IL SOLE ANCHE DI NOTTE **

Valutazione
Accettabile-riserve, Complesso, Dibattiti
Tematica
Genere
Drammatico
Regia
Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Durata
113' – Co
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
IL SOLE ANCHE DI NOTTE
Distribuzione
Istituto Luce, Italnoleggio Cinematografico
Soggetto e Sceneggiatura
Paolo Taviani, Vittorio Taviani, Tonino Guerra liberamente tratto dal racconto "Padre Sergio" di Lev Nikolaevic Tolstoj
Musiche
Nicola Piovani
Montaggio
Roberto Perpignani

Sogg.: liberamente tratto dal racconto "Padre Sergio" di Lev Nikolaevic Tolstoj - Scenegg.: Paolo Taviani, Vittorio Taviani, Tonino Guerra - Fotogr.: (panoramica/a colori) Giuseppe Lanci - Mus.: Nicola Piovani - Montagg.: Roberto Perpignani - Dur.: 113' – Co-Produz.: Film Tre, RAI UNO, Roma Capoul, Interpool; Sara Film, Paris Direkt Film, Munchen

Interpreti e ruoli

Julian Sands (Sergio Giuramondo), Rudiger Vogier (Carlo III di Borbone), Natassja Kinski (Cristina del Carpio), Charlotte Gains Bourg (Matilda), Patricia Millardet (Aurelia), Massimo Bonetti, Margarita Lozano, Pamela Villoresi, Lorenzo Perpignani

Soggetto

proveniente dalla piccola nobiltà lucana, il giovane Sergio Giuramondo ha sognato fin da ragazzo di diventare il primo aiutante del re Carlo III di Borbone. Prescelto finalmente dal re fra una schiera di nobili aspiranti, Sergio dovrebbe ora - per realizzare quel sogno ambizioso - migliorare la propria levatura, sposando, per disposizione dello stesso sovrano, la bella duchessina Cristina Del Carpio, e ne chiede ufficialmente la mano. Mentre però si avvicinano a quelle nozze "programmate", i due giovani s'innamorano veramente, e arriva per loro "il momento della verità". Ma, al contrario di Cristina che supera con la forza dell'amore la verità che Sergio le confessa, di aver cioè aspirato in un primo momento a quelle nozze per calcolo, spinto dall'ambizione, questi non sopporta la verità di Cristina, che gli confida d'esser stata per un anno l'amante del re, a motivo di una infatuazione adolescenziale. Ferito nel proprio orgoglio di primo in tutto e ad ogni costo, l'impulsivo giovane volta le spalle all'amore e alla carriera mondana e sceglie il convento "per collocarsi al di sopra di quanti l'avevano umiliato". Grazie a quella sua caparbia determinazione, trova all'inizio la forza di non reagire davanti ai potenti della chiesa e della politica. Spinto dalla medesima orgogliosa tensione alla perfezione assoluta, finisce eremita sul monte Petra, al posto di un confratello, morto in fama di santità. Riesce a superare una prima tentazione della carne, tesagli da una spregiudicata gentildonna, Aurelia ricorrendo a un gesto di sovrumana violenza su se stesso. Mutilandosi un dito. Ed è la donna stessa, sconvolta da quel gesto, a spargerne la fama di santità. La solitudine di Sergio viene presto invasa da folle di pellegrini e di fanatici in cerca di miracoli, folle che lo assillano senza tregua, distogliendolo dall'austerità e dalla preghiera e trasformando l'eremo in una specie di pacchiano santuario, ridondante di ex-voto e di paccottiglia, con l'immancabile contorno da sagra popolana. Padre Sergio è ridotto allo stremo della resistenza fisica, e le sue risorse interiori tendono al disarmo. Talché un'apparentemente inoffensiva fanciulla semicieca e psicolabile, Matilda che gli viene presentata dal padre perchè la guarisca, ne demolisce agevolmente ogni difesa riuscendo a sedurlo. Fulminato dal crollo delle proprie eroiche presunzioni, Padre Sergio fugge dall'eremo, e, disperato si getta in un laghetto, riemergendone a fatica per puro istinto di sopravvivenza. Vagando in seguito senza pace, giunge presso le tombe gemelle di due anziani coniugi, che gli avevano chiesto in una visita all'eremo, il "miracolo" di poter morire insieme, e sembra trovare, in quell'esempio di umile fedeltà al quotidiano, benedetta dall'amore, la forza di mettersi come loro, sconosciuto e ignorato da tutti, a servizio degli ultimi, nell'umiltà di un cammino oscuro, lungo il quale, incontrare finalmente Dio, "il sole anche di notte", che i due semplici gli hanno affettuosamente augurato.

