ROFF17: “The Lost King” di Stephen Frears e “Il principe di Roma” di Edoardo Falcone

lunedì 17 Ottobre 2022
Un articolo di: Sergio Perugini

Tutto per la Corona. Non la serie Netflix, di cui attendiamo con ansia la quinta stagione tra un mese, bensì questioni di titolo, quelle che legano due titoli in evidenza nella terza giornata della 17a Festa del Cinema di Roma. Parliamo di “The Lost King”, l’ultimo film del britannico Stephen Frears – suoi “The Queen” (2006) e “Philomena” (2013) –, dramedy storico-sociale sul ritrovamento dei resti di Riccardo III nel 2012. Con Sally Hawkins (strepitosa!) e Steve Coogan. Ancora, regalità ma in chiave rugantiniana nel film “Il principe di Roma” di Edoardo Falcone con Marco Giallini, riuscito mash-up tra “Canto di Natale” di Charles Dickens e i film “Nell’anno del Signore” (1969) di Luigi Magni e “Il marchese del Grillo” (1981) di Mario Monicelli. Infine, domenica 16 ottobre alla Casa del Cinema la prima del restauro del film “La porta del cielo” (1945) di Vittorio De Sica, evento con Christian De Sica e di mons. Dario E. Viganò. Punto Cnvf-Sir.

“The Lost King”
È uno dei primi regali della Festa di Roma 2022, il film “The Lost King” (distribuito da Lucky Red) di Stephen Frears, acclamato autore britannico che alla manifestazione capitolina sarà protagonista anche di un incontro con il pubblico, domenica 16 ottobre. Presentato all’ultimo Toronto Film Festival, “The Lost King” ricostituisce il team creativo-produttivo di “Philomena” (film del 2013, miglior sceneggiatura alla 70a Mostra di Venezia, 4 candidature agli Oscar): a firmare il copione infatti sono nuovamente Steve Coogan e Jeff Pope, che si confrontano ancora una volta con una vicenda vera, l’incredibile impresa di Philippa Langley, che con granitica tenacia, nonostante il machismo imperante, riesce nel 2012 a ritrovare le spoglie di Riccardo III.
La storia. Inghilterra, anni Duemila. Philippa (Sally Hawkins) è una quarantenne con due figli preadolescenti e un ex marito, John (Steve Coogan), con cui condivide ancora casa. Affetta da spossatezza cronica, che l’ha penalizzata anche sul lavoro, dopo aver visto uno spettacolo teatrale su Riccardo III da William Shakespeare decide di approfondire la figura del sovrano morto nel 1485. Decisa a riabilitarne l’immagine, messa in ombra dall’opera del Bardo, Philippa si mette in mente che le spoglie (mai pervenute) di Riccardo III siano nella città di Leicester. Contando sull’appoggio della “Richard III Society” e dell’accademico Richard Buckley (Mark Addy), la donna apre una raccolta fondi per dare il via allo scavo…
Ancora una volta Stephen Frears riesce a mettere a segno un film vibrante, componendo un’emozionante pagina di cinema su note sociali. Un ritratto di donna forte, tenace e libera, come avvenuto per Philomena Lee nel citato “Philomena”, resa con raffinatezza da Judi Dench. In “The Lost King” Philippa appare inizialmente messa ai margini della società, poco considerata dagli sgomitanti colleghi d’ufficio e pressoché invisibile in casa dai familiari. Philippa è affetta da mal di vivere, da una spossatezza cronica che toglie energie e colori alle giornate. Rimasta senza lavoro, senza interessi, la donna si aggrappa alla figura di Riccardo III: non un’ossessione, non un deragliamento patologico, bensì un bisogno di dimostrare a se stessa, e agli altri, che le apparenze ingannano. È successo a Riccardo III, beffato da Shakespeare, ed è successo a lei, invisibile ai più solo perché fragile. Animata da coraggio e resilienza, fronteggia ripetuti pregiudizi e mortificazioni mettendosi alla guida di una missione (im)possibile.
Frears entra con grande delicatezza nelle stanze dell’animo di Philippa, costruendo insieme a Coogan e Pope un racconto che volteggia tra il dramma e la commedia brillante, capace di assumere anche i vessilli di un’opera femminista: nel film, come purtroppo nella realtà, sono ancora tanti, troppi, gli uomini che meschinamente primeggiano sul talento femminile. Succede a Philippa, che vede sottrarsi i meriti della storica scoperta.
Film che corre veloce e appassionante, su un binario narrativo che ondeggia sapiente tra verità e finzione, “The Lost King” è un’opera acuta, brillante, che emoziona non solo per la parabola di Philippa Langley – cui Frears tributa il meritato riconoscimento –, ma anche per la sorprendente prova di Sally Hawkins, una performance dolente e luminosa. Magnifica! “The Lost King” è consigliabile, brillante, per dibattiti.

