ANA ARABIA

Valutazione
Consigliabile, Problematico, dibattiti * *
Tematica
Amicizia, Anziani, Conflitti etnici, Metafore del nostro tempo, Politica-Società, Rapporto tra culture, Storia
Genere
Drammatico
Regia
Amos Gitai
Durata
83'
Anno di uscita
2014
Nazionalità
Francia, Israele
Titolo Originale
Ana Arabia
Distribuzione
Boudu e Citrullo International
Musiche
Alex Claude
Montaggio
Isabelle Ingold

Orig.: Israele/Francia (2013) - Sogg. e scenegg.: Amos Gitai, Marie José Sanselme - Fotogr.(Panoramica/a colori): Giora Beiach - Mus.: Alex Claude - Montagg.: Isabelle Ingold - Dur.: 83' - Produz.: Michael Tapuach, Amos Gitai, Laurent Truchot.

Interpreti e ruoli

Yuyal Scharf (Yael), Yussuf Abu Warda (Yussuf), Sarah Adler (Miriam), Assi Levy (Sarah), Norman Issa (Norman), Uri Gavriel (Hassan), Shady Srur . (Walid)

Soggetto

Al confine tra Jaffa e Bat Jam, in Israele, una piccola comunità composta da ebrei e arabi convive in modo semplice e dignitoso. Yael, giovane giornalista, comincia un viaggio in quell'angolo dimenticato, incontra tanti volti, ascolta molte parole. Testimonianze di uomini e donne che hanno costruito una realtà diversa da quella più conosciuta.

Valutazione Pastorale

"In Ana Arabia -spiega Gitai- racconto le storie di una comunità di ebrei e musulmani attraverso gli occhi di una giovane giornalista con un unico piano sequenza. La ragazza vive a Tel Aviv, una città moderna piena di divertimenti, distante solo 5 minuti da quel villaggio. Le differenze tra la comunità e la ragazza di città rappresentavano un punto di vista necessario per raccontare i personaggi, il loro passato e questo tipo di tensione". All'interno della sua intensa filmografia, qui Gitai sceglie una soluzione narrativa fresca e di forte compattezza espressiva: una sola inquadratura di 81', la ma.d.p. che si muove avanti, indietro, corre e si ferma, guarda lontano e osserva vicino. E' un modo per incastrare la realtà senza imprigionarla, per fare cronaca e insieme Storia, per costruire memoria condivisa. Alla 70^ mostra di Venezia, la Giuria SIGNIS ha assegnato al film una menzione, perché: "E' un film manifesto sull'importanza della tradizione orale e un altro fulgido esempio nella filmografia del regista israeliano di come il cinema possa trasformarsi in "strumento di speranza": per proseguire sulla strada della coesistenza e del dialogo". Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come avvio alla riflessione sui molti argomenti attuali che propone.

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