PAURA – NATIVE SON

Valutazione
Discutibile, Realistico
Tematica
Genere
Drammatico
Regia
Jerrold Freedman
Durata
108'
Anno di uscita
1988
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
NATIVE SON
Distribuzione
Artisti Associati International
Soggetto e Sceneggiatura
Richard Welsey dal romanzo di Richard Wright
Musiche
James Mtone
Montaggio
Aaron Stell

Sogg.: dal romanzo di Richard Wright - Scenegg.: Richard Welsey - Fotogr.: (normale/a colori) Thomas Burstyn - Mus.: James Mtone - Montagg.: Aaron Stell - Dur.: 108' - Produz.: Diane Silver Productions

Interpreti e ruoli

Carrol Baker (Mrs. Dalton), Akossa Busia (Bessie), Matt Dillon (Jan), Art Evans (Doc), John Karlem (Max), Victor Love ; Elizabeth Mc Covern (Bigger Thomas), John Mc Martin (Mary Dalton), Geraldine Pace, David Rasche

Soggetto

nel 1930 a Chicago nella ricchissima famiglia Dalton entra come autista un diciottenne nero, Bigger, un tipo disoccupato e non alieno dall'organizzare con qualche amico un fruttuoso colpetto, ma in sostanza buon figliolo. Si trova subito bene, ma la sua presenza in quella casa è destinata a durare pochissimo. Mary unica figlia dei Dalton, molto aperta, amica di Jan oltre che frequentatrice abituale di ambienti comunisti veri o presunti, dopo aver cenato con Jan e con il nero (nei circoli suddetti l'antirazzismo è materia d'obbligo), rientra nella propria villa completamente ubriaca. Bigger ha il suo daffare e riesce a farla distendere sul letto: all'improvviso entra la signora Dalton, che ha udito gli inevitabili rumori nel cuore della notte e il ragazzo (che lei essendo cieca non può vedere) preso dal panico soffoca con un cuscino i farfugliamenti di Mary. Terrorizzato dall'accaduto il minimo che gli può capitare è l'accusa di aver abusato, lui nero, della padroncina di casa, per sopprimerla poi Bigger trascina il cadavere nel sottosuolo e lo brucia nella caldaia del riscaldamento. Angosciato per la inesplicabile sparizione della figlia, i Dalton si rivolgono alla polizia, anche perchè è loro arrivata una richiesta di riscatto per il sequestro di Mary, sommariamente stilata da Bigger e da lui siglata "I Rossi". Ma la messinscena non dura: tra la cenere si ritrovano frammenti ossei: Bigger è catturato, imputato di violenza e omicidio e, malgrado tutti gli sforzi dell'avvocato a difesa ed il leale tentativo di Jan di scagionarlo, è condannato a morte.

Valutazione Pastorale

è una storia cupa ed amara ma il film risulta estremamente datato e vecchiotto quanto a fattura. L'America razzista dell'epoca, i sospetti di evasione, gli stessi ambienti dei "radicali" impenitenti (in larga parte rampolli della ricca borghesia), perfino la croce fiammeggiante approntata dai Ku-Klux-Klan all'esterno della prigione dove il giovane nero trascorre i giorni prima della sentenza di morte, tutto resta nello sfondo o fa da cornice. D'altra parte, la giustificazione emotiva e la indulgenza non possono certo scaturire a beneficio del ragazzo nero, il quale (salvo l'attenuante del panico) è un assassino. Tratto dall'omonimo romanzo di Richard Wright, il noto scrittore americano di vari anni or sono, il film di Jerrold Freedman non è mal condotto, tuttavia delude le promesse dell'avvio, senza offrire una atmosfera adeguata per un dramma in cui figurano anche buoni attori (Carrol Backer, Geraldine Page, qui immiserita nei panni di una cameriera, Matt Dillon un occhialuto "radical" e Victor Love, che fa Bigger, impaurito e teso a dovere).

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