Un’amicizia che salva

venerdì 31 Luglio 2020
Un articolo di: Sergio Perugini

“Quasi amici” (2011) di Olivier Nakache ed Éric Toledano quinto film sul tema della disabilità promosso da Cnvf e Servizio per la pastorale persone con disabilità CEI

È uno dei film meno recenti nel ciclo “cinema e disabilità” che proponiamo come Commissione nazionale valutazione film insieme al Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza Episcopale Italiana. Parliamo di “Quasi amici” (“Intouchables”, 2011) di Olivier Nakache ed Éric Toledano, commedia francese che prende le mosse da una storia vera che ha sorpreso critica e pubblico divenendo uno dei titoli di riferimento del cinema europeo dell’ultimo decennio. Un’opera che funziona non solo per il perfetto meccanismo narrativo della commedia a sfondo sociale, ma perché “Quasi amici” è uno di quei film che ha cambiato corso nel cinema del nuovo Millennio al racconto della disabilità. Con il suo umorismo diretto, frizzante, persino pungente, ha abbattuto rigidità narrative sul tema, squadernando un nuovo orizzonte di riferimento. Una bella storia di riscatto e rinascita, grazie all’incontro e all’amicizia.

Due solitudini a confronto
Parigi oggi. Driss (Omar Sy) è un giovane di origini africane che abita nelle periferie della capitale. Con lui la vita non è stata clemente, anzi; di certo anche lui non ha favorito alcuna possibilità di cambiamento, conducendo un’esistenza stanca e trasandata. Per non perdere il sussidio statale, si presenta a un colloquio per un posto da badante presso l’abitazione di un ricco signore francese, Philippe Pozzo di Borgo (François Cluzet), tetraplegico dopo un incidente. Il colloquio di lavoro non sembra andare nella direzione giusta, perché Driss fa di tutto per non farsi assumere, contando di poter continuare a vivere con il sussidio di disoccupazione; nonostante questo Philippe rimane colpito dal giovane, dalla sua carica di buonumore e dal suo modo di fare così schietto, audace, ben lontano dalle accortezze che riceve dal personale impiegato nella sua abitazione. Philippe decide allora di assumere Driss come assistente personale, chiedendogli di essere presente tanto negli impegni di lavoro quanto nei bisogni basilari in casa. Un incontro che parte che con il piede sbagliato, ma che ben presto evolve poi in un sorprendente percorso di riscatto. Per entrambi.

