HE GOT GAME

Valutazione
Accettabile-riserve, Problematico, dibattiti**
Tematica
Famiglia - genitori figli
Genere
Drammatico
Regia
Spike Lee
Durata
134'
Anno di uscita
1998
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
HE GOT GAME
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Spike LeeSpike Lee
Musiche
Aaron Copland
Montaggio
Barry Alexander Brown

Sogg e Scenegg.: Spike Lee - Fotogr.: (Panoramica/a colori) Malik Hassan Sayeed - Mus.: Aaron Copland - Montagg.: Barry Alexander Brown - Dur.: 134' - Produz.: 40 Acres And A Mule Filmworks - VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI.

Interpreti e ruoli

Denzel Washington (Jake Shuttlesworth), Ray Allen (Jesus Shut- tlesworth), Milla Jovovich (Dakota Burns), Rosario Dawson (Lala Bonilla), Hill Harper (Cooleman "Boger" Sykes), Zelda Harris (Mary Shuttlesworth), Ned Beatty (Warden Wyatt), Jim Brown, Joseph Lyle Taylor, Bill Nunn, Michele Shay, John Turturro, Lonette Mc Kee.

Soggetto

Al detenuto Jake Shuttlesworth viene improvvisamente concessa la libertà vigilata. Il direttore del carcere gli fa intravedere la possibilità di una riduzione della pena a patto che riesca a convincere suo figlio Jesus, il miglior giocatore di basket fra i liceali d'America, a firmare il contratto con la Big State, l'università alla quale è molto legato il Governatore. Jake è in prigione per avere ucciso la moglie durante uno scatto d'ira. Dopo la morte della madre e la condanna del padre, Jesus ha dovuto badare a se stesso e prendersi cura della sorella minore, aiutato solo da una coppia di parenti. E ora Jesus è ancora solo al momento di prendere la decisione più importante: sono tante le università che gli offrono borse di studio molto allettanti, alcuni lo invitano a visitare i luoghi e gli mettono a disposizione soldi e donne, altri lo attirano con contratti altissimi e con la prospettiva di una vita da ricco. Jake avvicina Jesus ma il rapporto tra i due è difficile. Jesus è diffidente, rifiuta idee e consigli ma proprio nel momento in cui riesce a tenere testa al padre capisce di essere cresciuto e di potere parlare con lui da pari a pari. E la decisione finale di accettare l'offerta della Big State arriva come il suggello di un ritrovato rapporto di fiducia.

Valutazione Pastorale

Su un difficile rapporto padre-figlio, il regista di colore Spike Lee costruisce un film, secondo le sue corde abituali, eccessivo, abbondante, sovraesposto, carico di rabbia: quella di sempre di Lee a difesa dei 'fratelli di colore' contro i 'bianchi', diavoli tentatori, quella di doversi muovere in una società-spettacolo dove i più deboli alla fine cedono. Un'idea fissa che sembra ormai ripetitiva e scontata, prevedibile e che invece trova nuova linfa nelle immagini e nel vigore narrativo: sempre intensi, penetranti, attraversati da lampi di umanità, da grida di orgoglio, da ansia di riscatto. Come in altri titoli precedenti, anche qui Spike Lee racconta una sorta di viaggio nelle viscere e nelle zone nascoste della coscienza, un confronto aspro e insieme poetico tra il bene e il male, tra una vita tranquilla e una vita che non si rassegna al banale ma ne vuole afferrare la pienezza, la preziosità, anche a costo di rischi personali (si veda il rapporto di Jake con la prostituta). Sono le caratteristiche di quel cinema profondamente 'morale' di Spike Lee, che il regista concepisce come una sorta di controcanto tragico, uno spartito sul quale scorrono tutte le note stonate, ammalianti, contraddittorie della società americana. Dal punto di vista pastorale, film di incisivo realismo e di forte sostanza da evidenziare con qualche riserva ma da valutare come accettabile per la accesa problematicità che lo contraddistingue. UTILIZZAZIONE: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, sia pure con cautela e con attenzione per la presenza dei minori. Da proporre più utilmente in situazioni mirate, per riflettere sul tema centrale del rapporto padre/figlio.

Le altre valutazioni

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