Orig.: Francia/Iran (1999) - Sogg.: Mahmoud Ayedin - Scenegg.: Abbas Kiarostami - Fotogr.(Panoramica/a colori): Mahmoud Kalari - Mus.: Peyman Yazdanian - Montagg.: Abbas Kiarostami - Dur.: 110' - Produz.: Marin Karmitz, Abbas Kiarostami.
Soggetto
Proveniente da Teheran, un gruppo di persone su una jeep attraversa una larga zona nelle campagne del Kurdistan iraniano. Dopo aver invano seguito la carta geografica, con l'aiuto di un bambino arrivano nel villaggio di Siah Dareh. Il responsabile dice al bambino che loro sono lì per cercare un tesoro nel cimitero in cima alla collina. Il gruppo prende alloggio in una piccola casa con porte e finestre azzurre. Subito il capo comincia ad interessarsi dello stato di salute di una vecchia, che sta per morire in una casa vicina. Lo stesso fa con frequenza nei giorni successivi, mentre ogni tanto riceve telefonate sul cellulare e per parlare deve recarsi con la jeep in coma alla collina dove arriva la comunicazione. Dall'altro parte del telefono, qualcuno chiede ancora notizie della vecchia, e l'uomo dice che bisogna aspettare. Intanto il bambino visto per strada prepara gli esami scolastici, il capogruppo lo rimprovera e poi si riconcilia con lui; la padrona di un poverissimo bar prepara il té ai pochi clienti; in cerca di latte il capogruppo scende in una stalla buia, dove una ragazza che non si vuole mostrare munge la mucca; le donne preparano il pane fresco mentre si muovono su e giù per scalini e gradoni di fango e pietra; un uomo scava una buca nel cimitero. L'uomo si ferisce, arriva il medico, gli presta le prime cure, torna al villaggio ,apprendono che la vecchia nel frattempo é morta. Il capogruppo allora scatta alcune istantanee del funerale, poi,apparentemente soddisfatto, riparte. Appena arrivato fuori città, si ferma e getta nel fiume l'osso che aveva prelevato nella buca dove lavorava l'uomo. La corrente porta lentamente via l'osso.
Valutazione Pastorale
Vincitore del Gran Premio della Giuria a Venezia '99, il film porta alle estreme conseguenze il linguaggio asciutto e diretto del regista iraniano. Se è vero che agli occhi dei più attenti conoscitori delle opere precedenti questo titolo aggiunge poco di nuovo alla poetica del suo autore e anzi in alcuni passaggi ne ripete certi sviluppi interni sul piano visivo ed espressivo, resta in primo piano l'indubbio fascino di un cinema che con estrema delicatezza, con la calma di una acquietata tranquillità interiore e con la saggezza di una secolare cultura sedimentata nella durezza e nelle asprezze della vita quotidiana osserva una realtà povera e la arricchisce con uno sguardo carico di umanità, di partecipazione, di affetto. Il racconto é quasi inesistente, anzi misterioso (non si sa chi sono quegli uomini, né quale sia il loro compito preciso; non si sa con chi parla il capogruppo, l'unico che si vede), le azioni sono dilatate, il 'tempo' cinematografico si allunga come quello cronologico. Il lento muoversi delle persone affonda nell'infinito paesaggio della campagna. Un film quindi molto meditato, scandito da un gusto cromatico che cambia con lo spostarsi della luce. Dal punto di vista pastorale, un film positivo per i valori umani, la difesa della persona e della sua interiorità che mette in primo piano: da valutare come accettabile e complesso e da consigliare per dibattiti. UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria come proposta di novità e di conoscenza, e da recuperare in occasioni mirate per i numerosi spunti di riflessione che offre.