Lubo

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Bambini, Carcere, Denaro, Emarginazione, Famiglia, Giustizia, Guerra, Letteratura, Musica, Politica-Società, Povertà, Psicologia, Razzismo, Storia, Violenza
Genere
Drammatico, Storico
Regia
Giorgio Diritti
Durata
181'
Anno di uscita
2023
Nazionalità
Italia, Svizzera
Titolo Originale
Lubo
Distribuzione
01 Distribution
Soggetto e Sceneggiatura
Dal romanzo "Il seminatore" di Mario Cavatore, la sceneggiatura è firmata da Giorgio Diritti e Fredo Valla
Fotografia
Benjamin Maier
Musiche
Marco Biscarini
Montaggio
Paolo Cottignola, Giorgio Diritti
Produzione
Fabrizio Donvito, Benedetto Habib, Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen, Giorgio Diritti, Francesca Scorzoni, Paolo del Brocco, Christof Neracher, Claudio Falconi, Alberto Fusco, Andrea Masera. Casa di produzione: Indiana Production, Aranciafilm, Rai Cinema, hugofilm features, Proxima Milano.

In Concorso all'80a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2023)

Interpreti e ruoli

Franz Rogowski (Lubo), Valentina Bellè (Margherita), Christophe Sermet (Motti), Noémi Besedes (Elsa), Cecilia Steiner (Klara), Joel Basman (Bruno Reiter)

Soggetto

Svizzera 1939, Lubo è un nomade Jenisch che sta viaggiando con la moglie e i suoi tre figli di città in città, cimentandosi in spettacoli come artista di strada. Lungo la via l’esercito elvetico gli intima di abbandonare la famiglia e di presentarsi alla leva obbligatoria. Sotto le armi Lubo tenta la fuga, rubando l’identità di un commerciante austriaco: vuole a tutti costi ricongiungersi con i figli, forzatamente reclusi in istituti per l’infanzia. Inizia così un viaggio sotto mentite spoglie che si protrarrà nel corso del decennio ’50, dove Lubo farà i conti con le sue bugie ma anche con scomode verità ai danni della popolazione Jenisch...

Valutazione Pastorale

Bolognese classe 1959, il regista-sceneggiatore Giorgio Diritti in quasi vent’anni di attività cinematografico ha diretto solo una manciata di film, tutti accolti con grande successo da critica e pubblico: dall’acclamato “Il vento fa il suo giro” (2005) a “L’uomo che verrà” (2009), non dimenticano il pluripremiato “Volevo nascondermi” (2020), biopic sul pittore Antonio Ligabue, con cui ha ottenuto un premio alla Berlinale e ben sette David di Donatello, compreso quello per il miglior film. A Venezia80 partecipa in gara con “Lubo”, dal romanzo “Il seminatore” di Mario Cavatore, adattato per lo schermo dallo stesso Diritti insieme a Fredo Valla. La storia. Svizzera 1939, Lubo è un nomade Jenisch che sta viaggiando con la moglie e i suoi tre figli di città in città, cimentandosi in spettacoli come artista di strada. Lungo la via l’esercito elvetico gli intima di abbandonare la famiglia e di presentarsi alla leva obbligatoria. Sotto le armi Lubo tenta la fuga, rubando l’identità di un commerciante austriaco: vuole a tutti costi ricongiungersi con i figli, forzatamente reclusi in istituti per l’infanzia. Inizia così un viaggio sotto mentite spoglie che si protrarrà nel corso del decennio ’50, dove Lubo farà i conti con le sue bugie ma anche con scomode verità ai danni della popolazione Jenisch. “La lettura del romanzo ‘Il seminatore’ – racconta il regista – mi ha svelato vicende poco conosciute accadute in Svizzera per cinquanta anni, portandomi a riflettere sul senso di giustizia, sulle istituzioni, sul senso dell’educare e dell’amare. Ne è nato il film Lubo, da cui nello svolgersi degli eventi emerge quanto principi folli e leggi discriminatorie generino un male che si espande come una macchia d’olio nel tempo, penetrando nelle vite degli uomini, modificandone i percorsi, i valori, generando dolore, rabbia, violenza, ambiguità…”. Diritti firma un’opera dove alterna racconto storico, indagine civile e sguardi introspettivi. Pedinando la figura del nomade Lubo si sposta con lo sguardo, la macchina da presa, tra memoria storica della guerra e sofferenze del singolo, un rifiutato dalla società. Lubo è il “diverso”, perché nomade, dunque apprezzato solo per far numero in battaglia ma non per godere di diritti civili. Gli vengono strappati i figli senza motivazioni, senza mai fornire scuse. L’uomo precipita in una vertigine di sofferenze che lo portano a lasciarsi contaminare dal male: viene ferito dalla vita e al contempo ferisce senza esitazione. Il film “Lubo” è una storia drammatica di vinti, senza che ci sia una chiara identificazione tra buoni e cattivi, tra giusti o sbagliati. Diritti affascina per la qualità della sua regia, dal respiro contemplativo e poetico. Il modo in cui dirige è sempre il punto di forza del racconto, perché sa imprimere intensità e lirismo alle immagini. L’opera nell’insieme sconta però un’eccessiva lunghezza, ben 180 minuti, e anche una narrazione un po’ ondivaga, limitando la messa a fuoco del tema portante. Per l’attore Franz Rogowski è l’occasione della carriera. Ottima anche la prova di Valentina Bellè, nel ruolo della cameriera Margherita amata da Lubo. Film complesso, problematico, adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Adatto per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito. Per i temi in campo è indicato per un pubblico adulto.

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