendenza economica e abitativa, compresa la possibilità di vivere relazioni sentimentali ed esprimere la propria sessualità. Insomma, persone che rivendicano il diritto a una vita piena, senza sconti o limitazioni.
“Campioni” riesce a scardinare rigidità e stereotipi? È sulla strada giusta, facendo perno sulla commedia acuta e anche un po’ irriverente. E poco importa se a volte il racconto sembra un po’ accompagnato, in cerca di una risata facile, oppure se la regia sembra accontentarsi qua e là di soluzioni semplici o prevedibili, perché il corpus del film dimostra di certo densità e valore, a partire dallo sguardo sui protagonisti: un team di giocatori di basket con sindrome di Down che entusiasma e trascina lo spettatore in una giostra di risate ed emozioni radiose, mai prive di riverberi di senso. Un ritratto della nostra società che si gioca tra realismo e sogno d’inclusione possibile oltre gli steccati del pregiudizio.
Insieme all’efficace capofila Woody Harrelson bene anche i comprimari Kaitlin Olson, Ernie Hudson e Cheech Marin. Ma le vere star di “Campioni” sono i giovani che danno volto ai Friends: Madison Tevlin (Cosentino), Joshua Felder (Darius), Kevin Iannucci (Johnny), Ashton Gunning (Cody), Matthew Von Der Ahe (Craig), Tom Sinclair (Blair), James Day Keith (Benny), Alex Hintz (Arthur), Casey Metcalfe (Marlon) e Bradley Edens (Showtime). Come loro, anche i doppiatori italiani, i giovani con sindrome di Down, grazie alla collaborazione tra Studio 3Cycle e l’Accademia “L’Arte nel cuore”. Magnifici tutti! Film raccomandabile, semplice, per dibattiti.

“Still” (Apple TV+, 12.05)
Un’icona della commedia hollywoodiana anni ’80 allo specchio. È Michael J. Fox, attore della trilogia cult “Ritorno al futuro” (“Back to the Future”, 1985-90) di Robert Zemeckis come pure della sit-com “Casa Keaton” (“Family Ties”, 1982-89), che ha deciso di raccontarsi a tuttotondo in un documentario targato Apple TV+. Parliamo di “Still” diretto dal premio Oscar Davis Guggenheim (“Una scomoda verità”, 2006), che ci porta a ripercorrere ascesa, carriera e ruoli che hanno reso memorabile il giovane talento che ha incarnato il sogno americano, colui che da una condizione modesta è riuscito a sfondare nell’industria dei sogni a stelle e strisce diventando il popolare volto di commedie in vetta al botteghino. Oltre all’inossidabile “Ritorno al futuro”, sono da ricordare “Voglia di vincere. Teen Wolf” (1985) di Rod Daniel, “Doc Hollywood” (1991) di Michael Caton-Jones, “Amore con interessi” (1993) di Barry Sonnenfeld e in “Il presidente. Una storia d’amore” (1995) di Rob Reiner. Negli stessi anni gira anche il dramma bellico “Vittime di guerra” (1989) di Brian De Palma.
Idolo di un pubblico di ragazzi, ma non solo, principalmente per il ruolo di Marty McFly alle prese con le strampalate invenzioni del suo amico “Doc”, Emmett Brown (Christopher Lloyd), anche nella vita privata Michael J. Fox sembrava non sbagliare un colpo: sul set di “Casa Keaton” conosce la collega Tracy Pollan, che sposa e con la quale ha quattro figli. Insomma, il sogno americano in tutti i sensi. Peccato che all’età di 29 anni Michael J. Fox abbia dovuto fronteggiare una diagnosi medica spiazzante: Parkinson precoce. Un buco nero, che inizialmente ha tenuto solo per sé, aggrappandosi al lavoro e alla bottiglia. Giunto a un vicolo cieco, l’attore con l’aiuto della sua famiglia ha fatto pulizia e ha affrontato pubblicamente il problema: nel 1998 ha raccontato ai media il suo calvario, scendendo in campo per sostenere la ricerca scientifica sulla malattia.
Il documentario “Still” di Guggenheim ci aiuta a ripercorrere tutto questo, alternando un’intensa intervista oggi a Michael J. Fox con immagini di repertorio tra set e dietro le quinte. Da rimarcare è proprio lo stile dell’intervista: l’attore si è messo in racconto con grande sincerità e naturalezza, mostrando tutto di sé, comprese la difficoltà nel camminare, le cadute, le sessioni di fisioterapia o di logopedia, il modo per tenere a freno i tremori. Uno sguardo ravvicinato, onesto, ma anche profondamente luminoso e autoironico.
Michael J. Fox ha dimostrato ancora una volta la sua grandezza: poteva essere messo all’angolo, anzi al tappeto, dal male, ma al contrario ha mostrato con resilienza e dignità il suo essere protagonista anche in questo nuovo racconto. Non una narrazione strappalacrime ed emotivamente ricattatoria, bensì il ritratto schietto di una condizione di affanno, di disabilità indotta dalla malattia, mettendo però in primo piano l’uomo, il suo vivere comunque un’esistenza in pienezza accanto a una famiglia presente e avvolgente. Un racconto intessuto di un senso di libertà e di fiducia, al di là della patologia: la storia di un uomo straordinario, sul set e nella vita di tutti i giorni. “Still” è un documentario da non lasciarsi sfuggire, acuto ed emozionante. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

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