Orig.: Italia (2003) - Sogg. e scenegg.: Massimo Piesco - Fotogr.(Panoramica/a colori): Massimo Lupi - Mus.: Davide Liuni - Montagg.: Carlo Fontana - Dur.: 108' - Produz.: Le Grand Bleu, Ipe.
Interpreti e ruoli
Tomas Arana (August Dailermann), Chiara Conti (Franziska Dailermann), Andrea Renzi (Miklos), Edoardo Sala (tenente Tross), Milica Djukic (Julianna), Elena Paris (Irene Goldstein)
Soggetto
Nel 1944 August Dailermann, maggiore delle SS e comandante della 'fabbrica' di Teufelwald, aderisce in pieno agli ideali del nazismo ma allo stesso tempo non vuole occuparsi della terribile 'attività' quotidiana del campo: lo sterminio di ebrei e prigionieri di vario tipo. Delegando quasi tutto al giovane tenente Tross, Dailermann dedica molto tempo alle liti con la moglie Franziska, che accusa di essere frivola e indifferente a tutto. Un giorno il maggiore fa arrivare nel proprio appartamento un nuovo servitore, un ebreo ungherese di nome Miklos. Costui, oltre a parlare bene il tedesco, dimostra subito coraggio e sensibilità, evitando la distruzione di alcune tele arrotolate che riconosce come opere di Kokotschka e Dix. Da quel momento Franziska instaura con Miklos uno scambio intellettuale sempre più frequente, fino al momento in cui la donna chiede che tra i prigionieri del campo ne vengano individuati alcuni abili nella pittura e in grado di farle un ritratto. Mentre i sette scelti si mettono al lavoro, il maggiore, irritato da questa iniziativa, decide a sua volta di selezionare alcuni musicisti per eseguire brani d'opera. Quando Franziska scopre che quella 'fabbrica' é in realtà un campo di sterminio, sembra disponibile ad aiutare i prigionieri. Ma è solo un attimo. Le brutte notizie sull'andamento della guerra inducono Dailermann e la moglie a cambiare situazione. Decidono di tornare a Berlino, da dove lui partirà per il fronte orientale. Nel giorno del commiato, il maggiore lascia le consegne al tenente Trott. Miklos, i pittori, i musicisti e tutti gli altri restano dietro il filo spinato.
Valutazione Pastorale
Spiega Massimo Piesco, autore del copione e coregista: "L'idea nasce dall'esigenza di raccontare i totalitarismi dal punto di vista dell'interdizione dall'esercizio dell'intelletto e della libera espressione in ogni ambito delle attività umanistiche...se i totalitarismo comportano estirpazioni umane in ogni modalità e quantità, producono anche un annientamento della capacità creativa e speculativa e, pertanto, il danno inferto, la perdita registrata, non sono locali ma universali". Premesse giuste, e condivisibili, tradotte in immagini però non sempre fluide e riuscite. L'urgenza di rendere fin troppo visibile la contrapposizione (anzi l'impossibile unione) tra cultura e dittatura ha indotto ad una regia troppo 'marcata', sottolineata, un po' costruita come una tesi da dimostrare a tavolino. Atmosfere tardo-dannunziane, qualche eco di Visconti, un certo gusto per la fusione tra immagine in movimento, musica, pittura. Chiuso da un antirealismo di sapore letterario, il dramma c'è ma non è sempre libero di venire fuori. Restando però ai contenuti, l'operazione è comunque positiva, in grado di riportare in primo piano il tema del rapporto tra ingegno e potere, tra ideali di libertà e ideali di soffocamento. Dal punti di vista pastorale, il film è da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti. UTILIZZAZIONE: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria e, sopratutto, ripreso in occasioni mirate, anche scolastiche, per avviare riflessioni sui temi sopra indicati.