La serie tv è in distribuzione sulla piattaforma Now di Sky
Interpreti e ruoli
Jared Harris (Valerij Alekseevič Legasov), Stellan Skarsgard (Boris Evdokimovič Ščerbina), Emily Watson (Ulana Jurivna Khomjuk), Jessie Buckley (Ljudmila Ignatenko), Paul Ritter (Anatolij Stepanovič Djatlov), Con O'Neill (Viktor Petrovyč Brjuchanov), Michael McElhatton (Andrej Stepašin), Barry Keoghan (Pavel Gremov)
Soggetto
La miniserie riscostruisce l’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl nella notte del 26 aprile 1986. L’inizio di una catastrofe umanitaria e ambientale nel cuore dell’Europa...
Valutazione Pastorale
Un piccolo fenomeno nel panorama televisivo 2019. Parliamo della miniserie “Chernobyl”, di matrice anglo-americana, in 5 puntate in tutto, diretta dal regista Johan Renck e scritta da Craig Mazin, una produzione del network statunitense HBO. Alla 71a edizione degli Emmy Awards, i riconoscimenti più rilevanti della Tv, ha ottenuto tre premi pesanti: miglior miniserie, regista e sceneggiatore; ai Golden Globe 2020 poi si è aggiudicata ugualmente la statuetta nella categoria miniserie e per l’attore non protagonista Stellan Skarsgård.
La storia: I giorni di Chernobyl. Tutto inizia dall’esplosione del reattore 4 nella centrale nucleare di Chernobyl, nel cuore della notte di quell’aprile 1986, alla concitata sequela di azioni successive: tecnici disorientati dall’accaduto, squadre di vigili del fuoco intente a sedare l’inarrestabile rogo, tutti ignari della presenza corrosiva di radiazioni fuori controllo. Poi le telefonate con i tavoli del potere nella capitale sovietica, dove si fatica a comprendere l’accaduto (inammissibile per una super potenza). Il racconto si stringe infine sulle indagini e le azioni dello scienziato Valerij Legasov, chiamato a trovare risposte, un modo disperato per contenere tale disastro. Accanto a lui c’è Boris Shcherbina, uomo di apparato, che seppure inizialmente scettico supporta con vigore Legasov. Con loro due (figure realmente esistite) c’è anche la scienziata Ulana Khomyuk, personaggio di finzione pensato per dare volto ai tanti esperti in prima linea in quei giorni disperati.
“Chernobyl” è una ricostruzione lucida, accurata, stupefacente, del disastro nella centrale nucleare sovietica avvenuto nell’aprile del 1986. È una cronaca serrata degli avvenimenti scatenati dal sito nucleare, un esplorare graduale, sordo, fatti e azioni degli uomini del tempo, ora eroiche ora meschine. Nelle cinque puntate – Ep. 1 “1:23:45”, Ep. 2 “Please Remain Calm”, Ep. 3 “Open Wide, O Earth”, Ep. 4 “The Happiness of All Mankind”, Ep. 5 “Vichnaya Pamyat” – passiamo dalla calma apparente, che precede il disastro, alla vertigine di emozioni implacabili dinanzi al susseguirsi degli eventi: sconvolgimento, sconforto, rabbia, dolore, tanto dolore, e poi infine misericordia.
Vedere “Chernobyl” non è un’esperienza facile. Ci vuole stomaco, forza, per sostenere lo sguardo dinanzi a immagini così atroci, a vite di uomini, di famiglie, del creato, violentate e “sprecate” dall’incuria umana. In questo la regia asciutta di Johan Renck non fa sconti, le immagini sono di un realismo a tratti sconvolgente. Un realismo però necessario.
Tra gli episodi in particolare da approfondire è l’ultimo, il quinto, “Vichnaya Pamyat”, dove emerge con forza il racconto della verità, dove l’eroismo di uomini comuni si impone sulle falsità diffuse e sugli atteggiamenti omertosi. Non c’è più spazio per la menzogna, ma solo per la testimonianza, che infonde così a un racconto fosco e ansiogeno una luce di speranza.
È una visione però necessaria, per fare memoria del passato. Come il cinema e la fiction tv sulla Shoah sono stati (e tuttora sono) determinanti per il processo di elaborazione collettiva dell’Olocausto, così la serie “Chernobyl” è altrettanto preziosa per richiamare un passato più recente, che ha ancora così tante contaminazioni con l’oggi.
“Chernobyl” è un modo di fare televisione da servizio pubblico, con una qualità di racconto eccellente, che nulla invidia al cinema. E poi gli attori Jared Harris, Emily Watson e Stellan Skarsgård sono di una bravura imbarazzante, capaci di accompagnare lo spettatore in stati crescenti di allarmismo, indignazione e poi resilienza. Da punto di vista pastorale la miniserie è consigliabile, problematica e adatta per dibattiti. La visione è da riservare, per i temi e le immagini in campo, a un pubblico adulto o adolescente accompagnato.
Utilizzazione
La visione è da utilizzare di certo per dibattiti sulla storia del XX secolo, mettendo a tema l'ecologia, la memoria comune e la sicurezza sul lavoro. La visione è da riservare, per i temi e le immagini in campo, a un pubblico adulto o adolescente accompagnato.