Valutazione Pastorale

il film è esposto alle più svariate e contrastanti valutazioni, come sembrano tranquillamente prevedere i due autori quando affermano: "se c'è una complessità nascosta nel film, sta allo spettatore decifrarla". I Taviani rimandano alle espressioni di Tolstoj, riprese nei dialoghi, e si limitano a indicare nella vicenda di Padre Sergio "il bisogno illusione che tutti avvertiamo di dominare una realtà che non ci piace", oppure "la testimonianza di un'alta tensione morale all'assoluto", arrivando ad affermare, fra sorridenti ed enigmatici, che "alcune volte naufragare fa rima con approdare". Quanto alla trasposizione da essi operata dalla Russia ottocentesca dello zar Nicola I, in cui Tolstoj colloca il suo "Padre Sergio", alla Napoli settecentesca di Carlo III di Borbone, fanno osservare semplicemente che "la contemporaneità di un'opera non sta nella sua vicenda, ma nel suo senso". E a nessuno dovrebbe sfuggire, per dirla ancora con le parole degli autori del film, l'inquietudine che fa dire a Sergio: "Temo che chi cerca Dio non lo trovi ... chi cerca la verità forse incontra Dio". Il "senso" tolstojano di una presuntuosa tensione alla santità a colpi di volontà caparbia, del protagonista, che intende "collocarsi al di sopra di tutti", tensione quindi fatalmente destinata al più completo fallimento, è innegabilmente presente nel film. Quando infatti il giovane barone Giuramondo rifiuta - impulsivo e sdegnoso - l'amore e il successo che gli stanno a portata di mano, ha già irrimediabilmente perduto la fede fiduciosa e adorante dell'infanzia, quando un petalo di mandorlo che viene a posarsi sul palmo della sua mano gli era apparso la risposta al suo ingenuo e fervente "prendimi con te", ripetuto più avanti con devota passione nel corso di una processione eucaristica. Ora non supplica più, ma prende deciso l'iniziativa, illudendosi di mettersi alla ricerca dell'assoluto e non avvertendo di essere alla ricerca di sé, neppure quando il mandorlo nega questa volta il petalo alla sua mano protesa. Solo quando l'orgogliosa roccaforte di "santo" che si è andato puntigliosamente costruendo intorno con sovrumana ostinazione, gli crolla miseramente addosso, senza lasciargli spazio per una sia pur minima resistenza e senza l'onore delle armi, solo allora Sergio può rimettersi, spoglio e vinto, sul cammino della verità che porta a Dio. Con rispetto e discrezione i due registi trattano i riti religiosi o accennano a debolezze e vanità da cui anche persone di chiesa possono non essere immuni; o visualizzano nel film il momento avvilente della caduta compiuta mentre sono descritte le contraddizioni di un personaggio combattuto da un perenne dramma interiore, tra "segni apertamente visionari, volti a suggerire, con una decisa tensione religiosa, non solo la ricerca dell'assoluto, ma l'aspra e dolorosa esplorazione dell'anima" alla quale il protagonista viene costretto dagli eventi, fino a fargli imboccare - vinto, ma salvato - la via dell'umiltà e dell'amore.

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