MADRE E FIGLIO

Valutazione
Problematico, Raccomandabile, Dibattiti*
Tematica
Famiglia - genitori figli, Psicologia
Genere
Drammatico
Regia
Aleksandr Sokurov
Durata
74'
Anno di uscita
1998
Nazionalità
Russia
Titolo Originale
MAT' I SYN (MOTHER AND SON)
Distribuzione
Istituto Luce
Soggetto e Sceneggiatura
Yuri ArabovYuri Arabov
Musiche
Mikhail Glinka, Otmar Nussio, Giuseppe Verdi
Montaggio
Leda Semyonova

Sogg e Scenegg.: Yuri Arabov - Fotogr.: (Panoramica/a colori) Aleksej Fyodorov - Mus.: Mikhail Glinka, Otmar Nussio, Giuseppe Verdi - Montagg.: Leda Semyonova - Dur.: 74' - Produz.: Lenfilm, St. Petersburg - Zero Film, Ö Film, Berlin

Interpreti e ruoli

Gudrun Geyer (la madre), Aleksej Ananischnov . (il figlio)

Soggetto

La madre è gravemente ammalata, debilitata nel fisico, priva di ogni energia. Il figlio la cura amorevolmente, la nutre, la fa sedere sulla panchina davanti casa e, ad alta voce, le legge ciò che è scritto in alcune cartoline. Insieme ripercorrono le tappe dell'infanzia di lui, quando lei lo sorvegliava costantemente per paura di perderlo. La madre cerca di non far capire al figlio quanto le è vicina la morte. Chiede di uscire a passeggio, anche se non si regge in piedi, e il figlio la solleva, la porta in braccio per il paese ormai deserto, dove sono rimasti solo loro due. Tornano allora verso casa, mentre intorno la campagna si distende a perdita d'occhio. I campi di grano sono piegati dal vento, gli alberi ondeggiano, le nuvole salgono lentamente sopra le colline. Dentro, in casa, le stanze piene di ombre sono trafitte da improvvisi raggi di sole. Fuori, lontano, passa una locomotiva che conduce persone in qualche località. Quando infine la madre muore, il figlio rimane totalmente solo, e la saluta dicendo: "Mamma, aspettami là dove abbiamo detto".

Valutazione Pastorale

Valutazione pastorale: Nato nel 1951 ad Irkutsk (Russia), Alexander Sokurov ha studiato cinema alla scuola di Mosca. Nel 1978 un suo lungometraggio dal titolo "La voce solitaria dell'uomo" non fu riconosciuto ai fini del diploma, ne fu impedita la circolazione e stessa sorte ebbero i film prodotti a partire dal 1980. In quell'anno AndreJ Tarkowski, dall'esilio, cominciò a perorare la causa del collega ed istituì un fondo a suo favore. Solo dal 1986 Sokurov riuscì a proiettare i propri film. Queste informazioni brevi sono tuttavia indispensabili per inquadrare una figura d'autore anomalo e affascinante che, in 74 minuti, riesce a condensare un'idea di cinema puro ed essenziale. Visualizzando lo strazio interiore degli ultimi momenti di un rapporto madre-figlio, il film esprime una forma meditativa di grande spessore: vi si rispecchia la ricca spiritualità orientale, il senso profondo della vita, della speranza, del rapporto tra l'uomo e la natura attraverso la fede. Certo il ritmo lento e cadenzato, le immagini fisse, la ridotta presenza di parole a vantaggio delle immagini e dei volti può mettere in difficoltà un pubblico abituato ad altri toni. Ma è un film da vedere che, con sensibilità e delicatezza, va al fondo dei grandi temi del dolore, della sofferenza, della solitudine, riscattati dalla luce di un orizzonte più ampio. Per tutti questi motivi (ed anche altri: i richiami alla tradizione pittorica e letteraria), il film, dal punto di vista pastorale, è senz'altro da raccomandare, suggerendolo come problematico e per dibattiti. Utilizzazione: inserito in programmazione ordinaria, il film risulterebbe forse sprecato e visto nella prospettiva sbagliata. E' da recuperare, e largamente, in situazioni mirate, come proposta di film di qualità, esempio di un cinema che mette in primo piano l'uomo, i suoi valori, il suo cammino sulla Terra.

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