LULU’ ON THE BRIDGE

Valutazione
Discutibile, complesso**
Tematica
Famiglia, Libertà, Metafore del nostro tempo
Genere
Metafora
Regia
Paul Auster
Durata
Anno di uscita
1999
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
Lulù on the bridge
Distribuzione
BIM - Columbia TriStar Films Italia

Orig. : Stati Uniti (1998) - Sogg. e scenegg. : Paul Auster - Fotogr. (Panoramica/ a colori): Alik Sakharov - Mus. : Graeme Revell - Montagg. : Tim Squyres - Dur. :103' - Produz. : Peter Newman, Greg Johnson, Amy J. Kaufman.

Interpreti e ruoli

Harvey Keitel (Izzy Maurer), Mira Sorvino (Celia Burns), Willem Dafoe (dott. Van Hom), Gina Gerson (Hannah), Mandy Patinkin (Philip Kleinman), Vanessa Redgrave (Catherine Moore), Don Byron (Tyrone Lord), Richard Edson (Dave Reilly), Victor Argo (Pierre), Kevin Corrigan, Harold Perrineau

Soggetto

Izzy, sassofonista jazz di successo, si becca nel polmone una pallottola sparata da uno squilibrato entrato all'improvviso nel locale. Sopravvive ma non può più suonare, e, disperato, si vede costretto a cambiare vita. Per caso una notte, trovatosi di fronte il cadavere di un uomo, gli porta via una valigetta dalla quale tira fuori una pietra dai poteri magici e un numero di telefono. Entra così in contatto con Celia, una ragazza che lavora in un ristorante ma vuole fare l'attrice. Izzy si innamora di Celia e riesce a farle ottenere il ruolo principale in un nuovo allestimento de 'Il vaso di Pandora'. Per le prove Celia si trasferisce a Dublino e da lì chiama per telefono Izzy, senza mai trovarlo. Izzy é caduto prigioniero di un misterioso individuo, che vuole entrare in possesso della pietra e fa vedere di conoscere tutti gli episodi della vita di Izzy, rinfacciandogli i cattivi rapporti con la famiglia. Superando uno stato di forte pressione psicologica, Izzy riesce a fuggire, mentre Celia,in preda al dolore, si uccide, gettandosi in un fiume. Ma ecco che ritorna la situazione iniziale: colpito dal proiettile, Izzy viene portato via a braccia. Sull'ambulanza verso l'ospedale, muore.

Valutazione Pastorale

Paul Auster nasce come scrittore ma il cinema lo appassiona: prima sceneggiatore di "Smoke", poi co-regista di "Blue in the face", ora regista in proprio di un storia da lui anche scritta e sceneggiata. Sulla storia, Auster dice che affronta "il binomio amore-morte e per questo ho scelto come riferimento un classico come 'Il vaso di Pandora'...Nel film ci sono molte altre cose: c'é la musica, il jazz, c'è un protagonista che all'inizio della storia é 'mutilato' fisicamente ed emotivamente e che alla fine ritrova il vero se stesso...e c'é la magia, in senso ironico e allusivo...". A dire il vero, si fa un po' di fatica a rintracciare tutte queste cose in un copione che procede in maniera farraginosa tra sbalzi e inciampi narrativi. Si può dire che si tratta di un thriller metafisico, una metafora sui destini dell'uomo, sulle colpe con le quali bisogna confrontarsi, sul giudice che sempre ci osserva. Sullo sfondo di New York città della solitudine, il protagonista diventa il prototipo dell'uomo che si muove in stato di incoscienza, stretto in un processo di distacco dalla realtà concreta: la pietra filosofale del vivere fa scoprire l'amore ma, insieme, ne procura la perdita. Temi grossi, ma anche parecchia confusione e molto disordine. La conclusione é che il film si muove a corrente alternata, sia negli spunti sia nel modo di proporli. Film discutibile dunque, dal punto di vista pastorale, e senz'altro complesso nello svolgimento e nel linguaggio espositivo. UTILIZZAZIONE: più che in programmazione ordinaria, il film é da utilizzare in situazioni mirate, come esempio stimolante del rapporto cinema-letteratura di fine Millennio.

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