Il riscatto che viene dall’incontro
Alla base del film c’è una storia vera, raccontata nel libro “Il diavolo custode” scritto da Philippe Pozzo di Borgo. A portarlo sullo schermo sono due registi-sceneggiatori francesi, Olivier Nakache ed Éric Toledano, che nell’ultimo decennio si sono confrontati con questioni sociali attraverso un registro comico: tra i loro film si ricordano “Samba” (2014), sul tema dell’integrazione, e “C’est la vie. Prendila come viene” (“Le sens de la fête”, 2017), sul mondo del lavoro nel settore della ristorazione. Film della svolta rimane senza dubbio “Quasi amici”, campione di incassi in Francia, risultando uno dei migliori incassi di sempre nell’industria d’Oltralpe, come pure in Italia dove si impone al box office come il film francese di maggior successo, ottenendo inoltre il David di Donatello come miglior film europeo. Negli Stati Uniti “Quasi amici” ha ottenuto la nomination ai Golden Globe come miglior film straniero, ma purtroppo non ha portato a casa quella nella stessa categoria agli Oscar; Hollywood è rimasta sorpresa dal fenomeno al punto da mettere in campo un remake nel 2017, “Sempre amici” (“The Upside”) di Neil Burger con Bryan Cranston, Kevin Hart e Nicole Kidman. Cosa ha di così speciale dunque questo film? “Quasi amici” è anzitutto una storia universale, senza radicamenti territoriali; è una storia declinata con umorismo brillante su due persone che abitano nelle periferie della vita. Due solitudini, due individui graffiati dagli eventi e chiusi in se stessi, senza troppe aspettative sul domani. Il loro incontro però, del tutto fortuito, è il principio del cambiamento e della redenzione: insieme raccolgono i pezzi delle loro esistenze fragili e infelici provando a rimettersi in gioco, scoprendo che ci sono ancora molte possibilità all’orizzonte. Prendiamo in esame in primo luogo la figura di Driss: è un giovane sulla trentina di origini africane che vive come tanti connazionali nelle Francia di oggi, provando a trovare fortuna e possibilità di miglioramento sociale. Le aspettative di Driss sono faticose in partenza, ma lui non si dà pensiero, o meglio non crede più in occasioni di riscatto. Si trascina infatti in un sentiero sbiadito senza lampi di ottimismo, prendendo tutto ciò che può alla giornata. L’incontro con Philippe lo spiazza: per la prima volta una persone desidera assumerlo, perché vede in lui delle capacità, dei talenti. Ancora, Philippe gli pone davanti continui stimoli culturali, invitandolo a desiderare e pretendere di più da se stesso, a impegnarsi per essere felice. Accanto a Philippe Driss scopre il significato della gentilezza, della prossimità, come pure il bello dell’arte, della cultura e l’importanza della formazione. Dall’altro lato troviamo la figura di Philippe, che guarda a Driss inizialmente come un potente diversivo, una boccata di ossigeno rispetto a giornate vissute nella rassegnazione. Philippe è un uomo facoltoso, colto e realizzato; un incidente però lo ha reso tetraplegico e questo ha cambiato corso alla sua esistenza. Non si sente più in grado di condurre una vita piena, pertanto non si autorizza più a sperare o a lottare; Philippe, al pari di Driss, si lascia andare alla ripetizione delle giornate, usando il denaro come lenitivo per le sue inquietudini. Si accosta quindi a Driss con grande curiosità e voglia di sovvertire il corso delle sue giornate. La cosa però che non si aspetta è che questo immigrato delle banlieue stravolgerà la sua vita, totalmente, obbligandolo a leggersi dentro, a prendere di petto i suoi irrisolti e a vanire a patti con la sua condizione come disabile; a non vedere nella disabilità un limite nella vita, bensì a trovare una prospettiva altra. A rinnovare il suo sguardo. Grazie a Driss, Philippe capisce che nonostante la sua tetraplegia è ancora un uomo, ha ancora delle possibilità, a cominciare dall’amore. Quella tra Driss e Philippe è un’amicizia che sana le ferite e riconcilia, un’amicizia che ristora aprendo al cambiamento. I due registi Olivier Nakache ed Éric Toledano sono bravi a mantenere il racconto sul tracciato tra dramma e commedia, senza che il film scivoli troppo da un lato o dall’altro; permettono così allo spettatore di accostarsi a una storia di certo non facile, piena di sofferenze, senza smarrire mai uno sguardo di speranza. Una storia che funziona anche grazie a due interpretazioni eccellenti, quelle di François Cluzet e Omar Sy, così attenti a gestire le diverse sfumature emotive in campo. Un film che coinvolge ed emoziona, che dal punto di vista pastorale è da valutare come consigliabile e adatto per approfondimenti sui temi della disabilità, dell’inclusione, dell’immigrazione, del lavoro come pure dell’amicizia.

Il punto del Servizio per la pastorale delle persone con disabilità
“‘Quasi amici’ è un film che ha rotto dei tabù – sottolinea suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio CEI per la pastorale delle persone con disabilità –, ha infranto stereotipi sulla disabilità, su quella visione pietistica di una disabilità vissuta solo in modo assistenzialista. È un film che parla invece di un’amicizia alla pari, se lo sguardo di chi ti accompagna, dell’amico, si lascia modificare. Un’opera che racconta anche lo sguardo della persona disabile, quando a volte mostra una prospettiva pietistica nei propri confronti. Questo film pertanto provoca in modo bidirezionale: provoca l’amico ma anche la stessa persona con disabilità. Un’opera che parla di autostima, di gioia, di desideri”.

QUASI AMICI – INTOUCHABLES

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