SHINING di nuovo in sala il thriller horror di Stanley Kubrick

mercoledì 25 Ottobre 2017
Un articolo di: Redazione

“Shining” esce nelle sale nel 1980. Arriva dopo “Arancia meccanica” (1971) e “Barry Lyndon” (1975), e non ottiene un successo travolgente. Ora, a 37 anni da quell’esordio e 40 dalla pubblicazione del best seller di Stephen King che è alla base del copione, il film torna di nuovo al cinema. Occasione unica e preziosa per vedere (o rivedere) un titolo che negli anni ha acquistato forza e spessore, facendosi largo dapprima nel cinema di genere ma poi riuscendo a divincolarsi da quelle strettoie limitative per iscriversi nell’elenco del grande cinema d’autore. La visione in sala determinante per apprezzare in pieno lo spazio dentro il quale si fa largo la storia, a cominciare dall’Overlook Hotel, l’albergo dove il protagonista Jack Torrance accetta di insediarsi per tutto l’inverno, non solo per fare il guardiano/sorvegliante, ma nella speranza di recuperare l’ispirazione giusta per scrivere il romanzo a lungo inseguito. Proprio questo del libro da scrivere è un punto di partenza che condiziona e indirizza molte delle vicende successive. La incapacità di Jack di concretizzare qualcosa alla macchina da scrivere è il primo punto per attivare le reazioni isteriche verso la moglie Wendy e per cominciare a guardare con occhi differenti il figlioletto di sette anni Danny. La follia di Jack procede secondo un climax violento e irrefrenabile. Torrance assume modi di fare sempre più incontrollabili che lasciano la moglie senza difesa alcuna. Molti motivi si accumulano a mano a mano a aumentare la crescente isteria dell’uomo. Ma il vero nodo drammatico, quello che crea un misterioso e affascinante legame è il ricordo della grande festa tenutasi proprio in quell’albergo molti anni prima. Qui Kubrick mette in campo una visionarietà che toglie il fiato e spacca ogni contatto tra passato e presente per farsi aspro e faticoso ripercorrere di ricordi, memorie, faticosa malattia di legami troppo tesi. Bisogna ricordare che il quel 1980, la CNVF, visto il film, lo valutò come “accettabile/scioccante/dibattiti”: valutazione tanto giusta quanto imprevista nell’uso di quell’aggettivo (“scioccante”) che indirizzava il film verso una identità spiazzante, provocatoria, al di sopra del prevedibile e dell’abitudinario. Un giudizio unico per un film di assoluto valore: (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 90/20 pag. 201).   


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