LA MIA GENERAZIONE * *

Valutazione
Ambiguità, Discutibile, dibattiti
Tematica
Carcere, Terrorismo
Genere
Drammatico
Regia
Wilma Labate
Durata
95'
Anno di uscita
1996
Nazionalità
Italia
Distribuzione
Warner Bros Italia
Soggetto e Sceneggiatura
Wilma Labate, Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Sandro Petraglia Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Francesca Marciano, Giuseppina Mancini
Musiche
Nicola Piovani
Montaggio
Enzo Meniconi

Sogg.: Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Francesca Marciano, Giuseppina Mancini - Scenegg.: Wilma Labate, Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Sandro Petraglia - Fotogr. (panoramica/ a colori): Alessandro Pesci - Mus.: Nicola Piovani - Montagg.: Enzo Meniconi - Dur.: 95' - Produz.: Compact.

Interpreti e ruoli

Silvio Orlando (Capitano dei Carabinieri), Claudio Amendola (Braccio), Francesca Neri (Giulia), Vincenzo Peluso (Concilio), Alessandra Vanzi (prostituta), Stefano Accorsi, Hossein Tameri, Raffaele Vannoli, Paolo De Vita, Giorgio Gobbi, Mauro Marchese, Anna Melato, Arnaldo Ninchi, Vincenzo Aronica, Giuseppe Misiti, Giuseppe Tosca.

Soggetto

In Sicilia nel 1983 in un carcere speciale, Braccio, detenuto politico, viene prelevato con un furgone per essere tradotto a Milano, per ottenere alcuni colloqui con l'ex fidanzata, Giulia. Il Capitano dei Carabinieri, responsabile del trasferimento, con sagace psicologia, riesce a superare l'istintiva diffidenza del detenuto trattandolo da uomo e riconoscendo l'eccessiva durezza della condanna da lui subita. Il furgone ha un guasto e deve inoltre deviare verso S. Alba, dove una manifestazione di lavoratori in sciopero ha bloccato un treno su cui è trasferito un detenuto comune, Concilio, il quale viene ferito dalla folla che lo scambia per un terrorista. Una provvidenziale processione (alla tomba di un morto in un recente scontro a fuoco tra militi e banditi locali) depista i facinorosi e consente al furgone di riprendere la strada per Bologna, portando a bordo Concilio che si è procurato un'arma e vuole evadere con l'aiuto di amici. Ma una rivolta nel carcere e l'inevitabile notte in caserma lo costringono a consegnare l'arma a Braccio. Frattanto Giulia, dopo aver letto le ultime lettere dell'amico, incontra un vecchio compagno di lotta, che il silenzio di Braccio ha salvato dal carcere, invitandolo invano ad incontrarlo. Il detenuto ottiene il permesso di telefonare a Giulia; ma prima il Capitano gli svela che se parlerà con un superiore otterrà il mese di colloqui ambìto, altrimenti tornerà in Sicilia. Approfittando dell'arrivo di una prostituta, Braccio ottiene di appartarsi con lei in una toilette. Qui estrae la pistola di Concilio ma se ne disfa frettolosamente convincendosi che l'unica scelta è di continuare a tacere.

Valutazione Pastorale

Due realtà di fronte: lo Stato, che debellato il terrorismo, tenta la carta della persuasione e del pentitismo; Braccio, prigioniero più che delle sue manette, della sua coerenza, che gli ha fatto percorrere sentieri di morte dieci anni prima e che ora lo invita a rifiutare il patteggiamento propostogli con consumata perizia dal servitore dello Stato. Dinanzi alla scelta estrema e dolorosa di Braccio, pregna di uno stoicismo ed una dignità che denunciano una certa statura morale, ci si può chiedere se questo seppellimento volontario nella clausura coatta del carcere non illumini di rimbalzo la contestazione globale. Molti protagonisti del terrorismo sono ora i primi oggi ad accorgersi della pericolosa ed utopica ebbrezza che li invase, madre di letale disprezzo per la vita del "nemico" di turno, spesso scelto frettolosamente: ma il rifiuto di Braccio non potrà ingenerare il sospetto che certi valori portanti dell'ideologia rivoluzionaria, siano invece sepolti vivi, come asceti che sognino una impossibile redenzione dell'uomo? E, per converso, l'umanità dimostrata da Braccio per il delinquente comune e l'evidente disprezzo dell'ufficiale per costui non potrebbe suggerire una critica trasversale a leggi che hanno sì portato ad un proliferare del pentitismo, oggi criticato dalla stessa magistratura, ma anche a consistenti falle nell'omertà mafiosa? Ambiguità possibili a parte, il film è ben fatto, ben recitato e può essere valida base di una riflessione su una realtà che proietta ancora ombre sulla vita del Paese.

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