Sogg. e Scenegg.: Akira Kurosawa - Fotogr.: (normale/a colori) Takao Saito, Masaharu Ueda - Mus.: Shin' Ichiro Ikebe - Montagg.: Akira Kurosawa - Dur.: 134' - Produz.: Hisao Kurosawa
Interpreti e ruoli
Tatsuo Matsumura (Hyakken Uchida), Kyoko Kagawa (La moglie), Hisashi Igawa (Takayama), George Tokoro (Amaki), Masayuki Yui (Kiriyama), Akira Terao (Sawamura), Asei Kobayashi, Takeshi Kusaka, Mitsuru Hirata, Takao Zushi
Soggetto
docente di letteratura tedesca all'Università di Tokio, nel 1943 in piena guerra, dopo trenta anni di attività, il professore Hyakken Uchida abbandona l'insegnamento per dedicarsi alla carriera di scrittore. I suoi allievi lo venerano e quando la sua bella casa viene bombardata, prima gliela sistemano, poi gliene fanno costruire -fra le ferraglie e macerie circostantiuna più degna, con alberi e un minuscolo laghetto. Anche dopo il suo ritiro, il Maestro riceve spesso ex-allievi, tra i quali Takayama, Amaki, Kiriyama e Sawamura, rievocando volentieri mille piccoli episodi della sua vita. In più, ogni anno nel giorno del suo compleanno presiede una festa con grandi bevute di sakè, cori e risate, nel corso della quale grida "Madadayo" (non sono ancora pronto) alla morte si intende. Gli anni della storia si susseguono: la guerra è finita, ma il rito si ripropone. Un brutto periodo il professore lo passa quando l'adorato gatto Nora scompare. La moglie è disperata: Uchida non dorme, non mangia, deperisce e distribuisce volantini all'uscita delle scuole. Ma Nora non torna più. Gli tocca accettarne un altro (appellato Kurz), nero di pelo, quanto era rossiccio Nora. Per il settantesimo compleanno di Uchida grande festa come al solito: ormai gli ex-allievi sono padri e nonni e la torta con le candeline la recano al Maestro alcuni nipotini. Lui beve il suo sakè, dichiara che ancora "non è pronto" ma, appena ha manifestato a tutti il suo immenso affetto, ha un malore. A casa, durante la notte, mentre quattro fra gli allievi più legati a lui bevono sakè nella stanzetta accanto, Uchida quietamente muore.
Valutazione Pastorale
due temi fondamentali emergono chiaramente dall'enigmatica simbologia: il tempo nel suo scorrere con il ciclico alternarsi delle stagioni viste attraverso gli occhi di un vegliardo; l'idea di fedeltà ovvero l'invito a rimanere fedeli a noi stessi e a chi ci vuole bene senza peraltro perdere la consapevolezza di come tutto sia destinato a mutare costantemente. Con "Madadayo" si trascorrono altre due ore sfiorando la inconsistenza, tra inchini ed eterne bevute di sakè: tutto è distribuzione di saggezza senile; piccoli aneddoti del passato; battutine da parte del professore, viziato e coccolato. Quanto agli ex-allievi, essi si sprecano in affetto; fanno risate plateali (anche però con fastidiosa piaggeria verso il grande vecchio); si danno robuste pacche sulle spalle e , ad ogni compleanno, plaudono e si risentono giovani in gagliarde canzoni tradizionali. L'ultimo messaggio del professore -forte bevitoreconsiste in un patetico "vogliamoci bene" generale, tanto più che la guerra è perduta, imperano nuovi ricchi corrotti e le cose semplici (la luna, i gatti, le voci dei bambini, il laghetto) conservano intatto il fascino discreto. Dire che il film di Kurosawa è una commedia esigua, un bozzetto gentile suona quasi offensivo per il mitico regista. Non è difficile collocare la cinepresa davanti ai soli bagliori emotivi: più difficle è contagiarne gli spettatori (abituati a ben altre vicende di ben altro spessore) fino ad ipnotizzarli a forza di gentilezze e storie minime.