E DIO CREÒ LA DONNA

Valutazione
Inaccettabile, Licenzioso
Tematica
Genere
Commedia
Regia
Roger Vadim
Durata
100'
Anno di uscita
1988
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
AND GOD CREATED WOMAN
Distribuzione
Columbia Tri Star Films Italia
Soggetto e Sceneggiatura
R.J. Stewart
Musiche
Thomas Chase, Steve Rucker
Montaggio
Suzanne Petit

Sogg. e Scenegg.: R.J. Stewart - Fotogr.: (panoramica/a colon) Stephen M. Katz - Mus.: Thomas Chase, Steve Rucker - Montagg.: Suzanne Petit - Dur.: 100' - Produz.: Vestron Pictures, Sruw Productions

Interpreti e ruoli

Rebecca De Mornay (Robin), Vincent Spano (Billy Moran), Frank Langella (James Tiernan), Donovan Leitgh (Peter), Judith Champman (Alexandra), Ben Puton (Immate), Jaine Mc Ennan (Timmy), David Lopez, Einstein Brown

Soggetto

scappata dal riformatorio (dove è rinchiusa per furto d'auto e tentato passaggio di frontiera con un amico), la giovane Robin, trovata per strada, vi è ricondotta dalla lussuosa macchina di James Tiernan, aspirante alla carica di Governatore e che sostiene la necessità di una riforma carceraria. La ragazza gli chiede il suo appoggio: potrebbe avere la libertà provvisoria sposandosi con qualcuno che per lei dia affidamento. Per 5.000 dollari, Robin propone a Billy Moran, che nel riformatorio lavora come idraulico, il matrimonio. Da prima perplesso sul buon esito dell'operazione (intanto ha già posseduto la ragazza nella palestra) lui alla fine accetta. Ormai fuori (sempre sotto la vigilanza dell'agente Willis), Robin si porta bene, ma in casa, dove Moran vive con un figlioletto di sette anni e un fratello, le cose vanno come la donna decide: faccende sì, cucina niente e rapporti coniugali zero. Moran è un ottimo ragazzo, arriva perfino a rendere a lei i soldi ricevuti, perché quella vita anomala non gli va per nulla a genio. Intanto Robin diventa praticamente l'amante di Tiernan e, per conto proprio, ha messo su un complessino di un certo successo, dove canta le canzoni scritte quando era in riformatorio. Le sue esibizioni, però, irritano Moran e lei, perdendo il lavoro mette in testa all'uomo politico di assicurargli con la propria musica e i suoi suonatori un po' di battage elettorale. Poi la pace subentra tra i due coniugi. Sfortunatamente un giorno, in cui, visitando un piccolo museo dove Moran lavora come restauratore, essi fanno l'amore, i loro amplessi sono colti dalla macchina fotografica di un tizio durante l'accesso di un gruppo di turisti. L'agente Willis porta la foto assai esplicita a Tiernan che, preoccupato per la pubblicità che da ciò può derivare, fa intervenire la polizia per sciogliere il complessino di Robin, la quale fugge. Ormai infrante le norme che disciplinano la libertà provvisoria, la ragazza dovrebbe tornare al carcere per scontare la residua pena. Durante la festa che accompagna il successo elettorale di Tiernan, lei ottiene di cantare un'ultima volta e intona così un suo "inno alla nuova vita". E Tiernan la rimanda a casa, dove questa volta Moran l'avrà tutta per sé nell'amore reciproco ormai profondo.

Valutazione Pastorale

circa trent'anni fa Roger Vadim diresse l'omonimo film, che lanciò definitivamente in Italia Brigitte Bardot (sotto il titolo "Piace a troppi"). Quale mai stato di fragilità senile e di insipienza anche registica dopo quello scandalo e quel successo che furono memorabili abbiano suggerito a Vadim di buttarsi in questo autoremake resta un vero mistero. Pur cambiando attrice e luogo (siamo ora nel Nuovo Messico), l'operazione si risolve in un fumetto assolutamente piatto e stupido. Non vi è di fatto nulla che abbia un qualche spicco, nè alcun elemento di interesse. Al selvaggio fascino della Bardot succede qui Rebecca de Mornay nelle (scarse) vesti di Robin. Quello che resta di Vadim (però incredibilmente attutito e senza smalto) è il suo istinto libertino, con una licenziosità spesso affannosa e penosa e con volgarità che con l'eleganza dell'autentico libertinaggio nulla hanno a che fare.

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