Interpreti e ruoli
Amarsaikhan Baljinnyam (Tulgaa), Tenuun-Erdene Garamkhand (Tuntuulei), Damin Sovd (Ambaa), Davaasamba Sharaw (Nonno), Tserendarizav Dashnyam (Nonna), Delgersaikhan Danaa (Gurbazar)
Soggetto
Mongolia, oggi. Tulgaa torna nel suo villaggio natale per assistere il padrigno gravemente malato. Quando l’uomo muore Tulgaa decide di portare a compimento il raccolto prima dell’ultima luna di settembre, come da suo desiderio. Mentre lavora nei campi incontra un bambino, Tuntuulei, che vive con i nonni.
Valutazione Pastorale
Il recente viaggio apostolico di Papa Francesco in Mongolia (31 agosto – 4 settembre 2023) ha acceso l’attenzione internazionale su questo Paese grande cinque volte l’Italia con 2 milioni e mezzo di abitanti. “Una terra affascinante e vasta – l’ha definita il Papa - un popolo che ben conosce il significato e il valore del cammino”. “L’ultima luna di settembre”, esordio dietro la macchina da presa di Baljinnyam Amarsaikhan, è un bel racconto che intreccia sapientemente i legami uomo-natura e padre - figlio proprio nelle steppe dell’Asia Orientale. La storia. Tulgaa torna nel suo villaggio natale per assistere il padre gravemente ammalato. Alla morte dell’uomo decide di soddisfarne l’ultimo desiderio: terminare la fienagione prima dell’ultima luna di settembre. Una mattina, lavorando nei campi incontra Tuntuulei (Tenuun-Erdene Garamkhand), un bambino di dieci anni che vive con i nonni, mentre la madre lavora in città. Apparentemente sicuro di sé, al limite della sfrontatezza, è in realtà fragile, bisognoso di affetto e, soprattutto, alla ricerca di qualcuno che possa essere per lui un punto di riferimento, il padre che non ha mai conosciuto. Il rapporto tra i due, iniziato non proprio sotto i migliori auspici, cresce giorno dopo giorno. Tuntuulei ha ridestato in Tulgaa l’istinto paterno e l’uomo si scopre ogni giorno più affezionato al ragazzo, nel quale si rivede. L’ultima luna di settembre, però, è alle porte e Tulgaa deve tornare in città e riprendere il suo lavoro. Il bambino, deluso, disperato, non riesce ad accettarlo e si ribella come può. Il regista Amarsaikhan (che si ritaglia anche il ruolo del protagonista) ci regala una storia delicata e profonda; un racconto di formazione, che ci immerge in una cultura antica tra colori abbaglianti e silenzi, terre sconfinate, solitudine (le abitazioni, le caratteristiche yurta, sono molto distanti le une dalle altre), ma anche solidarietà (bellissima la scena in cui tutti si metteranno in gioco per costruire sulla collina una torre in legno che permetta di agganciare una rete internet e utilizzare così il cellulare). Per Tulgaa è un ritorno ai luoghi dell’infanzia che sa di nostalgia, a un legame a lungo accantonato, sospeso, “dimenticato”. Eppure, proprio qui ne costruirà uno nuovo, inaspettato, che ha il sapore del futuro. Candidato a rappresentare la Mongolia agli Oscar 2023, con il suo ritmo lento, la magnifica fotografia e due protagonisti meravigliosi, “L’ultima luna di settembre” è consigliabile, poetico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni di dibattito.