UN LUGAR EN EL MUNDO (UN POSTO NEL MONDO) ***

Valutazione
Raccomandabile, Realistico, Dibattiti
Tematica
Povertà-Emarginazione, Rapporto tra culture
Genere
Drammatico
Regia
Adolfo Aristarain
Durata
120'
Anno di uscita
1993
Nazionalità
Argentina
Titolo Originale
UN LUGAR EN EL MUNDO
Distribuzione
Visioni Originali
Soggetto e Sceneggiatura
Adolfo Aristarain, Alberto Lecchi
Musiche
Emilio Kauderer
Montaggio
Eduardo Lopez

Sogg. e Scenegg.: Adolfo Aristarain, Alberto Lecchi - Fotogr.: (normale/a colori) Ricardo De Angelis - Mus.: Emilio Kauderer - Montagg.: Eduardo Lopez - Dur.: 120' - Produz.: Adolfo Aristarain, Osvaldo Papaleo

Interpreti e ruoli

Josè Sacristan (Hans), Federico Luppi (Mario), Cecilia Roth (Ana), Leonor Benedetto (Nelda), Gaston Batyi (Ernesto), Rodolfo Ranni (Andrada), Hugo Arana (Zamora), Lorena Del Rid (Luciana), Mario Alarcon (Juan)

Soggetto

a Valle Bermejo, a 700 miglia da Buenos Aires, arriva un geologo spagnolo, Hans, che Ernesto, ancora adolescente, va a prendere alla stazione col calesse, ingaggiando una rischiosa gara col treno a nafta, che egli precede sempre al passaggio a livello, suscitando le ire del macchinista. La famiglia di Ernesto è composta da Mario, un esiliato politico che fa il maestro, offrendo gratis il pranzo ai bimbi per attirarli a scuola, e la moglie Ana, ebrea, medico, anch'essa perseguitata, con un fratello "desaparecido". Hans lega subito con la famiglia e con Nelda, una suora molto concreta e alla mano che veste abiti civili: tra lui e Ana nasce una simpatia istintiva, che però viene tenuta a freno da entrambi. Infatti l'affetto e la stima per Mario, che affronta con coraggio le difficoltà di un ambiente rurale, difendendo i peones dalle prepotenze di Andrada, il latifondista, riunendoli in una cooperativa e alfabetizzandone i figli, è superiore alla tentazione, per l'una, di evadere per un istante da una routine faticosa, e per l'altro, pluridivorziato, di spezzare con l'affetto di una donna bella e intelligente il muro di solitudine e di finto cinismo che si è eretto intorno. Ernesto è innamorato, per la prima volta, di Luciana, la figlia del fattore di Andrada, e siccome costui non la lascia venire a scuola per usarla come serva in casa, il ragazzo le insegna nascostamente a leggere e scrivere. Per stupire la bimba, le scrive anche, in ebraico, la prima strofa di una ninna nanna cantatagli dalla nonna materna. Il tempo trascorre tra animate cene a casa di Mario, con la gara equestre per la tosatura vinta da Hans; con un piccolo "pogrom" contro Mario, cui uccidono le pecore, tracciandogli una svastica sul muro; con un viaggio di Mario, Hans, Ana, ed Ernesto a Buenos Aires, dove i due uomini, sempre più amici, si ubriacano solennemente. Al ritorno, due brutte notizie: Nelda deve rientrare a Buenos Aires per fare la maestra delle novizie, e una ditta spagnola ha iniziato la costruzione di un bacino idroelettrico nella valle. Anche Hans, finite le sue misurazioni, deve, con più di un rimpianto, partire, e si congeda commosso dalla famiglia, e accompagnato da Ernesto, ingaggia l'ultimo duello contro il treno. Ad Ernesto è stato proibito di vedere Luciana, che lo sfugge, presentendo che se ne andrà. Prima di andarsene, Ernesto le incide, sull'architrave del cancello d'ingresso della fattoria, parole di una ninna nanna ebraica.

Valutazione Pastorale

non è facile condensare una trama che, sotto l'apparente semplicità d'impianto, crea nello spettatore stimoli a getto continuo, nei dialoghi, sempre pieni di straordinaria vivacità, ironia e realismo, e nelle immagini, evocando temi antichi quanto il mondo e qui riproposti con una felicità d'inventiva, una sobria verità di accenti, e soprattutto resi credibili e palpitanti da una recitazione assai valida per intensità e misura. Da sottolineare la figura di Hans, cui Josè Sacristan conferisce la giusta miscela di sarcasmo ed umanità, cinismo e capacità d'affetto; quella di Ana, disegnata con intensa sobrietà da Cecilla Roth; anche i due ragazzi, Ernesto e Luciana, (specie la bimba) sono encomiabili, e le loro lezioni di lettura, o il loro primo innocente bacio, protetto dall'altare della chiesetta, restano impressi nella memoria. Si è spesso verificato come sia difficile riunire in modo equilibrato, in una persona, le doti di regista, soggettista e sceneggiatore, e solo pochi maestri del cinema vi riescano. Adolfo Aristarain, porteño di evidenti radici ispaniche, e qui al suo ottavo film, rientra evidentemente in questa categoria: riproporre temi come l'emarginazione dei campesinos, il loro sfruttamento, l'impegno civile, la figura del religioso nel terzo mondo, la figura del padrone, o i primi turbamenti amorosi, e riproporre situazioni abusate in decine di pellicole sudamericane, senza mostrare un segno benché minimo di cedimento, significa non solo conoscere bene il proprio mestiere, ma essere anche un artista. Film bellissimo quindi, dove la lezione morale è una diretta conseguenza delle sequenze, presentate sempre accuratamente depurate da qualsiasi fronzolo retorico o sentimentale, tanto che l'invito all'impegno personale, al compimento del proprio dovere, al reciproco rispetto, alla capacità di sacrificare il tornaconto personale per qualcosa di più alto suona, da un pulpito posto all'altezza della platea, assai più coinvolgente di un solenne sermone in una cattedrale o della pletora di libri, film e servizi televisivi dedicato da anni alle problematiche terzomondiste. Un film che merita a buon diritto di essere raccomandato.

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