Il sol dell’avvenire

Valutazione
Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Arte, Cinema nel cinema, Cronaca, Donna, Educazione, Famiglia, Famiglia - genitori figli, Guerra, Il comico, Letteratura, Libertà, Mass-media, Media, Musica, Omosessualità, Politica, Politica-Società, Storia, Violenza
Genere
Biografico, Commedia, Drammatico, Storico
Regia
Nanni Moretti
Durata
95'
Anno di uscita
2023
Nazionalità
Francia, Italia
Titolo Originale
Il sol dell’avvenire
Distribuzione
01 Distribution
Soggetto e Sceneggiatura
Nanni Moretti, Francesca Marciano, Federica Pontremoli, Valia Santella
Fotografia
Michele D'Attanasio
Musiche
Franco Piersanti
Montaggio
Clelio Benevento
Produzione
Nanni Moretti, Domenico Procacci. Casa di produzione: Sacher Film, Fandango, Rai Cinema, Le Pacte.

In Concorso al 76° Festival di Cannes (2023)

Interpreti e ruoli

Nanni Moretti (Giovanni), Margherita Buy (Paola), Valetina Romani (Emma), Silvio Orlando (Ennio), Barbora Bobulova (Vera), Flavio Furno . (Edoardo), Mathieu Amalric (Pierre), Zsolt Anger (Direttore del circo), Jerzy Stuhr (Ambasciatore polacco), Elena Lietti (Delegata Netflix), Blu Yoshimi (Ragazza del film con le canzoni), Michele Eburnea (Ragazzo del film con le canzoni)

Soggetto

Roma oggi, Giovanni è un regista pronto a girare il suo nuovo film. A produrlo, come sempre, è la moglie Paola, che questa volta si divide con il set di un film action-poliziesco – cosa che a Giovanni fa storcere il naso –, mentre le musiche sono curate dalla loro figlia Emma, che ha appena rivelato ai genitori di essersi innamorata di un diplomatico polacco settantenne. Nonostante il coproduttore francese Pierre (Mathieu Amalric) manifesti un entusiasmo trascinante, non sono pochi gli affanni produttivi: non resta altro che bussare alla porta di Netflix...

