La casa di carta

Valutazione
Complesso, Problematico
Tematica
Amore-Sentimenti, Carcere, Denaro, Donna, Famiglia - genitori figli, Giallo - Triller, Giustizia, Malattia, Male, Metafore del nostro tempo, Omosessualità, Politica-Società, Potere, Solidarietà, Violenza
Genere
Poliziesco - drammatico, Thriller
Regia
Álex Pina
Durata
5 stagioni, 41 episodi da 50'
Anno di uscita
2021
Nazionalità
Spagna
Titolo Originale
La Casa de Papel
Distribuzione
Netflix
Soggetto e Sceneggiatura
Álex Pina
Fotografia
Migue Amoedo
Montaggio
David Pelegrín, Luis Miguel González Bedmar, Verónica Callón, Raúl Mora, Regino Hernández, Raquel Marraco, Patricia Rubio
Produzione
Atresmedia, Vancouver Media, Netflix

La serie è in distribuzione sulla piattaforma Netflix

Interpreti e ruoli

Álvaro Morte (Sergio Marquina/ Il Professore), Ursula Corbero (Tokyo), Itziar Ituño (Raquel Murillo/ Lisbona), Miguel Herrán (Rio), Pedro Alonso (Andrés de Fonollosa/ Berlino), Alba Flores (Ágata Jiménez/ Nairobi), Jaime Lorente (Denver), Esther Acebo (Mónica Gaztambide/ Stoccolma), Darko Perić (Helsinki), Najwa Nimri (Alicia Sierra)

Soggetto

Dopo la clamorosa rapina alla Zecca di Stato in Spagna, la banda di rapinatori con la maschera di Salvador Dalí, guidata dal geniale Professore, è alle prese con il furto dell’oro nella Banca di Spagna...

Valutazione Pastorale

C’è chi lo ha definito il miglior “sparatutto” del 2021, e non a torto. È “La casa di carta” (“La casa de papel”, dal 2017), uno dei punti di forza della piattaforma Netflix, serie spagnola nata inizialmente come prodotto dell’emittente Antena 3 firmata da Álex Pina (tra le sue creature Tv c’è “Los Serranos”, ossia i nostri “I Cesaroni”) e poi divenuta fenomeno globale grazie al colosso streaming, vincendo nel 2018 il riconoscimento come miglior serie drammatica ai 46 International Emmy Awards. Dopo le prime due stagioni incentrate sulla rapina alla Zecca di Stato in Spagna, dalla terza alla quinta la banda di rapinatori con la maschera di Salvador Dalí, guidata dal geniale Professore (Álvaro Morte), è alle prese con il furto dell’oro nella Banca di Spagna. I rapinatori – tra cui Tokyo (Úrsula Corberó), Lisbona (Itziar Ituño) e Denver (Jaime Lorente) – sono divenuti i beniamini della popolazione, esasperata da una società iniqua, ritratti come dei “Robin Hood” antisistema. Muovendosi lungo il binario del racconto action adrenalinico alla “Ocean’s Eleven” di Steven Soderbergh o “Mission: Impossible” con Tom Cruise, “La casa di carta” stagione dopo stagione ha conquistato pubblico e critica, per la sua capacità di presa (e sorpresa) sullo spettatore. Una dinamismo narrativo che però è andato un po’ sbiadendo, a favore di un inutile stiracchiamento della storia, un uso eccessivo di flashback per raccontare il passato dei protagonisti, ma soprattutto un ricorso fuori controllo a sparatorie ed esplosioni. Inoltre, i dialoghi inciampano spesso in stereotipi e perdono di mordente. Se il meccanismo narrativo di fondo della serie funziona, combinando agilmente linea gialla, poliziesca e romance (la travagliata relazione tra il Professore e l’ispettrice Raquel Murillo, divenuta poi Lisbona, come pure quella tra i rapinatori Tokyo e Rio oppure quella tra il ladro Denver e l’ostaggio Monica-Stoccolma), un mix che favorisce il binge-watching serrato, a erodere il fenomeno “La casa di carta” è la stasi delle ultime stagioni, avvitate in una trincea tematica senza particolare sviluppo o creatività. Peccato. Restiamo in attesa comunque del gran finale (in calendario 3 dicembre 2021) con un giudizio pressoché sospeso, se non deludente, per questa prima parte di stagione 5. Dal punto di vista pastorale “La casa di carta” è una serie complessa e problematica. Per i temi e il linguaggio in campo, la serie è indicata per un pubblico adulto.

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