“Il principe di Roma”
Romano classe 1968, Edoardo Falcone è uno sceneggiatore di commedie brillanti, che ha esordito come regista nel 2015 con “Se Dio vuole”, firmando poi “Io sono Babbo Natale” (2021), l’ultima interpretazione di Gigi Proietti. Alla Festa del Cinema presenta un film che ne segna di fatto la piena maturità artistica: “Il principe di Roma”, scritto insieme a Paolo Costella (il soggetto è condiviso con Marco Martani).
La storia. Roma, 1829. Bartolomeo, Meo, Proietti (Marco Giallini) è un uomo facoltoso nato da umili origini. Divenuto un ricco possidente, Meo è intenzionato a ottenere il titolo nobiliare di principe, pianificando delle nozze con la figlia del principe Accoramboni (Sergio Rubini). Avaro, spregiudicato e apparentemente insensibile, Meo quando si trova sul punto di pagare la dote per il matrimonio viene assalito in sogno da tre visioni: Beatrice Cenci (Denise Tantucci), Giordano Bruno (Filippo Timi) e papa Alessandro VI (Giuseppe Battiston). Fantasmi o proiezioni della propria coscienza, Meo è chiamato a fare i conti con la sua esistenza…
“Il principe di Roma” è una commedia a sfondo storico dal chiaro ritmo e dalla buona dinamica narrativa, sorretta da un cast solido a partire da Marco Giallini, che mette in campo un’interpretazione spumeggiante, tesa a omaggiare in maniera puntuale Alberto Sordi, Nino Manfredi e Gigi Proietti. Accanto a lui brilla Giulia Bevilacqua, nel ruolo della domestica Teta; gustose, poi, le tre performance dei fantasmi dickensiani, su tutti quella di Filippo Timi. Falcone fa dunque centro con una storia marcata dalla leggerezza della commedia popolare, declinata però con acuti richiami alla tradizione cinematografica: “Nell’anno del Signore”, “Il marchese del Grillo” e “Rugantino”. La sua regia, come pure la scrittura, si muovono solide e spedite, senza timori di confronti con ingombranti modelli del passato. Funziona, poi, l’ambientazione romana di inizio ‘800, grazie anche alle belle scenografie di Paola Comencini e ai costumi di Mary Montalto. Proposta di certo godibile e convincente, “Il principe di Roma” è consigliabile, brillante, per dibattiti.

“La porta del cielo”
Sarà presentato domani, 16 ottobre alle ore 18:00, presso la Casa del Cinema, nella sezione “Storia del cinema” della Festa di Roma, l’atteso restauro del film “La porta del cielo” (1945) di Vittorio De Sica. Il progetto è promosso dal Catholicism and audiovisual studies (Cast) dell’Università UniNettuno, insieme a Officina della comunicazione, Cineteca nazionale – Csc e all’Associazione officina cultura e territorio di Bergamo. Interverranno alla proiezione l’attore Christian De Sica, mons. Dario E. Viganò e Gianluca Della Maggiore, rispettivamente presidente e direttore del Centro di ricerca Cast.
A lungo considerato un titolo minore nella filmografia di De Sica, “La porta del cielo” è a ben vedere un’opera di rilievo nella storia del cinema italiano così come nella storia della Chiesa.
A seguire, il documentario “Argento puro” firmato dal regista Matteo Ceccarelli.

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