IL MESTIERE DELLE ARMI

Valutazione
Raccomandabile, complesso***
Tematica
Guerra, Morte, Storia
Genere
Drammatico
Regia
Ermanno Olmi
Durata
105'
Anno di uscita
2001
Nazionalità
Francia, Germania, Italia
Titolo Originale
/////
Distribuzione
Mikado Film
Musiche
Fabio Vacchi
Montaggio
Paolo Cottignola

Orig.: Italia/Francia/Germania (2000) - Sogg. e scenegg.: Ermanno Olmi - Fotogr.(Panoramica/a colori): Fabio Olmi - Mus.: Fabio Vacchi - Montagg.: Paolo Cottignola - Dur.: 105' - Produz.: Cinema11, Rai Cinema (Italia), StudioCanal (Francia), Taurus Produktion (Germania).

Interpreti e ruoli

Hristo Jivkov (Giovanni de' Medici), Sergio Grammatico (Federico Gonzaga), Dimitar Ratchkov ( marchese di Mantova), Fabio Giubbani (Luc'Antonio Cuppano), Sasa Vulicevic (Matteo Cusastro), Giancarlo Belelli . (Pietro Aretino), (Alfonso d'Este), ( duca di Ferrara)

Soggetto

Nelle campagne intorno a Mantova un gentiluomo, inviato dal generale Della Rovere duca d'Urbino, porta la notizia al marchese Gonzaga: "Messer Giovanni de' Medici é stato colpito da una botta di falconetto in una gamba". Vengono approntate cure immediate, ma ben presto risulta evidente che non è possibile fermare la lenta agonia di Giovanni: quattro giorni, e poi la morte quando é "l'ultimo de novembre 1526". Giovanni ha 28 anni. Mentre si preparano i funerali, a ritroso vengono ripercorsi gli avvenimenti più recenti. Ecco dunque Giovanni nel suo ruolo di capitano dell'armata pontificia intenta alla campagna contro i Lanzichenecchi di Carlo V. L'obiettivo dell'armata è di impedire al nemico di passare il Po, in caso contrario dopo quell'ostacolo la strada per Roma sarebbe spianata. Il marchese Gonzaga, duca di Mantova, si è impegnato con Papa Clemente VII e la Serenissima di Venezia a collaborare per contrastare l'avanzata degli Alemanni. Ma, per propria convenienza, appena può offre riparo al Generale Frundsberg e ai suoi uomini. Anche Alfonso d'Este, duca di Ferrara, all'ultimo momento cede alle convenienti offerte di Carlo V e in più, per mostrargli gratitudine, fornisce in segreto alle truppe tedesche quattro esemplari di uno strumento nuovissimo: il falconetto affustato su ruote, ossia una 'bombarda con palla da due libbre'. Nella notte del 23 novembre Giovanni apprende che la guarnigione tedesca ha trovato riparo presso il Serraglio di Mantova. Il giorno dopo l'imbarcazione con i falconetti attracca sulla riva mantovana. I fanti tedeschi si dispongono in posizione. Comincia a nevicare e tutti pensano ad una sospensione dei combattimenti. Giovanni però vuole vedere in faccia il generale nemico, e ordina di prepararsi. Nelle ombre della notte riconosce Frundsberg, anziano e malato. I due si salutano, poi Giovanni dà il segnale d'attacco. Quasi subito le bocche da fuoco cominciano a sparare. Resosi conto del tradimento,Giovanni capisce che la battaglia é impari, e quando viene colpito alla gamba deve ritirarsi. Ed ecco di nuovo il letto, l'agonia, la morte. Intanto i Lanzichenecchi attraversano l'Italia e arrivano a Roma. Nel 1572 la città del Papa viene completamente devastata.

Valutazione Pastorale

All'incontro seguito alla proiezione del film per la stampa, Ermanno Olmi ha detto: "Bisogna partire dal titolo: quello delle armi era appunto in quel periodo un 'mestiere' con una specificità che andava salvaguardata. Giovanni non era un violento o un tagliatore di teste, aveva un forte senso della famiglia ed era un eroe perché era leale. Il titolo sottintende il mestiere di vivere, ma anche quello di morire. L'attacco del film é da poema lirico (tipo 'Cantami,o diva...) e l'intenzione é di ricordare quegli eventi non per fare cronaca ma poesia, di rielaborare tutta la materia attraverso un percorso dell'anima...". La conferma da parte del regista è utile, ma il film ha comunque una carica lirica e un pathos di immediata percezione. Nel dipanarsi della Storia Olmi individua la presenza di quei tratti dell'uomo (e della donna) che scaturiscono dal fondo del cuore e ne forgiano il carattere e le azioni: la compostezza, la misura, il rispetto delle regole, ma anche l'inganno, il tradimento, il sopruso. Eppure il dolore, questo dolore che sembra spaccare il corpo, non soffoca il soffio vitale dell'anima. La simbiosi con la natura è segno di presenza: il Po, la campagna padana, i luoghi cari a Olmi sono simbolo di una presenza fertile, di un'impronta costruttiva. L'umanesimo del regista é robusto e ben solido. Il taglio visivo riassume le scelte: una dimensione visionaria e onirica, il campo di battaglia come quelli di Kurosawa, gli oggetti, le persone, il gesto evidenziati come in Bresson. Coinvolge la ricchezza del film, la sua sintesi di musica, pittura, lingua, letteratura. Eppoi l'appello al recupero della dignità del vivere. Perché non riusciamo a diventare uomini? si chiede Olmi. Non ho risposte definitive, ma mi pongo ancora la domanda. Dal punto di vista pastorale, un'opera alta e forte, da valutare come raccomandabile, complessa e di bella tenuta spettacolare. UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria. Da recuperare in seguito in molte occasioni, come film d'autore, per i tanti motivi che suggerisce, soprattutto alle generazioni più giovani.

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