IL DECALOGO 7 – NON RUBARE ***

Valutazione
Accettabile, Problematico, Dibattiti
Tematica
Metafore del nostro tempo, Psicologia, Tematiche religiose
Genere
Drammatico
Regia
Krzysztof Kieslowski
Durata
57'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Polonia
Titolo Originale
DEKALOG SIEDEM
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski e Scenegg.: Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski
Montaggio
Ewa Smal

Sogg.: e Scenegg.: Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski - Fotogr.: (normale/a colori) Dariusz Kuc - Mus: Zbigniew Preisner - Montagg.: Ewa Smal - Dur.: 57' - Co-Produz.: Telewizja Polska, Warzawa, Sender Freies Berlin, Berlin

Interpreti e ruoli

Anna Polony (Ewa), Maja Barelkowska (Majka), Boguslaw Linda (Wojtec), Wladyslaw Kowalski (Stefan), Katarzyna Piwowarczyk (Ania)

Soggetto

a Varsavia la ventiduenne Majka, ottenuto il passaporto per emigrare in Canada, intende condurre con sé la piccola Ania da tutti ritenuta sua sorella mentre in realtà è sua figlia nata dopo una relazione avuta a sedici anni con Wojtec, un giovane insegnante. Per evitare uno scandalo, Majka aveva accettato che la piccola Ania fosse registrata come figlia di sua madre Ewa: costei, anche per compensare il bisogno di maternità che, con il parto difficile nel mettere al mondo Majka, era rimasto represso, aveva iniziato a nutrire un affetto morboso per la bambina con disappunto di Majka. Per attuare la sua decisione Majka rapisce Ania e si allontana da Varsavia rifugiandosi presso Wojtec: costui, preoccupato, tenta, inutilmente, di dissuaderla. Nuovamente in fuga con la piccola Ania, Majka viene rintracciata in una stazione da sua madre Ewa; Ania, ormai a conoscenza della verità corre incontro alla "mamma-nonna" mentre Majka sconvolta sale sul treno per allontanarsi definitivamente. Soltando adesso Ewa comprende il male che ha fatto sia a sua figlia sia a Ania.

Valutazione Pastorale

anche nel settimo comandamento il sondaggio delle anime cui si lascia andare Kieslowski è più che profondo. Il suo "Non rubare" non fa pensare alla roba o al denaro. Qui il furto atroce è dei sentimenti, è l'esproprio perfino innaturale dell'Amore, tanto più penoso in quanto l'incredibile operazione coinvolge in primo luogo madre e figlia, ruotando intorno alla terza generazione, quella innocente bambina cui è stata negata la gioia di identificare e chiamare la madre vera. Da questa dura battaglia non escono che perdenti (adulti o infanti, vicini o lontani, partecipi o passivi che siano). Desideri e sentimenti che sarebbero legittimi, vengono colpiti o stravolti. Il senso della fatalità, accopppiato a quello della punizione per chi inranga l'antico e severo divieto, è al centro anche di questo settimo episodio, dove albergano passioni, grida e silenzi. Mai Kieslowski declama, nè mai l'emozione che egli riesce a suscitare nello spettatore fa velo alla sua lucidità creativa; basti pensare alla secchezza sbrigativa con cui ci si narra di eventi passati ed alla essenzialità dei dialoghi, che paiono solo fatti di monosillabi. Tre donne, tre età ed emozioni differenti: le prime due in un pessimo rapporto di rancore, tutte e tre derubate nel tempo, che le conduce nel finale a pagare uno scotto enorme, compresa la piccola Ania, che vede partire con quel treno domenicale la madre vera restando con l'altra, perduta lei pure e sconflitta dal proprio egoismo. Serrato com'è, con un caso umano di così toccante e angoscioso realismo il settimo episodio si traduce in una ardita parafrasi, in una emblematica proposizione, in cui il furto più grave è quello dell'Amore: tesi profonda, svolta con estrema sobrietà formale, ma anche con grande intensità.

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