Valutazione Pastorale

Nanni Moretti si presenta in gara al 76° Festival di Cannes (2023) con “Il sol dell’avvenire”: non un’opera-testamento, ma una riflessione acuta, brillante e malinconica sul cinema, sull’atto creativo e le difficoltà che si sperimentano oggi in un consumo culturale veloce e rapace, dove a far la voce grossa sono soprattutto le piattaforme. Prodotto da Sacher Film, Fandango, Rai Cinema e Le Pacte, “Il sol dell’avvenire” è un’opera stratificata, ariosa, densa di riflessioni e suggestioni, che alterna più piani narrativi: è un film nel film, uno sguardo ironico e disincantato sulla professione e al contempo un viaggio nelle pieghe della Storia, nella Roma del 1956, al tempo dell’invasione sovietica in Ungheria. Un involontario parallelismo con il presente, con il confine d’Europa in fiamme per una nuova, inaccettabile, invasione di campo. Scritto dallo stesso Moretti insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella, “Il sol dell’avvenire” è un’opera composita che contiene più piste narrative. Anzitutto, si parte dalla Roma di oggi dove Giovanni (Moretti) è un regista pronto a girare il suo nuovo film. A produrlo, come sempre, è la moglie Paola (Margherita Buy), che questa volta si divide con il set di un film action-poliziesco – cosa che a Giovanni fa storcere il naso –, mentre le musiche sono curate dalla loro figlia Emma (Valentina Romani), che ha appena rivelato ai genitori di essersi innamorata di un diplomatico polacco settantenne (Jerzy Stuhr). Nonostante il coproduttore francese Pierre (Mathieu Amalric) manifesti un entusiasmo trascinante, non sono pochi gli affanni produttivi: non resta altro che bussare alla porta di Netflix. A tutto questo si sovrappongono le sequenze del film realizzato da Giovanni: nella Roma del 1956, in periferia, dove sono appena arrivati la corrente elettrica e i primi televisori, ad animare l’impegno civico è un caposezione del Pci (Silvio Orlando), un giornalista del quotidiano “L’Unità”, affiancato da una tenace “pasionaria” (Barbora Bobulova). Sono i giorni in cui giunge nel quartiere un circo ungherese, proprio quando l’Ungheria viene occupata dai carri dell’Unione sovietica: uno shock per tutti, soprattutto per alcuni militanti del Pci che chiedono un segnale di discontinuità, una parola di condanna da parte di Palmiro Togliatti. Il filo rosso della politica corre lungo i vari titoli di Nanni Moretti. Nonostante ci sia un evidente richiamo alla militanza nel Pci, “Il sol dell’avvenire” a ben vedere si smarca dalla politica. Vero cuore narrativo è infatti il valore del cinema, inteso come sguardo vitale e necessario, sempre attuale, al di là delle seducenti sirene delle piattaforme che spingono gli spettatori lontano dalla sala. Nello spassoso faccia a faccia di Giovanni e Paola con i delegati Netflix (Elena Lietti), le trattative si spiaggiano in maniera tragicomica davanti a una ripetizione senza sosta di algoritmi, percentuali e slogan come “siamo presenti in 190 Paesi”. Moretti, con una ironia affilata, non pungola di per sé Netflix, ma quella tendenza produttiva tesa a ridurre un progetto a una tombola di numeri e cifre senz’anima. L’autore chiede di più, un ritorno a una visione consapevole. Ancora, in un’altra sequenza esilarante assistiamo allo sfogo di Giovanni rivolto a un giovane regista di thriller-polizieschi, che sta girando la scena di un’esecuzione criminale. Attraverso il suo alter ego, Moretti si lancia in un’accorata denuncia contro tale deriva estetica e morale. Punta il dito contro quel cinema o serie Tv che rincorrono pedissequamente il fascino della violenza, del Male, fine a se stesso. Con “Il sol dell’avvenire” Moretti firma un film politico nel senso più alto del termine, prendendo una posizione culturale precisa. Anzitutto l’autore invita a una reazione deontologica, valoriale; poi, sembra esortare a una custodia del cinema per tutelare la salute stessa della società: il cinema è un avamposto culturale contro la logica del deterioramento, una frontiera di resistenza dinanzi allo smarrimento in atto. Il cinema come sguardo capace di leggere la complessità del presente e le sue fratture, allargando al contempo l’orizzonte a una ritrovata fiducia. “Il sol dell’avvenire” è anche un trionfo di musica. Nella storia principale, Giovanni confida alla moglie Paola di voler fare un film con le canzoni. E così avviene: nel corso della narrazione si aprono momenti in cui irrompono i brani di Noemi (“Sono solo parole”), Franco Battiato (“Voglio vederti danzare”), Aretha Franklin (“Think”) o Fabrizio De André (“La canzone dell’amore perduto”), cantati da tutto il cast. Scene corali, quasi oniriche, come quella in cui il regista e l’intera troupe bloccano le riprese e iniziano a girare su loro stessi come dervisci rotanti sulle note di Battiato. Insomma, un “La La Land” morettiano da cui filtrano fantasie, amarezze e malinconie. “Il sol dell’avvenire” è inoltre puntellato da rimandi cinematografici: da “Lola” (1961) di Jacques Demy con Anouk Aimée, giocoso “feticcio” del regista Giovanni che lo riguarda religiosamente ogni cinque anni all’avvio di un nuovo film, a “The Father” (2021) di Florian Zeller con Anthony Hopkins, citazione che Moretti usa per lanciarsi in una simpatica invettiva contro il ripugnante uso di ciabatte e soprattutto di sabot. Ancora, spazio a “San Michele aveva un Gallo” (1972) dei Taviani, “Apocalypse Now” (1979) di Francis Ford Coppola o “Un uomo a nudo” (1968) di Frank Perry, dal romanzo “Il nuotatore” di John Cheever. Infine,“8½”. Più che una semplice citazione, lo possiamo definire un personale confronto artistico: è il richiamo che Nanni Moretti fa a “8½” (1963) di Federico Fellini, di cui ricorrono i 60 anni. Un omaggio diffuso lungo tutto “Il sol dell’avvenire”, trovando il suo climax nella sequenza finale, lì dove i diversi piani narrativi convergono. Come nel film di Fellini si assiste alla parata del circo, al carosello corale, teso a simboleggiare il superamento della crisi creativa-esistenziale del regista Guido (Marcello Mastroianni), allo stesso modo nell’opera di Moretti va in scena una parata che simboleggia una ritrovata speranza. Si coglie anzitutto il riscatto del caposezione Pci che accantona l’idea di morte per la delusione politica a favore di un sogno d’amore; c’è poi il riscatto del regista Giovanni, che nonostante difficoltà professionali e tempeste familiari (l’improvvisa crisi con la moglie Paola, la figlia fidanzata con un settantenne), si scopre resiliente e comunque fiducioso, pronto a guardare avanti. Inoltre, si intravede il sogno di riscatto del cinema tout court, che nonostante le continue emorragie sa di potercela fare, di essere importante per lo spettatore. Un carosello morettiano che attiva belle emozioni, al crocevia tra sorriso e lacrime. “Il sol dell’avvenire” è un’opera che conquista e affascina, un film che scorre sicuro e agile con briosa leggerezza e nostalgia, puntellato qua e là da poesia. Consigliabile, problematico, adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Indicato per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito. Adatto per adulti e per un pubblico di adolescenti, possibilmente con la presenza di un adulto-educatore per aiutare i giovani spetattori nella lettura e approfondimento dei numerosi temi in campo.

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