RASOI

Valutazione
Inaccettabile, Aberrante
Tematica
Genere
Grottesco
Regia
Mario Martone
Durata
55’
Anno di uscita
1994
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
RASOI
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Mario Martone, Toni Servillo, Enzo Moscato
Musiche
Autori Vari
Montaggio
Iacopo Quadri

Sogg. e Scenegg.: Mario Martone, Toni Servillo, Enzo Moscato - Fotogr.: (panoramica/a colori) Pasquale Mari - Mus.: Autori Vari - Montagg.: Iacopo Quadri - Dur.: 55’ - Produz.: Teatri Riuniti

Interpreti e ruoli

Toni Servillo (Il Guappo), Iaia Forte (Maria Carolina), Tonino Taiuti (Vagabondo Cieco), Licia Maglietta (La Madonna), Enzo Moscato (Il Cantante), Vincenza Modica, Gino Curcione, Isacco Esposito, Marco Manchisi

Soggetto

l’autore, seduto davanti al sipario, annuncia la sua morte, e con la sua prima canzone introduce lo “scugnizzo”, che paragona Napoli ad una cloaca dove tutte le rivoluzioni sono state inghiottite. Poi un vagabondo cieco narra dei patteggiamenti, identici, degli invasori prima spagnoli e poi francesi con tre prostitute che devono sedurre il nemico alla fonda: otterranno in cambio il mitico Trianon. La regina Maria Carolina lamenta il vittimismo del popolo, e consiglia di lasciar correre come migliore condotta esistenziale, mentre il vagabondo spiega che il Trianon promesso da francesi e spagnoli è in realtà un fetido carcere. Una statua della Madonna narra la vicenda di Palummiello, un ragazzo violentato sulla spiaggia di Procida per tre giorni da pescatori dalla pelle nera. Re Ferdinando viene sbeffeggiato da un cuoco mentre si abbuffa nelle cucine di cibi avvelenati. Lo “scugnizzo” lamenta la peste chimica che ha inquinato l’aria e l’acqua di Napoli. La regina elenca le bellezze turistiche di Napoli che il re copre, una per una, di contumelie. Una donna a letto parla della morte, del mare, divenuto un “azzurro obitorio”. Un guappo, sulla musica di “Guapparia”, lancia un’invettiva contro la moderna malavita, che ha ridotto la gioventù ad un’orda di automi assatanati, violenti, drogati, disperati. Mentre gli sparano, lo scugnizzo annuncia l’alba. E si allontana verso la sua degradazione finale, che potrà raggiungere anche senza eroi o guide che portano solo alle tenebre. L’autore dopo aver cantato l’ultima canzone, si chiede da quanto tempo sia morto.

Valutazione Pastorale

tratto da uno spettacolo teatrale, il film ne ripropone senza varianti l’atmosfera e l’ambiente: l’uso del dialetto napoletano, pur infarcito di neologismi, latinismi e locuzioni astratte, limita la comprensibilità del testo ad un pubblico di area linguistica idonea. Il livore e la rabbia impotente e feroce che trasudano da questi testi di Moscato, se da un lato denunciano l’esasperazione cui una certa fascia della popolazione di Napoli è giunta, dall’altro non sembrano certo, nel loro feroce pessimismo senza speranza, aprire un sia pur piccolo spiraglio nel nebbione plumbeo e graveolente che sembra soffocare gli interpreti, peraltro assai bravi, della pièce. L’uso di espressioni deliberatamente oscene nell’appassionata recitazione degli attori; i contenuti sempre negativi, a volte degradanti ed aberranti; il clima, come di carcere o di cloaca, che domina tutto lo spettacolo, non consentono di accettare, sia pur in minima parte, la critica ad una situazione obiettivamente degradata come quella napoletana. N.B. Il film è preceduto dal cortometraggio “Swan Song” di Kenneth Branagh in cui John Gielgud e Richard Briers interpretano magistralmente “Il canto del Cigno” di Cechov.

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