Empire of Light

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Amicizia, Amore-Sentimenti, Arte, Cinema nel cinema, cinema/storia, Disabilità, Dolore, Donna, Educazione, Famiglia, Famiglia - genitori figli, Lavoro, Malattia, Musica, Politica-Società, Povertà, Psicologia, Razzismo, Solidarietà
Genere
Drammatico, Sentimentale
Regia
Sam Mendes
Durata
119'
Anno di uscita
2023
Nazionalità
Regno Unito, Stati Uniti
Titolo Originale
Empire of Light
Distribuzione
Searchlight Pictures, Walt Disney Studios Motion Pictures
Soggetto e Sceneggiatura
Sam Mendes
Fotografia
Roger Deakins
Musiche
Trent Reznor, Atticus Ross
Montaggio
Lee Smith
Produzione
Sam Mendes, Pippa Harris. Casa di produzione: Neal Street Productions, Searchlight Pictures

Candidato per la migliore fotografia di Roger Deakins ai 95mi Academy Award, Premi Oscar

Interpreti e ruoli

Olivia Colman (Hilary ), Micheal Ward (Stephen ), Colin Firth (Mr. Ellis ), Toby Jones (Norman), Tom Brooke (Neil), Tanya Moodie (Delia, madre di Stephen ), Hannah Onslow (Janine), Crystal Clarke (Ruby)

Soggetto

Contea del Kent, 1980-81. Nella cittadina costiera di Margate è situato lo storico Cinema Empire, punto di ritrovo della comunità. Diretto dall’ambizioso Mr. Ellis, l’Empire è animato da un gruppo operoso di dipendenti. Tra loro Hilary, la vice di Mr. Ellis, una donna silenziosa e gentile, chiamata a governare un complicato disturbo bipolare, e lo schivo proiezionista Norman. Sul finire dell’anno viene assunto il ventenne Stephen, ragazzo di colore appassionato di musica che aspira a una borsa di studio per l’università. Tra Hilary e Stephen nasce subito un’intesa, una tenera attrazione: sono due outsider che fronteggiano rigurgiti di razzismo e demoni interiori. E il Cinema Empire rappresenta per loro, come per tutti gli affezionati spettatori, un rifugio sicuro…

Valutazione Pastorale

“Il lockdown è stato un periodo pieno di intense riflessioni personali per tutti noi. Ognuno di noi si è trovato a riesaminare la propria vita. E per me, questo significava fare i conti con alcuni ricordi con cui stavo lottando fin dall’infanzia”. Così il Premio Oscar Sam Mendes – tra i suoi titoli “American Beauty” (1999), “Era mio padre” (2002), “Skyfall” (2012), “Spectre” (2015) e “1917” (2019) – descrive la genesi del suo film probabilmente più personale “Empire of Light”, legato alle maglie dei suoi ricordi, tra sfondo politico, sociale e culturale dell’Inghilterra di inizio anni ’80. Candidato agli imminenti Premi Oscar per la migliore fotografia di Roger Deakins, “Empire of Light” è un intenso e dolce omaggio a quella stagione della vita del regista, ma soprattutto al cinema, alla sua storia e ai suoi protagonisti. Mendes ha firmato il suo “Nuovo Cinema Paradiso”, allargando lo sguardo alla condizione degli ultimi. La storia. Contea del Kent, 1980-81. Nella cittadina costiera di Margate è situato lo storico Cinema Empire, punto di ritrovo della comunità. Diretto dall’ambizioso Mr. Ellis (Colin Firth), l’Empire è animato da un gruppo operoso di dipendenti. Tra loro Hilary (Olivia Colman), la vice di Mr. Ellis, una donna silenziosa e gentile, chiamata a governare un complicato disturbo bipolare, e lo schivo proiezionista Norman (Toby Jones). Sul finire dell’anno viene assunto il ventenne Stephen (Micheal Ward), ragazzo di colore appassionato di musica che aspira a una borsa di studio per l’università. Tra Hilary e Stephen nasce subito un’intesa, una tenera attrazione: sono due outsider che fronteggiano rigurgiti di razzismo e demoni interiori. E il Cinema Empire rappresenta per loro, come per tutti gli affezionati spettatori, un rifugio sicuro… “Empire of Light” non è un’opera che si mette subito a fuoco. Sulle prime può sembrare un omaggio al potere dell’immagine, al cinema tra Storia e luoghi di riferimento, soprattutto per i continui rimandi ai classici del tempo, ai divi della settima arte, con quella fascinazione sognante che ricorda tanto l’opera di Giuseppe Tornatore. Sotto questo profilo, due sequenze in evidenza: la prima quando Stephen entra finalmente nella cabina di proiezione, nel regno di Norman, scoprendo i segreti dell’illusione cinematografica. La seconda, quando su consiglio di Stephen Hilary si abbandona alla visione di un film, da sola nel buio della sala, al termine di una giornata lavorativa. La magia e lo spaesamento che si leggono sui suoi occhi regalano una vibrante emozione. “Empire of Light” è poi un intenso spaccato sociale, una fotografia dell’Inghilterra negli anni del governo di Margaret Thatcher, tra tensioni, scontri e musica di rottura. È un periodo in cui il cinema inizia ad avvertire i primi cambiamenti, gli scricchioli di un’attività – l’esercizio cinematografico – che non stacca più i biglietti di un tempo. Le prime avvisaglie di un terremoto che farà sentire però le sue scosse più avanti. In tutto questo, Mendes elegge come protagonisti, come figure di riferimento, due “ultimi”: Hilary, che vive giornate altalenanti, grigie, sotto i colpi inclementi di un disturbo bipolare che non le dà tregua, e Stephen, che sogna un futuro diverso all’università, ma sempre più spesso viene strattonato dentro una realtà dura e respingente, dove il colore della pelle rappresenta ancora un problema. Il regista firma un film intenso e poetico, che oscilla tra il dramma personale e la magia del cinema; forse non tutto torna qua e là nell’andamento del racconto, ma poco importa: la storia ha una sua indubbia densità, forza narrativa, illuminata da protagonisti in parte, su tutti Olivia Colman. Immensa. A questo si aggiungono sia la suggestiva ed elegante fotografia di Roger Deakins sia le magnifiche musiche composte dal duo da Oscar Trent Reznor e Atticus Ross. “Empire of Light” è un film che conquista, delicato e struggente rimane addosso al termine della proiezione. Complesso, problematico, per dibattiti.

Utilizzazione

Indicato per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito.

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