Il fuoco e la brezza del vento – Cinema e preghiera

mercoledì 6 Maggio 2015
Un articolo di: Redazione

“Il fuoco e la brezza del vento. Cinema e preghiera” (ed. San Paolo, 2015, pagg. 117) si propone come riflessione e sguardo circa il rapporto tra la settima arte e la preghiera, momento intimo, ma non privato, del rapporto tra Dio e l’uomo. Il rapporto tra le narrazioni cinematografiche e le forme, gli stili, le dinamiche della preghiera presenta immediatamente più difficoltà che consonanze.”  Così prende il via l’introduzione che i due autori, Dario Cornati e Dario Edoardo Viganò, hanno inteso offrire quale stimolo per entrare da vicino nell’argomento proposto. Ricordato che Dario Cornati è docente dal 1991 e dal 2013 docente stabile presso l’istituto Superiore di Scienze Religiose di Mantova; e che Dario Edoardo Viganò è direttore del Centro Televisivo Vaticano e professore ordinario di Teologia della Comunicazione presso la Pontificia Università Lateranense,  si specifica che la prima parte (“Nostalgia del silenzio” di Cornati) apre il volume con la precisazione che “la ricerca del silenzio è una condizione essenziale del vivere per non affondare nel mare frenetico e schizofrenico della nostra contemporaneità iperattiva”. Nella seconda parte (“La preghiera tra campo e controcampo dello Spirito”), Viganò “rintraccia le connessioni narrative tra narrazioni cinematografiche e dinamiche e forme della preghiera”.  Si arriva così da vicino all’incontro con i testi, ossia i film, e con quegli autori che hanno segnato momenti forti dell’incontro tra cinema e spiritualità: Andrej Tarkovskij, Ingmar Bergman, Robert Bresson, Carl Theodor Dreyer. E, in anni più vicini a noi, Krzysztof Kieslowski, Lars Von Trier, Pavel Longuine, Stephen Frears. In Italia si fa riferimento ai titoli più intensi di Roberto Rossellini, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini e al confronto con una sofferta ma non banale modernità di approcci e ambienti nei film di Moretti, Verdone, Olmi. Si arriva alla fine consapevoli di poter assumere l’impegno di ‘andare al cinema con occhi nuovi’. Questo in fondo ci chiede il cinema del terzo millennio, un’arte giovane che vuole restare tale anche nel caotico dipanarsi della nuova comunicazione. Per smentire quello che diceva Franz Kafka: “io vivo con gli occhi e il cinema impedisce di guardare”.


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